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Piramide dell’Everest, soccorso notturno sul ghiacciaio del Khumbu

Ghiacciaio del Khumbu
Ghiacciaio del Khumbu

KATHMANDU, Nepal — Intervento notturno martedì sera sul ghiacciaio del Khumbu. Un turista americano è stato recuperato dal personale della Piramide dell’Everest, gestita dall’Associazione EvK2Cnr, in quanto, sfinito, non era più in grado di proseguire. L’avvistamento è stato fatto da Giampietro Verza, responsabile tecnico del Laboratorio-Osservatorio posto a 5050 metri: lui ha coordinato i soccorsi svolti dai tecnici nepalesi.

Martedì sera Giampietro Verza si trovava alla stazione globale “Nepal Climate Observatory – Pyramid” (NCO-P), posta a 5.079 metri di quota, leggermente più in alto della Piramide. Mentre svolgeva dei controlli sulla stazione, ha avvistato da lontano delle luci che l’hanno messo in allarme.

“Alle 19.30 ho visto due luci in mezzo al ghiacciaio del Khumbu – ci ha spiegato -. Le luci erano separate e non si spostavano: allora ho chiamato lo staff chiedendo di chiamare a loro volta Lobuche, affinché mandassero qualcuno sulla morena per dare un’occhiata e far segnali. I lodge di Lobuche non sono attrezzati per i soccorsi, come noi del resto, ma si trovano a 15 minuti dalla morena, mentre la Piramide è più lontana, dista almeno mezz’ora. Dopo un po’ però, ci siamo accorti che nessuno da Lobuche si muoveva”.

A quel punto Verza e lo staff della Piramide hanno deciso di muoversi autonomamente: da volontari e cercando di fare quanto in loro potere sebbene senza mezzi di soccorso.

Giampietro Verza, lo staff della Piramide e il turista americano aiutato
Giampietro Verza, lo staff della Piramide e il turista americano aiutato

“Ho incaricato il nostro Pema e la Guida Ghielu di Cho Oyu trek di andare sul ghiacciaio – continua infatti Verza -. Attorno alle 10 hanno raggiunto i due: erano una guida e un americano di 72 anni, lentissimo…Erano da ore in mezzo al ghiacciaio. I nostri li hanno aiutati e prima della mezzanotte li hanno accompagnati a Lobuche. In questi giorni abbiamo avuto bel tempo, ma una notte in mezzo a questo gigante di ghiaccio può essere molto fredda, con temperature che scendono anche oltre i -10 gradi. In più a questa quota l’organismo è al 60, 70 per cento delle sue capacità, e quindi anche le sue difese dal freddo sono minori. Inoltre si è formato un grande lago oltre agli altri che già esistevano nel ghiacciaio, e scivolarci dentro è la morte certa”.

La zona in cui si trovavano la guida e l’americano è quella della morena, caratterizzata da materiale di diverse dimensioni molto instabile per il movimento del ghiacciaio. Il turista si muoveva molto lentamente in quanto sfinito dal percorso svolto: erano partiti dalla valle di Dingboche, erano saliti 1000 metri per raggiungere il passo Kongma La e poi da qui erano ridiscesi attraverso il ghiacciaio.

“Questa piccola storia la dice lunga sul soccorso in questa zona – conclude Verza -. Se necessario si riesce ad evacuare dal Campo 2 in elicottero, ma se un turista è in pericolo o non si sente bene non c’è niente, non è previsto un sistema di aiuti neanche dai Lodge di Lobuche, che di fatti non si sono mossi”.

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