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[:it]Simone Moro a Sky: “Ora l’Everest in inverno senza ossigeno”[:]

[:it]BERGAMO – Vado (forse) all’Everest in inverno e senza ossigeno”. È una grande notizia: Simone Moro, il campione delle invernali torna sull’Everest, lo ha annunciato ripetutamente a Sky TG24.

Sugli 8850 metri del tetto del mondo è già salito quattro volte, una addirittura attraversando la montagna da sud a nord e sconfinando in Tibet, nel maggio 2006. In ogni modo grandi risultati e raggiungere il culmine del pianeta in inverno senza ossigeno lo consacrerebbe, ulteriormente, tra i grandi alpinisti. Sarebbe l’apoteosi. Come l’irraggiungibile Messner, anche se, come Simone ha affermato al TG7, non è ricco, né bello ed è nato in una città non di montagna. Certo non è il solo.

Al microfono di Sky Simone ha poi affermato che dal 2011 non era salito più in vetta a un ottomila, si trattava del Gasherbrum 2, e francamente non ce n’eravamo accorti: avevamo l’impressione che lui continuasse a salire vette ed a conquistare montagne. Potenza dell’asticella tenuta a altezza di record.

Dice anche di averla “combinata grossa” perché pensavano ormai che lui fosse “solo” un uomo da reality e voilà invece il “ceffone” a tutti. Finalmente il Nanga Parbat d’inverno. La montagna liberatoria, consacrante.

Mi perdonerà Simone se cazzeggio un po’, qualche volta me lo lascia fare, ma le sue facce, un po’ severe, che introducono i segmenti del servizio dell’amico Moretti per Sky, lasciano un pochino sgomenti. Che lui dica che ora più nessuno può e deve dire nulla di negativo o dubbio su di lui mi coglie di sorpresa. Mi ricorda altri di VIP che di questi tempi dicono uguale. Certo, come dice lui, ora “ha vinto l’olimpiade” a 48 anni. Mi piacerebbe sapere se il bravo Filippo Facci, che con Simone ha vissuto l’esperienza di Monte Bianco in rappresentanza della categoria giornalisti, ha visto quest’intervista di Moretti.

Certo Simone è un personaggio tutto d’un pezzo: non fuma, non beve, si allena e basta ed ha salito quattro ottomila in prima invernale. Ci ha detto che coltiva gli affetti familiari, questo è bello, e si intuisce dal calore del camino. Ci ha spiegato che la vita è come una saponetta, che non va sprecata. E’ un suo grande pregio, al di là della saponetta, avere un grande senso della vita, anche quando è appesa a un filo.

“Se scali il Nanga Parbat puoi salire tutte le altre montagne” e ripete che per fare il “record” per “passare l’asticella” devi dedicargli una vita intera con dedizione totale.

Ma riguardo al Nanga posso sommessamente fare una considerazione e avanzare un dubbio? Tanto per fare il rompiscatole. Troppo consenso e auto glorificazione non fanno bene. Del resto, anche quando nell’antica Roma i condottieri, dopo aver portato a termine le loro grandi conquiste, tornavano e sfilavano nell’Urbe, una parte della folla cittadina giustamente li acclamava come eroi, l’altra aveva invece il dovere di insultarli, affinché troppa celebrazione non li facesse peccare di hybris, ossia di tracotanza verso gli dei. Ovviamente qui nessuno prende a male parole Simone, anzi, ma una voce appena, appena fuori dal coro è meglio.

La considerazione è: Nanga magnifico: ok, ma Simone Moro ha sbagliato la scelta della via di salita della sua spedizione e lo ha fatto per due volte anni consecutivi. Arrivato al campo base per 45 giorni ha vagato senza la possibilità di raggiungere la vetta lungo la via Messer, poi se n’è accorto e da “vecchia volpe”, come lo ha definito lo stesso Moretti, ha virato sulla Kinshofer chiedendo asilo, ospitalità, supporto e corde ad Alex Txikon, che si è dimostrato un grande e generoso amico. Nardi se n’è andato nel frattempo, anche se a detta di tutti non avrebbe dato fastidio averlo insieme verso la vetta. Vero però che quel che conta e che tutti applaudono e ricordano è l’arrivo in vetta e chi ci arriva. Come nel calcio, uno ricorda il risultato e chi ha fatto gol, mica la partita.

Il dubbio invece riguarda la vicenda di Nardi, che dice in questi giorni che io son diventato filo-Simone perché sto cercando di capire cosa è accaduto al campo base e sul Nanga e chi ha fatto cosa. Ma la domanda che tutti noi, che abbiamo seguito con passione e un minimo di obbiettività la vicenda del Nanga, è: che accidenti è accaduto tra Nardi, Txikon e Simone Moro?  E non è la questione economica che ci interessa, sono affari loro, è quella dei comportamenti sulla montagna, della lealtà sportiva, dei rapporti tra alpinisti e tra spedizioni, delle regole, norme e regolamenti per salire le montagne. Non c’è solo l’ossigeno a intaccare la “lealtà” della prestazione alpinistica.

Simone e Tamara sul Nanga Parbat ci sono arrivati (Tamara a poche decine di metri dalla vetta) con le loro gambe, fiato e volontà ed hanno ottenuto un risultato formidabile, lo dico con convinzione. Certo anche Ali Sadparà e Txikon sono arrivati in cima, prima di Simone ed il permesso di salita era il loro. Ma nella lunga e significativa intervista a Simone Ali vien citato di sfuggita e di Alex non dice nulla. Sarà stata una svista.

L’Everest attende la prima invernale senza ossigeno. L’asticella di Simone ha trovato una nuova quota: quella dell’Everest. Grande Simone. Everest contro K2. Mediatico? Di più.

Daniele Moretti intervista Simone Moro

Simone Moro è tornato a casa e può raccontare la sua grande impresa: la prima conquista invernale del Nanga Parbat. «Credevano fossi buono solo per il reality, ma invece ho vinto le Olimpiadi». E ora guarda al futuro, magari un altro ottomila invernale senza ossigeno: l'Everest. Se vi siete persi l'intervista di Daniele Moretti a Simone Moro su #Canale50 rivedetela qui.

Pubblicato da Sky TG24 su Sabato 12 marzo 2016

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