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A tu per tu con Michaela Egarter, la prima donna guida alpina dell’Alto Adige

Una professione abbracciata quasi per caso, un amore infinito per la sua terra. E per le montagne di casa dalle quali non si stacca quasi mai

“Avevo paura del vuoto e dell’altezza” ma ho deciso di superarla e ora sono guida alpina. Il mio incontro con Michaela Egarter inizia così e non me lo aspettavo. Solare, sempre sorridente e con una grande determinazione, lei è un’esplosione di energia che l’ha portata a superare momenti di grande difficoltà per poi cambiare la sua vita e diventare una professionista della montagna.

Michaela è stata la prima donna a superare gli esami per diventare guida alpina nel collegio di Bolzano e ora è nel consiglio direttivo. Ci racconta la sua storia in un pomeriggio d’autunno a Villabassa.

Quando e perché hai pensato di diventare guida alpina?

Non avevo mai pensato di diventare guida alpina, avevo già un lavoro sicuro. È capitata l’occasione e l’ho sfruttata, non era stato programmato nulla… un po’ come a volte accade di rimanere incinta, capita. Ho conosciuto l’Alpenverein a 19 anni grazie al mio primo ragazzo, inoltre come infermiera facevo parte del Soccorso alpino e in questo modo ho conosciuto le prime guide.

Che emozioni hai provato nel superare, prima donna, i corsi del collegio di Bolzano?

Ho fatto parte del soccorso alpino per dieci anni poi per altri due come eli-soccorritrice. Mi sono sempre trovata a mio agio lavorando in questo ambiente fatto principalmente di uomini e non ho mai avuto problemi. Il collegio guide di Bolzano è stato fiero di accogliere finalmente una donna, iscritta dopo aver superato tutti gli esami dei loro corsi. Poi se ci pensi ormai è la normalità che ci siano donne in ogni settore, anche in quelli che erano considerati solo per uomini. Tornando alla mia attuale professione nel collegio guide Bolzano l’età media è abbastanza alta e abbiamo bisogno di giovani, una guida alpina donna è di esempio per i ragazzi di cui c’è bisogno. Sono sempre stata molto determinata e negli anni nulla è cambiato. A dirla tutta un aspetto particolare, ma piacevole, c’è stato… essere diventata la prima donna a superare gli esami mi è costato qualche giro di birra con i colleghi dopo l’ultimo esame finale.

Quando sei andata per la prima volta in montagna?

I miei genitori non sono alpinisti. Sono figli di contadini, cresciuti in un’ambiente severo, fatto di sacrifici e lavori pesanti. Per questo non posso raccontare di aver conosciuto la montagna da piccola come fanno tanti miei colleghi. Mio padre mi ha insegnato a sciare appena ho iniziato a camminare, poi ci son voluti tanti anni prima di fare le prime esperienze da alpinista. Abbiamo fatto soltanto delle passeggiate con mamma e papà e come quasi tutti gli altoatesini siamo andati a funghi e a raccogliere fragole, lamponi e mirtilli. La mia prima vera volta in montagna, che riesca a ricordare, è stata quando sona andata a Prato Piazza in primavera. Avrò avuto 7 o 8 anni, forse 9 e se ricordo bene siamo andati verso la Piramide, mio padre aveva gli sci dell’intera famiglia sulle spalle e noi solo con gli scarponi. Non siamo arrivati in cima ma è stato davvero bello, ma c’è una cosa speciale che ricordo per noi bambine: il gelato “handgemacht” dopo la gita. Abbiamo portato della neve a casa e con un poco di limone e zucchero abbiamo fatto il gelato più buono che io abbia mangiato in vita mia.

Tuo padre ti ha allacciato gli sci a due anni ma hai scritto sul tuo sito web di un percorso difficile

Non ricordo i miei primi anni come sciatrice ma ho ancora uno dei due sci con cui ho imparato a sciare. È lungo circa 50 cm ed è di legno. I miei genitori mi hanno raccontato che le mie “prime sciate” le ho fatte a due anni in mezzo alle ginocchia di papà. Per tanti anni gli impianti per noi non esistevano. Salendo delle colline vicino la nostra casa, abbiamo battuto noi la pista perché dopo ogni salita e discesa la pista migliorava. Con i rami di salice papà tracciava lo slalom gigante per noi. Ci siamo divertiti un mondo!

Eri infermiera, cosa ti ha portato a lasciare il posto di lavoro?

La professione di infermiera mi è sempre piaciuta e probabilmente non la avrei mai lasciata, ma mio padre ha avuto un’emorragia cerebrale ed è cambiata non solo la sua vita. A 73 anni, da un giorno all’altro, papà ha iniziato ad aver bisogno di attenzioni continue, ho scelto di prendere due anni di aspettativa per aiutare mia madre. Dopo un anno mia mamma è riuscita a prendersi cura di mio padre anche senza la mia presenza costante, quindi, abbiamo iniziato ad alternarci e sono tornata a scalare. In uno degli ultimi mesi di aspettativa, un mio collega del Soccorso alpino mi ha chiesto di fare la formazione guide con lui. Ci ho pensato tanto e ho parlato con mia mamma. All’ultimo momento ho spedito il mio curriculum e ho superato gli esami d’ammissione e tutti gli altri durante il percorso di formazione che in tutto è durato tre anni. Ancora prima di terminarla, mio padre è deceduto. Sarebbe stato fiero di me!
Non sono più tornata all’ospedale e ho smesso di lavorare come infermiera, ormai, la mia professione era cambiata. Sono guida alpina da 13 anni e lavoro sia in estate sia in inverno.

Hai una montagna sogno?

No. Per me ogni montagna è speciale e ci può regalare dei momenti indimenticabili. Dipende tanto da come e con chi la affrontiamo.

Fai anche spedizioni internazionali?

Mi bastano le Alpi. Sono fortunata e ho le Dolomiti davanti casa che è ben grande. Ho un bellissimo orto pieno di verdure, fiori ed erbe e la mia cara mamma, che ogni tanto ha bisogno di una mano. Sono sempre stata bene a casa e non sento il bisogno e la necessità di muovermi più di tanto.

Qual è la montagna più difficile?

Non posso valutare la difficoltà di montagne che non ho mai fatto in vita mia. In più la difficoltà varia a secondo delle condizioni e del meteo. La scelta del momento giusto, il rispetto e una buona preparazione sono essenziali per scalare in sicurezza e arrivare in vetta.

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