Pakistan: Climbers “Blacklisted”

ISLAMABAD, Pakistan – C’era l’aria, da mesi. Oggi Altitude Pakistan ne da conferma con una notizia rimbalzata sui siti alpinistici del mondo.
Se ne vociferava da quando Ali Sadpara aveva alzato la voce dopo la salita del Nanga in invernale. Lui era arrivato solo e primo in cima per un percorso diverso negli ultimi duecento metri e tutto questo conta qui in Pakistan. Ti consacra agli occhi di che sostiene che il Pakistan ha grandi e bellissime montagne e le deve “valorizzare”. In tutti i sensi. Ali si era fatto sentire forte contro l’invasione delle spedizioni commerciali nepalesi, contro il mancato supporto delle autorità pakistane, locali e centrali, agli alpinisti e “professionisti” pakistani.
Leggiamo in queste settimane, a cura di molti blogger e esperti occidentali, che in Pakistan ci sono bravi alpinisti. Bella scoperta. Qualcuno già distingue tra quelli bravissimi di Shinshal, valle di grande fascino al confine con la Cina, e quelli un tantino meno professionali di Skardu , Hushey, e Sadpara, che è un villaggio bellissimo che si affaccia sull’omonimo lago sopra Skardu e sulla strada verso l’altopiano del Deosai. Stupidaggini.
Due anni fa la spedizione pakistana al K2, alla quale parteciparono come ospiti anche Michele Cucchi e Simone Origone, ha dato ampia dimostrazione del buon livello alpinistico di molti pakistani, provenienti da diverse valli, in tema di tecnica alpinistica e pure organizzativa. E in cima, alla faccia di chi suppone che se nel 2014 non ci fossero state le spedizioni commerciali nepalesi nessuno avrebbe posto piede, ci sono arrivati i pakistani senza ossigeno congiuntamente agli sherpa che l’ossigeno l’avevano. I pakistani piazzarono 2500 metri di corde fisse sullo sperone Abruzzi (2000 erano loro, 500 gliele affidarono altre spedizioni), i nepalesi qualche centinaio. I pakistani volevano chiedere, come si fa in Nepal, un contributo, ma desistettero anche perché tutti ringraziarono molto e promisero lavoro, ma non soldi. Di certo è che molti “alpinisti occidentali” non sarebbero arrivati in cima, e nemmeno alla spalla a 7400, se non ci fossero stati i pakistani e i nepalesi.
C’era aria da mesi che per i nepalesi, per le loro agenzie e i loro clienti ci sarebbe stata qualche difficoltà: lo si era sentito in giro a Islamabad, tra una glorificante presentazione alpinistica e l’altra.
Ora Pakistan Altitude e altri siti titolano: “Summer 2016- Climbers “Blacklisted”, Deported from Pakistan”. Il motivo è che l’alpinista australiana-neozelandese Chris Jensen Burke, che come risulta dalla lista delle spedizioni è leader di una squadra di 7 alpinisti diretta al Broad Peak, è entrata in Pakistan, ma subito dopo il suo ingresso il permesso ed il visto sono stati cancellati, costringendola a rientrare a Kathmandu. Lei è una tosta, con 9 ottomila nello zaino, con buona esperienza in Karakorum.
Nessuno le ha dato formalmente giustificazioni, ma le voci che circolano sottobanco parlano di questioni legate all’uso degli sherpa lo scorso anno, sempre al Broad, che forse avevano visti non regolari ed erano transitati attraverso l’India.
Nulla di più chiaro o specifico dalle autorità, come spesso accade in un paese che ha molte “agenzie investigative governative” che di questi tempi paiono particolarmente in fibrillazione.