Alpinismo

Confortola: fieri del nostro lavoro

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LOBUCHE, Nepal —  "Ad 8000 metri con la bufera non è un gioco, non si scherza: lì si rischia la vita, quindi è andata benissimo così. Abbiamo fatto qualcosa di grande, quella stazione rimarrà lì per tanti anni, va al di là di noi e della gloria personale". Queste le emozioni di Marco Confortola che, in partenza dal campo base dell’Everest, racconta con orgoglio la sua esperienza sulla montagna più alta del mondo.

Com’è andata l’altra notte?
Faceva molto freddo, troppo. Eravamo indecisi se tentare la vetta o no, poi alla fine abbiamo deciso di provare a salire lo stesso. Così io, Gnaro, Michelino e alcuni Sherpa ci siamo incamminati. Dopo un paio d’ore Gnaro si è reso conto che non c’erano le condizioni per poter arrivare in cima, così è tornato indietro. Io ho voluto proseguire per un altro po’, ma alla fine ho dovuto deistere anch’io: nonostante fossi molto ben coperto avevo le gambe e i piedi ghiacciati e quando senti freddo agli arti inferiori senti freddo ovunque.
  
E Michele Enzio?
Michi ha continuato a salire insieme a tre Sherpa, ma alla fine ha dovuto rinunciare anche lui. E’ arrivato vicino all’anticima dell’Everest, sopra il balcone, ma la bufera era troppo forte per continuare, la situazione era davvero proibitiva. Così è tornato in tenda e insieme ci siamo riposati un po’.
   
E invece per quel che riguarda la stazione di Colle Sud?
Dopo pochi minuti di riposo abbiamo iniziato a lavorare alla stazione, nonostante il freddo fosse terribile anche a Colle Sud. Qui abbiamo eseguito il completamento dei settaggi della stazione meteo, e abbiamo girato le immagini in idretta da 8000 metri. Poi ci siamo incamminati verso il Campo base.
   
Com’è andata la discesa?
Ci abbiamo messo più o meno sei ore a scendere. Continuava a fare molto freddo e abbiamo fatto tutta una tirata dagli 8000 metri di Colle Sud ai 5400 del base. Poi però quando siamo arrivati verso le 6 di sera eravamo soddisfatti e contenti. Abbiamo concluso l’incredibile giornata con una bella cena in allegria, tutti insieme.
     
Come vivi il fallimento della vetta?
Mi dispiace essere stato costretto a rinunciare, ma abbiamo fatto tutti del nostro meglio. Siamo saliti fino a lì senza ossigeno, e ad 8000 metri con la bufera non è un gioco, non si scherza: lì si rischia la vita, quindi è andata benissimo così. E poi sono davvero orgoglioso di aver portato a termine l’obiettivo scientifico della spedizione: abbiamo fatto qualcosa di grande, quella stazione rimarrà lì per tanti anni, va al di là di noi e della gloria personale, sarà utile a tutti. Questo è importante non solo per noi, ma per il mondo.
 
Il 22 maggio è stato il tuo compleanno, come hai festeggiato?
Quel giorno ero sull’Icefall e, a dire il vero, quando sei lassù non pensi molto a spegnere le candeline. Questo è il quinto anno di seguito che passo il mio compleanno lontano da casa, ma non mi lamento: è bello poter condividere anche questi momenti con i propri compagni di spedizione, soprattutto quando sono amici come il Gnaro e Michelino.
 
 
 
Valentina d’Angella

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