No eliski, una lotta che dura da decenni: intervista a Carlo Alberto Pinelli
BERGAMO — “Salire significa anche avventura, silenzio, autonomia, contatto con la montagna. L’eliski non ha nulla a che vedere con queste cose e oltretutto è una pratica elitaria che porta in montagna solo pochi benestanti. E non è una posizione solo da ambientalisti puri: anche Papa Giovanni Paolo II anni fa disse che su queste montagne non bisogna arrivarci con l’elicottero”. Con queste parole interviene, sulla questione eliski, Carlo Alberto Pinelli, regista documentarista, alpinista e presidente di Mountain Wilderness Italia. Pinelli, con Mw, è stato protagonista negli ultimi decenni di una serrata campagna contro questa pratica, che ha portato al divieto di praticare eliski in Marmolada. Lo abbiamo intervistato, per capire meglio le ragioni del “no” ad un sport che, nato con Gianni Agnelli negli anni Sessanta, ancora oggi attrae molti turisti.
Pinelli, perchè no all’eliski?
Il no nasce dalla filosofia generale di Mountain Wilderness, per cui l’incontro con la montagna deve essere il piu possibile autentico e senza mezzi artificiali. Ovviamente salire sulla montagna con elicottero e scendere con gli sci non lo è. In qualche caso può anche essere pericoloso per il distacco di valanghe o cose del genere ma questa è una questione marginale. Per chi vuole fare discesa, le Alpi sono già piene zeppe di piste, ce ne sono migliaia di km. Togliere a chi invece vuole salire con le pelli o a piedi, la possibilità di vivere ambienti vergini, silenziosi e solitari è anche compiere un’aggressione nei confronti di una minoranza (o maggioranza?) che vuole qualcosa di diverso dalla montagna. Qualcuno dirà: nessuno vieta allo scialpinista di salire a piedi mentre gli altri vanno con l’elicottero. Questo significa non conoscere o fingere di non conoscere quali sono le molle motivazionali che spingono la gente ad andare in montagna. Diverso è salire in vetta con gli sci se quello è l’unico modo o se altri lo fanno con l’elicottero. Nessuno di noi farebbe mai un trekking da parte all’autostrada.
Sembra che però l’eliski prenda sempre più piede…
Secondo me non è vero, in Marmolada per esempio non si può più, grazie ad una vittoria storica di Mw che ha ottenuto il divieto di atterraggio elicotteri. La provincia di Bolzano ha posto dei limiti molto severi all’eliski. Non è così in Valle d’Aosta nè sugli Appennini dove però è anche più limitato il fenomeno. In Francia è vietato su tutto il territorio a che se ci sono pressioni, e comunque c’è il fenomeno dei francesi che vengono in Italia dove non ci sono limiti, prendono l’elicottero e dalla vetta scendono sul versante francese. Oltretutto è una pratica elitaria che non apre la montagna a tanta gente, chi ha i soldi lo può fare, e chi non li ha no.
Crede che si andrà verso una diffusione dei divieti anche in Italia?
Ci auguriamo di sì, ma per il momento a parte la Marmolada la situazione è di stallo. E’ chiaro che c’è gente che ci vive: per maestri di sci e guide alpine che devono sbarcare il lunario d’inverno, l’eliski può rappresentare un apporto di denaro magari marginale, ma comunque sicuro. Bisogna quindi evitare toni di crociata che non tengono conto di difficoltà economiche di persone che sono nostri amici, che magari hanno dedicato la vita alla montagna ma si trovano quasi nell’obbligo di proporre queste pratiche che sotto sotto loro stessi disapprovano. Ho parlato con molte guide che mi dicono “hai ragione, ma il mercato me lo chiede”. Allora non si può chiedere l’eroismo ai singoli, sono le autorità amministrative e politiche che devono porre limiti per non constringere i singoli a scelte eroiche che non tutti sono in grado di fare.
Quando è iniziato l’eliski?
