Un Appennino da scoprire, nel secondo volume di “Passi di V” di Cristiano Lurisci
Anche stavolta l’alpinista e autore di Lanciano ha fatto un lavoro pazzesco. Quindici massicci, 97 vie tra il quarto e il sesto grado. Accanto alle pareti di Sirente e Maiella spiccano le rocce assolate di Sperlonga, di Amalfi e dei Faraglioni di Capri
La maggioranza degli alpinisti, su qualunque difficoltà si muova, ama ripetere vie classiche e frequentate. Nell’Appennino centrale e meridionale, l’elenco comprende i tre versanti (Spalle, parete Est, parete Nord) del Corno Piccolo del Gran Sasso, il vicino e imponente Corno Grande, i pilastri del Pizzo d’Intermèsoli che sorvegliano la verde Val Maone. Più a nord, viene regolarmente ripetuto lo Spigolo Bafile del Pizzo del Diavolo, nei Sibillini.
Cristiano Iurisci, alpinista e arrampicatore di Lanciano, in Abruzzo, è fatto di una pasta diversa. Da molti anni (oggi ne ha 54), più che ripetere le vie tracciate da altri, ama cercare nuovi itinerari, sia in estate sia d’inverno. Ha presentato il risultato della sua ricerca su ghiaccio e misto nella monumentale guida Ghiaccio d’Appennino (Versante Sud, 2012).
Lo stesso, in veste estiva, ha fatto un anno fa con il primo volume di Passi di V (Edizioni Il Lupo), dove in 416 pagine racconta 149 itinerari di arrampicata, suddivisi tra otto massicci diversi, dall’Appennino umbro-marchigiano al Gran Sasso passando per il Terminillo e i Sibillini.
Nel secondo volume, che è uscito da pochi giorni, le pagine sono diventate 464 e i massicci trattati 15. Le vie, 97 in tutto, sono meno numerose, ma la scelta è sempre vastissima. Decine di percorsi – non li abbiamo contati! – sono stati aperti da Cristiano Iurisci e compagni. Il passaggio dalla roccia alle pagine patinate delle guide è stato ancora una volta rapido. Oltre che per gli scalatori in attività, c’è molto materiale per gli storici.
Nei primi capitoli del secondo volume di Passi di V, Cristiano affronta pareti famose e poco note, dalla gigantesca e complessa muraglia Nord-est del Sirente, uno dei suoi “terreni di caccia” preferiti sia in estate sia d’inverno, alla misteriosa Sud-ovest del Muro Lungo, nel massiccio del Velino, dove la prima ascensione assoluta è stata compiuta da due grandi come Gigi Panei (che era nato da queste parti, a Sant’Anatolia) e Walter Bonatti.
Sul Sirente, sono opera di Iurisci e compagni le vie del Tempio, dell’Altare della Neviera, del Peschio Fracido e di altri spettacolari torrioni. Sul Muro Lungo, in mancanza di una relazione lasciata da Bonatti, l’alpinista e autore di Lanciano ha ripetuto più volte, aprendo due varianti, il labirintico itinerario aperto nel 1988 da Antonio “Toto” Capassi e da altri alpinisti di Avezzano, con 15 lunghezze di corda con difficoltà fino al sesto (altro che “passi di V”!), e poi “trasferimenti” da una fascia di rocce all’altra e un’uscita verso la vetta per ripidissimi e infidi prati. Se non è alpinismo esplorativo questo…
Sulla parete Est del Costone (Velino) e sul Pilastro delle Murelle (Maiella), Cristiano Iurisci apre qualcosa di suo, ma soprattutto ripete e rivaluta gli itinerari tracciati da cordate abruzzesi e romane dagli anni Trenta. Per Savini, Bertuccioli, Lopriore e Protti, autori nel 1932 di una via sulle rocce del Costone, scrive addirittura di “alpinisti poco noti ma capaci di vie davvero straordinarie e di stampo dolomitico”.
Poi, man mano che ci si sposta verso sud, l’alpinismo sulle grandi pareti lascia il posto a lunghe vie al confine tra montagna e falesia, ma sempre in situazioni di grande ingaggio. Sfilano così gli Speroni della Mentorella (Monti Prenestini), vette molisane come la Rocca di Oratino e il Monte della Foresta, la Preucia e la Rava di Prata sul Matese, perfino la cresta di Ecc’abball’ sul Gargano, a picco sul mare di Manfredonia.
Qualche ora di viaggio in auto verso nord ha consentito a Iurisci e compagni di ripetere lo spigolo dedicato a Bonatti dell’Argentario, in Toscana, un luogo amatissimo dal grande alpinista lombardo. Faticosi trasferimenti verso il Tirreno (Cristiano vive a Lanciano e insegna a Cerignola, in Puglia) hanno permesso all’autore di scalare sulla Costiera Amalfitana e sui Faraglioni di Capri, dove la prima via è stata aperta quasi un secolo fa dai grandissimi Hans Steger e Paula Wiesinger. C’è anche una lunga e sorprendente cresta di roccia vulcanica sul Monte Epomeo di Ischia.
Induce in errore, invece, il titolo del capitolo dedicato ai Monti Ausoni e Aurunci, che passa in rassegna storiche e meravigliose falesie esplorate da cordate romane come le torri di Leano, Sperlonga (indicata come Monte Vannelammare, chissà perché). Mancano invece, e bisognerebbe chiedere all’autore il motivo, due o tre vie sulla scogliera di Gaeta, che compare in una bella foto dal drone, e che tra tanta roccia a picco sull’azzurro del mare ci sarebbe stata proprio bene.
Tra tante grandi falesie c’è una parete di montagna, quella del Monte Fammera, baluardo tra il 1943 e il 1944 della Linea Gustav tedesca come testimoniano le piazzole e le trincee sulla vetta. A scoprirla ed esplorarla in veste pacifica, più di cinquant’anni fa, è stato l’alpinista romano Vittorio Kulczycki, che successivamente si è dedicato ad Avventure nel Mondo, di cui è stato tra i fondatori. Il suo viaggio tra le rocce dell’Appennino è proseguito verso montagne lontane, foreste tropicali e deserti.





