La via Alletto-Consiglio sul Monte Bove compie 70 anni. Ma la montagna è cambiata
Una grande parete dei Monti Sibillini, una magnifica via aperta da due alpinisti famosi. I terremoti del 2016 hanno però causato crolli a ripetizione. Ma l’alpinismo sul Monte Bove è ripreso. Come? Lo spiega Carlo M. Minnozzi
La valle di Panìco, che inizia dal borgo di Casali, è una delle più suggestive dei Sibillini. Sale rettilinea ai piedi della parete Nord del Monte Bove, sorvegliata da faggete che a ottobre regalano dei colori stupendi. Poi piega a destra e inizia a salire, alternando dei ripidi gradini di erba e rocce a delle conche pianeggianti.
In questo tratto, da destra, la sorvegliano la parete Est del Monte Bove e l’elegante monolito della Punta Anna. Dall’altra parte, ripidi pendii di erba e rocce salgono verso la Forcella del Fargno, il Pizzo Tre Vescovi e il Pizzo Berro. Pochi luoghi dei Monti Sibillini e delle Marche sono altrettanto imponenti.
La storia alpinistica di queste montagne inizia con Angelo Maurizi, medico milanese trapiantato a Castelsantangelo sul Nera, che negli anni Trenta inizia ad affrontare le pareti calcaree e a esplorare valli e vette con gli sci. Sul Pizzo del Diavolo, nel sottogruppo del Vettore, si lega in cordata con i migliori alpinisti abruzzesi del momento. Sul Bove lo accompagnano amici di Macerata. La via Maurizi-Taddei, la più nota di quegli anni, corre sulla parete Nord e ha difficoltà fino al quarto grado superiore.
A cambiare le cose, nell’autunno del 1955, è una cordata che arriva da Roma. Franco Alletto e Paolo Consiglio, che diventeranno entrambi soci del CAAI, fanno parte del gruppo di alpinisti (gli altri sono Marino Dall’Oglio, Franco Cravino, Silvio Jovane, Bruno “Dado” Morandi e Gigi Mario) che negli anni Cinquanta introduce il sesto grado sul Gran Sasso.
Nel 1954 Paolo sale da capocordata la Diretta Consiglio sulla parete Est della Vetta Occidentale del Corno Grande. Nel 1957, con Alletto, percorrerà la cresta Sud-est della Vetta Orientale, che delimita a sinistra il Paretone. Due anni dopo, nel 1959, i due amici di Roma arriveranno per primi sulla vetta del Saraghrar Peak, 7340 metri, nel versante pakistano dell’Hindukush.
La prima salita nel 1955
Nell’autunno del 1955, dopo una lunga estate tra le Dolomiti e il Gran Sasso, Alletto e Consiglio partono da Roma per i Sibillini. L’Autostrada del Sole non c’è ancora, ma la via Flaminia li porta comodamente a Terni, in Umbria. Da lì risalgono la Valnerina, piegano a destra verso Ussita, raggiungono Casali e la Val di Panìco. Una camminata tra i boschi, che immaginiamo colorati come oggi, li porta ai piedi dello spigolo Nord-est del Monte Bove, che risalgono salendo per boschi e ripidi prati. La loro via nuova, 850 metri di sviluppo, non fa in tempo a entrare nella guida CAI-TCI Appennino Centrale di Carlo Landi Vittorj, che esce proprio quell’anno.
La relazione, che esce nel 1956 su L’Appennino, il notiziario della Sezione di Roma del CAI, può indurre a sottovalutare l’impresa. “Quarto grado con tre passaggi di quinto, 5.30 ore” scrivono Franco Alletto e Paolo Consiglio.
Negli anni che seguono la via diventa classica, e spinge cordate di Macerata e Perugia a esplorare le labirintiche pareti del Bove, aprendo dei nuovi itinerari. Nel dicembre del 1971, la gara per la prima invernale dello spigolo viene vinta dai perugini Vagniluca e Kamenicky, che si lasciano alle spalle cordate di Ascoli, Macerata e L’Aquila.
