Ferragosto, per la montagna è già tempo di bilanci. Che non ci piacciono
L’overtourism sui sentieri, le troppe tragedie, il “caso” Confortola: quando il lato bello della montagna può attendere
È appena trascorso Ferragosto ed è già tempo di bilanci. Partendo da una considerazione: peggio non poteva andare. Almeno stando ai titoli dei quotidiani, carta e web, che via via hanno affollato le mie e le vostre giornate. Della montagna, nelle settimane clou dell’estate, a me pare abbiano fatto notizia, nell’ordine:
1) i morti
2) l’overtourism
3) Confortola
Ricordiamo punto per punto cos’è successo.
Al 15 di agosto, i dati del Soccorso alpino davano conto di cento morti nei tre mesi precedenti. Morti d’ogni tipo, s’intende, dal biker precipitato sul sentiero all’alpinista esperto attraversato dal fulmine. Quelli dell’infradito (di solito su ghiacciaio, ma quest’anno andavano forte anche su ferrata), stranamente, non muoiono mai, vengono tempestivamente salvati e fanno notizia su Tik Tok. A me hanno fatto particolarmente impressione un paio di incidenti “di coppia”, uno sulla cresta del Castore (posto che conosco particolarmente bene), un altro in Val Passiria: in entrambi i casi coppie di escursionisti esperti o perfino “locali”. Come commentare? I numeri sono alti, ma probabilmente in linea con gli altri anni: gli sport outdoor attirano sempre più persone e percentualmente la possibilità di incidenti.
Il secondo punto pare quasi un corollario del primo: c’è troppa gente in montagna. Ma attenzione, siamo nel caso dei false friends, cioè di concetti che hanno una falsa assonanza. Se è vero che alpinismo ed escursionismo attirano una nuova generazione di neofiti (ed è un bene), non è altrettanto vero che la montagna, intesa come destinazione estiva, stia diventando troppo popolare. Le immagini pubblicate dai giornali delle file di turisti al Seceda non sono il ritratto di “tutte” le Alpi, ma solo la dimostrazione dei nefasti effetti della comunicazione social sulle menti semplici: oggi Instagram ci porta tutti davanti al panorama delle Odle, domani ci porterà, come greggi di pecore, davanti ai faraglioni dell’Isola Che Non C’è. La realtà è molto diversa: tolte le Dolomiti Unesco, dell’estate 2025 resta la fotografia di una stagione di crisi, con spiagge semideserte e località alpestri in rosso (se di nome non fanno Cortina o Courmayeur). E comunque gli italiani continuano a preferire il mare: secondo un’indagine di Confcommercio, solo l’11 per cento dei vacanzieri ha guardato all’alta quota come prima destinazione, tutti gli altri sono andati in Riviera, nelle città d’arte o all’estero.
Il terzo punto, Confortola, è il più sconfortante (scusatemi, non vedevo l’ora di fare il gioco di parole). Siamo alle solite, e pare un vizio tutto italiano: non riusciamo a parlare di Ottomila senza abbandonarci alle polemiche. Che questa volta non hanno coinvolto solo due personalità (Marco Confortola accusato e Simone Moro accusatore), ma anche l’istituzione suprema, il Cai, in veste di tiepida Inquisizione e incapace di rimanere super partes. Non voglio qui entrare nel merito della vicenda: conosco i protagonisti e tengo i miei giudizi per me. Faccio solo una semplice considerazione storica: fino a non molti anni fa, la parola dell’alpinista era sacrosanta, bastava quella per certificare l’impresa. Ricordate Maestri sul Torre? Oggi la miriade di mezzi tecnologici in grado di spiare ogni nostro movimento impone più prudenza, sia nel vantare le proprie imprese sia nel credere alle imprese altrui. Non si può più pasticciare, presentare prove labili, porre questioni di fiducia. E Confortola è molto lontano dall’essere un Cesare Maestri (per inciso, il commento migliore che ho letto l’ha fatto Frisco D’Alessio, che ricordava un bel racconto di Bernard Amy in cui lo scrittore francese giustificava, anzi invitava all’esagerazione, alla propalazione della falsità: perché un bel racconto di montagna, se lo scrive un alpinista onesto può essere carino e noioso, ma se lo scrive Tartarino di Tarascona diventa uno spasso).
Basta, abbiamo detto troppo. Un’estate di troppi morti, troppe bugie, troppi voyeur e pochi veri amanti della montagna. Ma è davvero stato così? Non è che i titoli dei giornali, come sempre, ci ingannano? Ci mostrano il dito dello scandalo nascondendoci la luna della meraviglia? Pensiamoci, quando torneremo sui sentieri a settembre. Pensiamo a quanto siamo fortunati ad avere questa nostra montagna (pericolosa, ingannevole, sfruttata), ancora sotto i nostri piedi.