Montagna.TV

Valanga sul Manaslu, Mondinelli e Gobbi travolti per 200 metri. Magliano non ce la fa

Mondinelli in tenda (Photo archivio)
Mondinelli in tenda (Photo archivio)

KATHMANDU, Nepal — Silvio Mondinelli e Christian Gobbi sono stati miracolosamente “sputati” fuori dalla valanga dopo essere stati travolti per 200 metri, mentre Alberto Magliano e il suo sherpa, purtroppo hanno perso la vita. Ha colpito anche la spedizione italiana di Silvio Mondinelli la tragica valanga che stanotte si è staccata dalle pendici del Manaslu, 8163 metri, in Nepal, polverizzando il campo 3 dove pernottavano oltre trenta alpinisti e arrivando a travolgere anche il campo due che si trovava alcune centinaia di metri più sotto.

A raccontare la tragedia è la voce di Mondinelli, che abbiamo raggiunto via satellitare al campo base. “Io e Christian stiamo bene, siamo arrivati al campo base poco fa – racconta Gnaro – ma purtroppo Alberto non ce l’ha fatta. L’abbiamo estratto dalla neve con lo sherpa, e siamo rimasti su ad aspettare per portarlo giù, ma gli elicotteri stanno trasferendo i feriti a valle e ci hanno detto che ci sarebbe voluto tempo. Stasera tardi, o più probabilmente domani mattina, risalgo con l’elicottero per andare a prenderlo. Non riesco a pensarci, era diventato nonno ieri e piangeva di gioia. E’ terribile”.

Il racconto della valanga è agghiacciante. “Erano le 4.20 – dice l’alpinista -. Stavo per uscire a fare un bisogno. Si è sentito un rumore assordante e non abbiamo più capito niente. Io ero in tenda con Christian, ci siamo ritrovati travolti e copiti da blocchi di ghiaccio e neve. Dopo 200 metri la valanga ci ha buttato fuori. Abbiamo perso tutto, eravamo senza scarpe. Era buio, non c’era luce, non si vedeva niente”.

“Le tenda di Alberto era proprio vicino alla nostra – prosegue Mondinelli -. Non riesco a capacitarmi che sia morto. Lui aveva all’interno bombole d’ossigeno che forse hanno fatto peso e l’hanno trascinato in basso, mentre noi eravamo più leggeri. Non lo so. Comunque lui è finito in profondità e non ce l’ha fatta. Lo abbiamo tirato fuori ma non c’era più niente da fare”.

“E’ difficile dire cosa abbiamo provato – prosegue Gnaro – perchè è stata una frazione di secondo. Però dopo è stato tremendo. Io e Christian ci siamo avvolti i piedi con i sacchi a pelo e abbiamo camminato per un tratto così, poi abbiamo recuperato degli scarponi per scendere”.

Secondo le ultime notizie ufficiali, riferite dell’Himalayan times, si parla di 11 morti accertati e 8 dispersi, più un numero imprecisato di feriti. La situazione quando gli italiano hanno lasciato il campo 3 era impressionante “Ho contato almeno 12 o 13 cadaveri – conclude Mondinelli -. La valanga era così grossa che ha polverizzato anche il campo 2 tra spostamento d’aria e neve. Lì però si sono salvati tutti, ci sono solo due o tre sherpa un po’ malconci ma tutto sommato in buone condizioni”.

Mondinelli e Gobbi sono arrivati al campo base circa tre ore fa. Hanno incontrato Marco Confortola, che è scampato alla tragedia perchè si trovava al campo base. Secondo quanto riferito da Maria Cuscela de La Stampa, sono salvi anche altri 4 alpinisti italiani della Valsesia, che si trovavano in spedizione al Manaslu ma erano al campo base al momento della valanga.

Gobbi e Mondinelli ora stanno già preparando i bidoni, sia i loro che quelli di Magliano, mentre attendono di salire a recuperare il compagno. Nelle prossime ore è previsto l’arrivo di Nima Nuru Sherpa, responsabile della Cho Oyu Trekking, che sta salendo per supportare il recupero di Magliano e il disbrigo delle pratiche per il rimpatrio.

Alberto Magliano, nato a trieste il 24 aprile 1945 ma residente a Milano, è il primo italiano dopo Rehinold Messner ad aver scalato le Seven summits. Non era un alpinista professionista, ma un ex-dirigente d’azienda, ora consulente turistico. Aveva scoperto l’alpinismo solo a 36 anni . Grande appassionato di montagna, aveva condiviso diverse spedizioni con nomi del calibro di Silvio Mondinelli, Mario Panzeri, Michele Compagnoni, con i quali aveva stretto una sincera amicizia.Amava la libertà che dona l’alpinismo, amava andare in Himalaya, ma era capace di rinuciare alle cime che desiderava se non c’erano le condizioni per raggiungerle.

Exit mobile version