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Rifugio Nani Tagliaferri, mille escursioni nel "cuore" delle Orobie

Rifugio Nani Tagliaferri (Photo courtesy naturamediterraneo.com)
Rifugio Nani Tagliaferri (Photo courtesy naturamediterraneo.com)

BERGAMO — Il rifugio Tagliaferri è in un certo senso il simbolo della sottosezione Club Alpino Italiano “Val di Scalve”. La sottosezione venne creata nel 1978 e l’alpinista Nani Tagliaferri fu il suo entusiasta presidente. Insieme ad amici iniziò la ricerca di un posto adatto alla costruzione di un rifugio alpino. Purtroppo nel 1981 perse la vita, insieme a Livio Piantoni e Italo Maj, scalando il Pukajirka Central, nelle Ande peruviane: il crollo di un’intera parete ghiacciata appena sotto la vetta travolse gli scalatori.

Il fratello di Nani, Francesco, e altri amici si impegnarono in modo ancor più deciso per realizzare il nuovo rifugio. Il posto che ritennero più adatto era la piccola conca a circa m. 2330 di altezza, appena sotto il passo Venano, collegata da comode e storiche mulattiere a Schilpario e al passo dell’Aprica. Nonostante la quota e la posizione vicinissima alla cresta, una sorgente garantiva la fornitura costante di acqua potabile, elemento indispensabile per la conduzione di qualsiasi rifugio alpino.

Il rifugio fu costruito nel corso dell’estate 1985, in pochissimi mesi, grazie al lavoro volontario di diverse persone. Il 22 settembre 1985 fu inaugurato, con grande partecipazione di escursionisti e appassionati e la Santa Messa celebrata da Mons. Andrea Spada. Fu dedicato al primo presidente della sottosezione “Val di Scalve” del CAI di Bergamo, Nani Tagliaferri, tragicamente perito sulle Ande.

Purtroppo dopo solo un anno, nel mese di novembre 1986, un incendio distrusse il rifugio. Bruciarono tutte le opere in legno: travi, travetti, pareti interne, arredi; rimasero solo i muri in pietra. Gli amici decisero che non si poteva rischiare di lasciare la costruzione in quello stato per tutto l’inverno: si sarebbe corso il rischio di un decadimento irrimediabile di quanto restava dei muri.

Quindi, si dette subito il via ai lavori di ricostruzione, al freddo e al gelo dell’incipiente inverno. Meno di un mese di lavoro competente e attivissimo di diversi volontari portò alla ricostruzione del rifugio con ampliamento della cucina, nuovo tetto, nuovi serramenti e muri riadattati. Nel 1998 il rifugio venne nuovamente ampliato dedicando più spazi ai dormitori e creando nuovi servizi igienici dotati di docce e acqua calda.

Nel 2007 si è eseguito un ulteriore ampliamento erigendo sul retro del rifugio un piccolo corpo di fabbrica in muratura di pietra e tetto a struttura lignea: i posti letto sono passato da 35 a 50 e sono stati aggiunti altri bagni, con acqua calda ovunque. Nella scorsa primavera si è provveduto a installare un impianto eolico di produzione energia elettrica che sfrutta la costante presenza del vento e garantisce energia 24 ore su 24. Il nuovo impianto unitamente al potenziamento dei pannelli fotovoltaici permetterà maggior autosufficienza energetica a fonte rinnovabile, anche se rimarrà comunque a disposizione un generatore per le emergenze. Gli interventi di ristrutturazione rientrano nel progetto “Il rifugio di montagna un presidio culturale, ambientale ed educativo al passo coi tempi” realizzato con l’aiuto della Regione Lombardia e della Fondazione della Comunità Bergamasca.

L’accesso al rifugio può avvenire seguendo diversi percorsi:

1. Dalla Valle del Vò, che inizia nei pressi di Schilpario nella frazione Ronco o dal ristorante “Vò” seguendo la mulattiera militare con segnavia CAI numero 413.

2. Dalla valle del Venerocolo, con partenza dal ristorante “Vò” sino al passo Venerocolo, al passo del Demignone, al passo del Vò seguendo sentieri CAI n° 414 e 416.

