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Fallito l’alpinismo? Alessandro Gogna risponde a Messner, ma anche a Bonatti

Reinhold Messner in cima al Nanga Parbat dopo la storica ascensione solitaria del 1978 (Photo courtesy of Everest Filming with Reinhold Messner tlm.com.np)

MILANO — “Fallito l’alpinismo? Francamente non ci sto”. Parole chiare quelle pronunciate da Alessandro Gogna qualche giorno fa e argomentate ancora meglio in un post pubblicato sul suo blog. L’alpinista e scrittore ha risposto infatti, punto per punto alla valutazione catastrofistica dell’alpinismo odierno formulata da Reinhold Messner in una recente intervista. La sua risposta tuttavia vale al contempo, indirettamente, anche per Walter Bonatti che quasi 40 anni fa diceva la stessa cosa al termine della sua carriera alpinistica. È forse questo il punto – viene da chiedersi  -: è questa la visione di chi è al tramonto di una parabola personale?

Il discorso di Gogna si riferisce all’intervista rilasciata a inizio settembre da Reinhold Messner a Repubblica. “Il mio alpinismo è fallito” aveva detto il re degli ottomila alla vigilia del suo 70esimo compleanno, e aveva argomentato la drastica affermazione, facendo riferimento alla sempre più diffusa pratica sportiva di alcune delle discipline dell’alpinismo (come l’arrampicata indoor), e alla dimensione “turistica” dell’alpinismo d’alta quota, come quello delle spedizioni commerciali in Himalaya o delle salite “di massa” al Bianco e al Cervino.

“L’alpinismo tradizionale è rimasto un’attività marginale fatto da pochi alpinisti – diceva davanti alla telecamera Messner -, che sono molto, molto bravi perchè si allenano molto più di noi, hanno equipaggiamento migliore di noi e fanno delle cose incredibili. Però sono molto pochi. Il mio alpinismo, devo dirlo apertamente, è fallito, non c’è più. Forse Bonatti è stato l’ultimo alpinista tradizionale, poi la nostra generazione aveva la fortuna di portare quest’alpinismo sulle vette più alte però oggi questo alpinismo non viene più seguito dai giovani”.

Al di là delle esigenze giornalistiche di sintesi, a Gogna questo discorso pare come minimo incompleto. “Messner – scrive infatti l’alpinista e scrittore sul suo blog -, e ammettiamo ancora la tirannia del poco tempo, non accenna alle centinaia di “spedizioni” grandi e piccole che ogni anno vengono fatte alle montagne di tutto il mondo senza alcuna possibilità che possano essere confuse con il turismo. Anche i meno informati possono seguire le cronache di ogni giorno, sui portali internet e sulle riviste specializzate”.

Walter Bonatti – l’intervista del 1975 (Photo www.banff.it)

“Le imprese di Matteo Della Bordella – continua Gogna -, Luca Schiera, Ermanno Salvaterra, Rolando Garibotti, Denis Urubko, Hans-Jörg Auer, Ueli Steck, Andy Kirkpatrick, Leo Houlding, Sandy Allan, Rick Allen, solo per citare in ordine confuso e molto ampiamente incompleto i primi nomi che mi vengono in mente, non sono avventure di tardi epigoni imitatori del grande alpinismo passato: sono grandi imprese d’avventura, a un livello tecnico inconcepibile anche solo venti anni fa. Per non parlare delle grandi imprese in campo puramente roccioso, a livello a dir poco eccelso. L’informazione al riguardo non manca e se la si consulta con occhio attento e imparziale risulta che i praticanti della disciplina “alpinismo tradizionale” non sono affatto pochissimi e in ogni caso non sono inferiori numericamente a trenta o quaranta anni fa”.

E’ “affrettata e inopportuna”, quindi, per Gogna la conclusione del ragionamento di Messner: vale a dire il fatto che l’alpinismo tradizionale sia fallito, forse già finito con Walter Bonatti. Tanto più, peraltro, che proprio Bonatti ,niente meno che nel 1975, se ne usciva con una frase molto simile in un’intervista ritrovata dallo stesso Gogna.

“L’alpinismo – diceva Bonatti all’età di 45 anni, a 10 anni di distanza dalla sua ultima memorabile impresa alpinistica, la solitaria invernale al Cervino  -, quello magico, è morto per la scomparsa dell’ignoto e dell’impossibile. Il progresso ha cancellato queste parole, si è spenta la fantasia dell’uomo, è stata distrutta la sua poesia”.

Parole diverse ma comune sentire, forse, quello che si avverte: un sentimento di fine. La storia ha poi smentito Bonatti, con alcuni dei più grandi dell’alpinismo che sarebbero giunti di lì a poco o che già c’erano e stavano diventando memorabili, proprio come il caso di Messner.

Gogna non dimentica infine la doti storiografiche del re degli ottomila, e proprio per questo tende a motivare il suo giudizio come un offuscamento, un momento di mancanza di lucidità.

“Le sue pluridimostrate capacità di analisi storica e la sua esperienza – conclude infatti -, non inferiori per qualità alle sue personali e stupefacenti grandi avventure in tutto il globo, in questo caso risultano appannate: credo doveroso da parte sua riportarsi al suo normale livello scrivendo di suo pugno una precisazione. Ne ha di certo le possibilità, e forse anche il tempo… a settant’anni non si dovrebbe essere tutti in pensione?”.

Leggi l’articolo completo di Gogna sul suo blog

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