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Valanghe ed effetto scala: pendii sicuri sulle Alpi sono pericolosi sugli 8000?

Valanga al Manaslu
Valanga al Manaslu – Una vista laterale con segnati il probabile punto di caduta del seracco che ha innescato la valanga (A) e i due punti (B e C) di distacco dell’ingente massa di neve che ha travolto il campo 3 (Photo G. Mondinelli)

TRENTO -– Valanghe: su un 8000 potrebbero staccarsi più facilmente e per ragioni diverse rispetto a montagne più basse come le Alpi. E’ questa la tesi di Nicola Pugno, Ordinario di scienza delle costruzioni all’Università di Trento, che nelle scorse settimane ha analizzato scientificamente la tragica valanga del Manaslu interpretandola secondo un “modello universale per il distacco delle valanghe” da lui stesso sviluppato e valido anche per le frane e il crollo di seracchi.

Esistono diversi modelli per prevedere la propagazione di una valanga. Alcuni si basano sull’attrito della neve sul manto nevoso che fa cedere lo strato più debole, altri sull’abbondanza delle precipitazioni e/o sull’inclinazione del pendio, altri ancora sulla meccanica della frattura classica. Il modello di Pugno, presentato sulla rivista Alp nei giorni scorsi,  cerca di offrire una sintesi di questi schemi, che sia applicabile non solo alle valanghe ma anche al calcolo del crollo di seracchi sospesi e frane, aiutando a prevederne il distacco.

L’idea fondamentale è che sugli 8000 agiscano gli effetti di scala, che cambiano il grado di pericolo di pendii e accumuli di neve. Nella storia sono stati la causa del collasso di navi, ponti e interi edifici e non c’è ragione per credere che non agiscano anche sulle montagne.

“Il modello si basa sulla meccanica della frattura quantizzata e su un approccio elastico tradizionale – spiega il ricercatore -. Prende in considerazione attrito, adesione, coesione e frattura cercando di far rientrare nel calcolo anche le caratteristiche del difetto più pericoloso che genererà il distacco o il crollo. Nella pratica è molto difficile individuare tale difetto (potrebbe essere l’intera interfaccia debole o una sua zona super-debole) e la sua dimensione, ma si può ragionevolmente assumere che la lunghezza del difetto più critico sia proporzionale alla dimensione del pendio o del seracco, a loro volta proporzionali all’altezza della montagna”.

L’analisi del difetto e della sua dimensione non era mai stata impiegata per spiegare le differenze tra valanghe a 4000 e 8000 metri.

Silvio “Gnaro” Mondinelli, noto alpinista italiano sopravvissuto alla tragedia del 23 settembre scorso sul Manaslu, ha fornito a Pugno alcuni dati sulla valanga. La valanga potrebbe essere stata innescata dalla caduta di un seracco situato sopra il campo e la pendenza del pendio, coperto da circa 3 metri di neve, si aggirava attorno ai 50 gradi.

L’ipotesi di Pugno è che la valanga al Manaslu sia stata anomala, dato che alpinisti dell’esperienza di Mondinelli non se l’aspettavano. Probabilmente si è verificata in condizioni che sulle Alpi gli alpinisti avrebbero potuto ragionevolmente valutare come sicure.

“Nel caso limite di meccanica della frattura classica – spiega Pugno -, l’altezza della precipitazione nevosa critica necessaria a causare il distacco di una valanga e la larghezza critica della parte sospesa di seracco necessaria a causarne il crollo sono previste proporzionali all’inverso dell’altezza al quadrato della montagna. Questa deduzione basata sul mio modello, ha una implicazione notevolissima: per il distacco e il crollo su un 8000 sono sufficienti una precipitazione nevosa e una larghezza del seracco fino a 4 volte inferiori rispetto a quelle che sarebbero necessarie su un 4000; la pendenza più sfavorevole per le valanghe è attorno ai 54 gradi, mentre per i seracchi è ovviamente di 90 gradi”.

Secondo questa teoria, quindi, situazioni che un alpinista esperto sulle Alpi potrebbe giudicare piuttosto sicure, su un 8000 potrebbero non esserlo affatto: le condizioni critiche per il distacco di una valanga possono variare di molto in base all’altezza della montagna.

Nicola Pugno, classe 1972, sposato, tre figli, ingegnere, fisico e astrofisico, dottorati in
ingegneria e biologia, è Ordinario di scienza delle costruzioni all’Università di Trento e fondatore del Laboratory of bio inspired nanomechanics al Politecnico di Torino. Autore di circa 200 articoli su riviste internazionali di strutture e materiali (incluse Nature e Nature Materials), ha ricevuto nel 2011 il premio europeo più ambito per l’eccellenza scientifica, l’Ideas dell’European Research Council. Grande appassionato di montagna è stato sette
volte al Trofeo Mezzalama.

 

Riferimenti:
N. Pugno, Int. J. OF FRACTURE  (2006)
N. Pugno et al. J. OF APPLIED MECHANICS (2003)
N. Pugno et al., J. OF THE MECHANICAL BEHAVIOUR OF MATERIALS, (2011)

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