
La Strada dei 100 Giorni è una meraviglia ingegneristica nascosta delle Prealpi Bellunesi e Trevigiane che raggiunge il Passo San Boldo. La sua fama è legata alla rapidità con cui fu costruita, poco più di tre mesi, in una gola rocciosa, ritenuta fino allora insuperabile da una carrozzabile. La realizzò l’esercito austro-ungarico con l’aiuto di prigionieri russi che si spaccarono la schiena, assieme alle donne del luogo, scavando con il piccone cinque gallerie nella roccia, dando vita a un’opera con pochi uguali.
Il Passo San Boldo non è un valico “classico”, come quelli che inanellano le vallate dolomitiche. La quota è modesta (706 m.) e l’ambiente è una gola stretta con rupi boscate di latifoglie che con i loro colori autunnali rendono ancor più suggestivo il paesaggio. Non è una delle direttrici principali per raggiungere Belluno e le Dolomiti, quindi non è tanto trafficata. Bisogna mettere in conto ben 18 tornanti e si imbocca a sud da Tovena, frazione del Comune di Cison di Valmarino. Nel senso inverso si imbocca da Trichiana nel nuovo comune di Borgo Valbelluna. Il transito nel suo tratto più ardito avviene a senso unico alternato, regolato da semafori.
Oggi ne godiamo la bellezza, dopo gli interventi di consolidamento avvenuti negli anni. Ma non si può dimenticare che la strada costruita per facilitare i passaggi tra la parte alta della provincia di Treviso e la Valbelluna, deve la sua realizzazione innanzitutto a esigenze militari.
Quel passaggio nei secoli era solo un ripido sentiero o una mulattiera di cui si ha testimonianza fin dall’epoca romana e poi bizantina. Nonostante non fosse mai stato un percorso agevole, difficile da risalire sia a piedi che con animali da soma, fin dal Medioevo era ritenuto strategico. Di qui passavano soldati, pellegrini e mercanti. Sul passo si pagavano i dazi alla Muda di San Boldo. Oltretutto, passavano per di là gli zattieri (cioè gli uomini che conducevano le zattere cariche di legname lungo il Piave dal Cadore verso Venezia) per ritornare indietro a piedi fino a Belluno.
La iniziarono gli italiani …
Ma è nel 1914 che inizia la sua storia più recente. In quell’anno c’era un grande numero di maestranze disoccupate. Erano soprattutto emigranti rientrati in patria, espulsi, allo scoppio della guerra, dall’impero austro-ungarico e dall’impero germanico. Per far fronte al problema, utilizzando i fondi di un decreto legislativo, furono assunti 500 operai e in novembre venne approvato il progetto per la costruzione della strada che da Tovena porta al Passo San Boldo. Urgeva dare un’occupazione stabile ai disoccupati per cui i lavori iniziarono in fretta. Il primo stralcio fu affidato all’ingegnere Giuseppe Carpenè di Conegliano e all’ impresa Magagnin Adolfo e De Bortoli Giovanni di Cison.
Nel gennaio del 1916 i lavori del primo tratto erano quasi completati e si sarebbe dovuto procedere con gli altri stralci. Ma tutto si bloccò proprio all’inizio del muro di rocce strapiombanti. I militari diedero ordine al Genio Civile aggregato alla IV armata di completare l’opera per ragioni tattiche e strategiche.
Mancavano solo gli ultimi 100 metri di dislivello, ma erano i più impegnativi (tratto noto come Canàl o Scalón de San Boit). Un ostacolo considerato fino allora insormontabile: una parete di roccia nella strettissima valle del torrente Gravon.
…e la completarono gli austriaci
Nel frattempo, dopo la disfatta di Caporetto, la “palla” passò in mano agli austriaci. Fu un tenente colonnello – Nikolaus Waldmann – comandante dello Straßenbaugruppe (Gruppo costruzioni strade) a trovare la soluzione per affrontare quell’enorme ostacolo: cinque gallerie a tornanti scavate nella roccia che si inerpicano una sull’altra in modo da sviluppare 800 metri di strada per ottenere una pendenza del 10% adatta al transito dei mezzi dell’artiglieria. Il progetto prevedeva inoltre la costruzione di possenti muri di contenimento.
Gli austriaci completarono l’opera in tempi strettissimi: i lavori iniziarono l’febbraio 1918 e terminarono l’1giugno dello stesso anno. L’urgenza era data dall’offensiva prevista per la metà di giugno, che andava sotto i nomi di operazione Albrecht sul fronte del Piave e operazione Radetzky per il Grappa e gli altipiani.
Vennero impiegati contemporaneamente fino a1400 operai (circa 7000 in totale), e il cantiere rimaneva aperto giorno e notte. Sull’altro versante del passo verso Trichiana in Valbelluna esisteva già una mulattiera. Anche qui furono effettuati importanti lavori nei punti di passaggio più difficili, mai però come quelli della gola sul versante trevigiano. “La strada dei 100 giorni “poteva essere inaugurata.
Sappiamo come andò a finire: quella strada doveva servire per sottomettere l’Italia è invece fu la via di ritirata degli austriaci. Fortunatamente oggi si può transitare sul San Boldo in tranquillità ripensando a quanta storia è passata in quelle gallerie appese allo strapiombo e godendosi i colori dell’autunno.
Dalla sommità del passo è possibile raggiungere a piedi il bivacco dei Loff (1130 m.) tramite il sentiero CAI n. 991, in circa 1.30-2 ore, con un dislivello di 431 metri. La caratteristica costruzione si trova addossata alle pareti verticali della Croda Val della Pila e in posizione molto panoramica verso Sud.