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Agostino Da Polenza: Brumotti e l’Everest? Lo confesso…

Everest (Photo mteverestchallenge.com)
Everest (Photo mteverestchallenge.com)

BERGAMO — Lo confesso. M’è scappato un sorriso quando Valentina mi ha chiamato per dirmi che Simone e Brumotti avevano opposto un secco “no comment” alla richiesta di notizie riguardo le difficoltà burocratiche  per il permesso di salita dell’Everest.

Ma come?  I più grandi comunicatori della montagna e dello sport spettacolo televisivo ridotti in silenzio? Questa sì che è una notizia. Forse più importante di quella che i Nepalesi hanno reagito alle continue “violazioni” della privacy, della sacralità, della integrità dell’Everest impedendo la salita a chi non avesse intenti solo alpinistici.

Debbo essere sincero: non mi spiace che Brumotti debba rinunciare. Forse il tempo per una biciclettata sull’Everest non era maturo. Mi piacerebbe però che rinunciassero anche le centinaia di turisti d’alta quota che con ossigeno, sherpa, farmaci, vengono scarrozzati sull’Everest ogni stagione pre e postmonsonica.

Per Brumotti&bike  forse è scattata la vendetta dello spirito bizzarro delle montagne. Una presa per i fondelli delle divinità dell’alta quota, come una storia epica d’altri millenni, una sorta di revival  della cronaca dell’Olimpo consumata al tempo della informatica più spinta, delle telecomunicazioni satellitari, del marketing televisivo più aggressivo.

Sembra che dei “tizi” abbiano preso dei sassi in vetta all’Everest e ne abbiano fatto casse per orologi. I nepalesi che sono un popolo strano, essendo uno dei più poveri al mondo, dei più intrisi di spiritualità, ma anche un popolo che ha scelto il maoismo come strumento di riscatto politico interno e  internazionale, che da alcuni anni hanno in corso una guerra intestina che ha provocato decine di migliaia di morti, si sono scandalizzati pubblicamente e hanno deciso che chi non ha lo “spirito giusto” in vetta all’Everest non ci deve andare  proprio. Si deve fermare a Colle Sud a 8000metri. Ma in cima no!

Che dire? Di certo Simone Moro di spirito giusto per organizzare e accompagnare in vetta Brumotti ne ha da vendere. E Brumotti di certo non è uno “sfigato” in bici, ma una persona preparata, intelligente e credo anche rispettoso degli usi e costumi.

Mi si consenta una considerazione personale a costo di sembrare un po’ ipocrita e anche anacronistico. Nel senso che pur avendo organizzato io molte spedizioni su quelle montagne, alcune imponenti, altre  con scopi scientifici, ho cercato di farlo sempre con il più grande rispetto possibile, mantenendomi entro alcune regole di buona educazione e buon comportamento generale, ancorché alpinistico, di certo non riuscendoci sempre. Va considerato poi che esistono, in generale, luoghi sacri, protetti, simbolici, delicati fisicamente e culturalmente, dove non si possono e devono fare alcune cose, pena la messa in discussione fisica e culturale dei luoghi stessi. A volte si deve e si possono forzare questi tabù. Per questioni eccezionali o perché si pensa di  innovare fortemente lo status delle cose. Ma per non essere presi per cinici, bisogna farlo con grande consapevolezza, attenzione, rispetto. Oppure, se si è rivoluzionari, con violenza.

Non è certo quest’ultimo il caso di Brumotti sull’Everest. Forse c’è stata solo una sottovalutazione della coscienza collettiva e del rispetto di cui godono queste montagne. Forse c’era bisogno semplicemente di prendersi del tempo per far capire alle persone, agli alpinisti, che non si volevano offendere i loro simboli, i loro valori e sentimenti. In ogni caso stavolta la montagna, per via burocratica, ha decretato il “game over”. Ci ha regalato del tempo: ha rinviato tutti alla prossima partita.

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