
È un lago celeberrimo, uno specchio d’acqua che riflette le Tre Cime di Lavaredo, una delle mete più classiche, fin dall’Ottocento, per i viaggiatori che iniziavano a scoprire le Dolomiti. “Lago di Misurina, meriti un poema futurista! “ebbe a scrivere Filippo Tommaso Marinetti sul libro degli ospiti del Gran Hotel Savoia che si affacciava sulle sue sponde, quando negli anni Trenta soggiornò da quelle parti. Dove Giosuè Carducci accompagnò la regina Margherita, che tornò una seconda volta lassù per soggiornare un mese in quell’albergo nel 1900, dopo l’assassinio di Umberto I, suo marito.
Insomma, il lago di Misurina non ha bisogno di presentazioni. Ma qui lo ricordiamo per essere stato il campo di gara del pattinaggio di velocità dei VII Giochi olimpici invernali di Cortina d’Ampezzo nel 1956. Un sito delocalizzato rispetto al capoluogo ampezzano, a 1756 metri di altitudine, in comune di Auronzo di Cadore.
Una scelta audace ma vincente
Se quelle Olimpiadi si possono definire le ultime “romantiche” lo si deve anche al lago di Misurina. E pensare che quella scelta fatta dal comitato organizzatore fu una scelta audace, ma vincente. Il lago non rientrava nelle mete usuali delle competizioni internazionali di allora. Con l’iniziale contrarietà degli esperti scandinavi, che infine si convinsero della bontà di quella decisione dopo verifiche puntuali e meticolose. La Svezia coltivava ambiziose speranze di medaglia. E proprio a un esperto svedese, un certo Nielsson, fu affidata la cura del lago, tanto che un giovane Alberto Cavallari, grande firma del Corriere della Sera, ebbe a scrivere sul Corriere d’Informazione, edizione pomeridiana del quotidiano milanese che “per due anni Nielsson ha curato la pista di Misurina… ha eseguito un lavoro di manutenzione che in questi giorni fa somigliare la sua pista alla hall di un palazzo da maragià, pieno di fulgori e levigatissimo”.
L’ambientazione infatti era, ed è, spettacolare. Montagne mitiche fanno da corona al lago: oltre alle Tre Cime, i Cadini di Misurina, il Piz Popena, con dietro il Cristallo e sullo sfondo meridionale il Sorapiss. Anche il ghiaccio risultò particolarmente veloce, per una sua particolare grana fine e, naturalmente, anche per l’altitudine, con la conseguente rarefazione dell’aria.
Si disputarono quattro gare maschili: la Svezia si aggiudicò solo 10000 metri con Sigvard Ericsson. Le altre distanze andarono ai sovietici con Yevgeny Grishin e Yury Mikhailov che si portarono a casa l’oro, a pari merito, insieme al record del mondo sui 1500 metri.
Una pista come un’isola
Curiose sono le storie che riguardano quella fantastica pista. Come è noto l’acqua quando gela si espande, ragion per cui il ghiaccio tende a “sormontare” le rive. Di conseguenza si formano spesso delle fenditure o delle irregolarità sulla sua superficie. Per ovviare a questo inconveniente la pista fu trasformata in un’isola galleggiante. Attorno all’anello di 400 metri venne infatti tagliato il ghiaccio, con una grande sega manovrata dagli Alpini, in modo da creare un piccolo canale largo circa un metro, per dar sfogo all’espansione del ghiaccio. Con questo espediente la pista risultava perfettamente liscia. Ma il ghiaccio di risulta non venne gettato via: fu caricato sui camion e portato a Cortina. Opportunamente sagomato in piastrelle, venne utilizzato per rinforzare le curve della pista da bob (allora tutta di ghiaccio naturale) nei punti in cui subiva la maggior usura, soprattutto con il passaggio dei pesanti bob a quattro.
Tutto andò bene a Misurina, salvo le temperature che risultarono eccessivamente rigide, anche intorno ai -25 gradi, condizionando in parte la presenza del pubblico. Ma quella pista resterà per sempre nella storia romantica di quelle Olimpiadi. E ancora oggi, negli anni fortunati quando il ghiaccio si forma prima delle nevicate, è uno spettacolo scivolare con i pattini su quello specchio incantato.