“Lo spigolo Alletto-Consiglio è una via mitica, che offre un bellissimo viaggio attraverso la storia dell’alpinismo sui Sibillini. Nel suo sviluppo passa più volte da un lato all’altro dello spigolo, con panorami bellissimi verso Ussita, il Pizzo Berro e i selvaggi canali della parete Est del Bove” spiega Carlo M. Minnozzi, alpinista di Camerino (Macerata) e grande esperto di quella via, che ha percorso sei volte con compagni vari in estate, e una volta d’inverno insieme a Francesco Cianconi.
Il terremoto del 2016 cambia la via. Che diventa più impegnativa
“Nemmeno il terremoto, che l’ha menomato, scosso e frantumato, ha impedito che si tornasse, dopo anni, su quello splendido e poderoso spigolo. Le scosse dell’estate e dell’autunno del 2016 hanno trasformato lo spigolo, creando dei passaggi obbligati con difficoltà superiori. Altrove, ci sono tratti di quinto e quinto superiore”, prosegue l’alpinista marchigiano.
“Oggi dove si arrampica la roccia è rimasta discreta come prima, ma a poca distanza dalla via ci sono scaglie e pilastrini instabili. Per ripetere la Alletto-Consiglio occorrono fiuto, attenzione e senso della montagna, e una dotazione alpinistica completa con martello, chiodi e friend. Le lunghezze di corda da salire sono dalle 20 alle 22”.
Dopo i terremoti del 2016, lo spigolo Nord-est del Monte Bove è stato ripetuto solo tre volte. La prima, di Mirko Ranocchia e Simone Botticelli, è stata compiuta nell’estate del 2020, poi sono passati da lì l’abruzzese Cristiano Iurisci, e nel 2024 Carlo M. Minnozzi insieme ad Andrea Grillo e a Emanuela Berdini.
Iurisci, nella sua relazione sulla guida Passi di V (Edizioni il Lupo, 2024) parla di roccia “da discreta a buona nei tratti risparmiati dal sisma”, ma con “un lungo tratto a metà parete con zolle d’erba, ghiaie e roccette”. Una via, insomma, “ancora fattibile ma tecnicamente più difficile”, dove è necessario “un livello di almeno 6b a vista”.
“Oggi come in passato”, riprende Carlo M. Minnozzi “i passaggi più difficili sono nei primi tiri. La fessura del terzo tiro, ancora sporca di detrito, è bellissima e assolutamente verticale. Offre difficoltà crescenti, e il passo finale è di 6b. Un friend abbandonato e un cordone consentono di uscire evitando una scaglia pericolosa”.
Più in alto, spiega l’alpinista di Camerino, una grande frana ha cancellato un ripido prato di un centinaio di metri, portando via tre alberelli che consentivano di assicurarsi. Ora si trovano un ghiaione e poi una forra, che bisogna salire velocemente per evitare scariche, per poi uscire a sinistra. Nell’ultima parte della via è rimasto com’era un camino difficile e molto stretto.
“Tra i cambiamenti causati dal terremoto, oltre alla forra da cui si esce a sinistra, c’è la sparizione di una fessura dove Franco Alletto e Paolo Consiglio nel 1955 avevano lasciato due cunei di legno. A tre tiri di corda dalla fine, si deve affrontare un lungo traverso su terra, dove affiorano dei blocchetti di roccia” racconta ancora Minnozzi.
Tra i tanti ricordi della ripetizione del 2024, sono l’uscita alla luce delle pile frontali, e l’incontro finale con i camosci. “L’anno scorso, con Emanuela e Andrea, abbiamo impiegato più di 15 ore, uscendo in vetta all’una di notte. Abbiamo salito gli ultimi tiri alla luce delle pile frontali. Poi, sui prati che conducono in cima, ci siamo trovati circondati dai camosci. E’ stata una grande emozione” conclude Carlo M. Minnozzi.
A proposito. Per non disturbare la riproduzione dei camosci, le vie del Monte Bove possono essere salite solo da metà luglio a fine aprile. E’ obbligatorio inviare in anticipo una mail a info@guidealpinemarche.com, altre informazioni sul sito.