Tantissimi anni fa con Agnelli che andava a sciare con l’elicottero al Sestriere. La pratica ha poi preso piede certamente almeno dalla fine degli anni Ottanta. Ricordo un convegno del 1996 sull’eliski, ed era gia una pratica da lungo tempo affermata.
Come si è mossa e come si muove Mountain Wilderness?
Ci siamo concetrati soprattutto sulla Marmolada, con qulche iniziativa in Val d’Aosta. Abbiamo promosso varie manifestazioni che hanno coinvolto decine e decine di persone, che salivano a piedi d’inverno per manifestare contro l’eliski. Fortissimo il movimento anti-eliski di Mw Svizzera che ogni anno organizza il movimento “no heliski” e tenta di bloccare l’atterraggio degli elicotteri mettendo i piedi dove dovrebbero appoggiare i loro pattini.
In un tuo intervento a quel convegno hai detto che “bisogna smettere di trattare le Alpi come un fondale per attività poco alpine”: una frase più che mai attuale…
C’è sicuramente una larga porzione di soggettività in quello che dico. Ma secondo me ci sono attività che si fanno sulla pelle della montagna sia in senso letterale che figurato. Ricordo la trasmissione in cui Messner diceva che lo sci non aiuta ad entrare nello spirito della montagna, perchè è discesa senza prevedere la fatica della salita. Bisogna anche cimentarsi con la geografia della montagna, quindi con la salita, per capirla.
Non siamo gli unici a pensarla così: ricordo una storica omelia di Papa Giovanni Paolo II ad Aosta, in cui disse che su queste montagne non bisogna arrivarci con l’elicottero perchè l’ascensione è una metafora dell’ascesi mistica.
Il Papa prese posizione contro l’eliski?
Sì, fu durante un soggiorno in valle d’Aosta. Lo disse alla fine di una visita a Courmayeur durante la quale fu portato al Colle del Gigante con l’elicottero, ma rifiutò di essere portato in vetta al Monte Bianco con l’elicottero. Bisognerebbe rifletterci.
Secondo te dunque il turismo e lo sviluppo della montagna possono avvenire anche senza l’eliski?
Direi che questo è vero in maniera plateale per l’eliski perchè gli impianti di risalita portano molto turismo ma l’eliski porta una piccolissima percentuale di persone molto benestanti, quindi non c’è questo valore o pseudovalore sociale. Noi non siamo comunque favorevoli ad aprire la montagna a chiunque e in qualunque modo, perchè ogni ambiente ha un suo carico di rottura e dopo un certo numero di presenze perde di sfingicato. L’Everest, per esempio, non è piu una montagna, è una palestra di presuntuosi che come formiche salgono in cima. Salire significa anche avventura, silenzio, autonomia, contatto con la montagna. Se uno sale lungo una serie infinita di corde fisse col jumar, arriva in cima all’Everest ma non in cima ad una montagna perchè quasi non ha toccato la neve con le mani.
sparito il silenzio prolungato ed ovattato.Quando non c’è elicottero , c’è qualche aereo , o trattore o…motosega senza silenziatore, macchina operatrice…demolitore pneumatico con relativo compressore a motore, gruppo di continuità…altoparlante di impianto con filodiffusiione o musichette imposte secondo gusti di mister x.
riguardo all’ incidente di Livigno
……. erano accompagnati da una guida,ma il primo comandamento di
una guida non è salvaguardare la vita dei suoi clienti
o la parcella
buona sera
Davvero a tema con l’articolo in questione…
Riguardo all’incidente di Livigno ed al post di “zappella”, la guida alpina opera in un ambiente che é potenzialmente molto pericoloso, gli incidenti accadono, soprattutto in valanga, e nel caso particolare sembra che sia partita spontaneamente dall’alto. Molto bravo a tirare fuori tutti in tempi brevissimi! se non si sa cosa dire é meglio stare zitti, soprattutto in questi casi….