3. Da Bueggio, fraz. di Vilminore, sino ai ruderi della diga del Gleno, al passo di Belviso e quindi al rifugio lungo i sentieri 410 e 434.

4. Dal rifugio Curò, lungo il sentiero naturalistico “Antonio Curò”, attraverso la Val Cerviera sino al passo Bondione, nella parte alta della valle del Gleno e da qui al rifugio lungo i sentieri CAI 321 e 324.

5. Dal rifugio Curò al lago naturale del Barbellino, al passo Grasso di Pila, alle baite Pila, passo Venano e da qui al sottostante rifugio lungo il sentiero CAI 324.

6. Dal passo del Vivione, lago di Valbona, passo del Gatto, passo Venerocolo, passo Demignone, passo Vò, passo Venano e rifugio lungo il sentiero 416.

7. Dal lago di Belviso (Valtellina, zona Aprica) alla malga di Pila, passo di Venano e rifugio lungo il sentiero CAI 324.

8. Dal lago di Belviso (Valtellina, zona Aprica) alla malga Demignone, passo di Venano e rifugio lungo il sentiero 24 e 416.

L’elenco delle vie di accesso dà un’idea della posizione “centrale” di questo stupendo rifugio, raggiungibile dalla Val di Scalve, dalla Valle Seriana e dalla Valtellina. Una sosta di più giorni al rifugio consentirebbe di intraprendere escursioni veramente sorprendenti. Dal passo Venano, passando dal passo del Vò, passo Demignone, passo del Venerocolo, malga di Campo (sopra il lago di Belviso), malga Demignone, si arriva nuovamente al rifugio. Un giro durante il quale è impossibile non incontrare camosci, mufloni , cervi e caprioli e marmotte. L’itinerario conduce a baite e malghe utilizzate da pastori e mandriani durante la stagione estiva e dai quali si possono acquistare squisiti formaggi d’alpe dal gusto ineguagliabile. Un altro interessante anello è passo Venano, malga di Pila, passo di Pila, (eventuale deviazione sino al passo del Serio e alla vetta del Torena), laghi di Pila, lago Barbellino, rifugio Barbellino, lago artificiale Barbellino, valle Cerviera, passo Bondione, (eventuale salita sino alla vetta del Pizzo Tre Confini), valle del Gleno, passo Belviso, passo Venano e finalmente Rifugio Tagliaferri. Anche qui possibili, anzi probabili incontri con camosci e stambecchi e, perché no, avvistamento di aquile reali, che frequentemente planano quasi come alianti tra il monte Torena e il Pizzo Tornello.

La sera, rientrando al rifugio, una favolosa doccia calda e una succulenta cena in un atmosfera familiare e allegra ritemprano anche il fisico più stanco. Nel rifugio è tra l’altro esposta una serie di cartelloni fotografici con testi descrittivi in italiano e in inglese, che illustrano dettagliatamente il rifugio e l’ambiente naturale circostante.

Nel 1997 al passo Venano in collaborazione col CAI Aprica è stata posta una campana commemorativa in memoria di tutti i caduti della montagna. All’esterno del rifugio, un vecchio obice, ricorda che questa zona fu teatro della grande guerra. Un caratteristico altare con croce realizzato in pietra locale: in montagna il sentirsi più vicini al “Signore delle Cime” diventa invito alla preghiera e lode al Creatore.

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Un commento

  1. posto veramente pessimo , spero di cuore che i proprietari leggano quanto sto scrivendo e provvedano a migliorare l ospitalita del rifugio , in quanto il servizio non e stato dei migliori a cominciare dagli alloggiamenti , letti a castello arrugginiti e cigolanti, doccie con le ante completamente rotte , mancava sapone per lavarsi, un cartello indicava chiaramente bar con ristoro , del bar non si e visto neanche l ombra , il cibo mi a lasciato un po perplesso , tanto vero che o mangi cio che hanno o non mangi, ho chiesto i casoncelli mi portano i tortellini al burro. l unica cosa positiva sono state le porzioni decisamente abbondanti, il prezzo 50 euro decisamente esagerato. … a mio parere non ci ritorno piu.

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