
Un trekking di sei giorni nelle Alpi del Salzkammergut caratterizzato da morbidi sentieri e deserti rocciosi, passando da un rifugio all’altro su montagne poco frequentate dagli italiani. Il Great Space Walk, nei Totes Gebirge, in Austria, potrebbe essere riassunto così, anche se in fondo non si tratta soltanto di questo. «Viviamo in un’epoca dove il desiderio di una performance fine a se stessa sembra inglobare tutto quanto», afferma infatti Christoph Viscorsum, artista ed ideatore, insieme ad Andreas Hagelüken, del progetto «Per questo, tornare alle motivazioni tanto personali quanto universali che ci portano ad esplorare le terre alte, immaginandone anche le dinamiche future, diventa un aspetto cruciale nel frequentarle».
Una montagna parlante
Chiunque voglia percorrere il Great Space Walk avrà dunque l’opportunità di tematizzare il trekking stesso, riflettendo anzitutto sulle ragioni che ci spingono ad intraprenderlo, oltre che sulle modalità attraverso cui il nostro corpo dialoga con lo spazio montuoso che ci circonda. Una riflessione da portare avanti attraverso 14 stazioni audio, disseminate lungo tutto il percorso, solitamente due per ogni tappa. Prima di partire per l’avventura, sul sito del Great Space Walk, è possibile pertanto scaricare tutte le tracce, salvandole poi nel telefono cellulare per poterle ascoltare di volta in volta. E, fra le voci coinvolte nel progetto, figura anche quella dell’alpinista austriaca Gerlinde Kalterbrunner che tra queste montagne è nata e cresciuta.
«Si tratta di un modo per aprirsi alla riflessione individuale e condivisa», continua Viscorsum «procedendo poi con maggiore consapevolezza attraverso i sentieri di un gruppo montuoso fra i più selvaggi d’Europa, spesso associato alla morte per la primordialità dei propri paesaggi, ma così rigoglioso da sorprendere». Lo capiamo ben presto. Massi e pareti di roccia calcarea, a tratti repulsiva, la fanno infatti da padrone, ma le correnti d’acqua e di aria che sotto quella roccia scorrono impetuose rendono l’ambiente più vivo di quanto possa sembrare. È il fenomeno del carsismo, che dà luogo, nei meandri più profondi, a cunicoli, forre e gole, mentre in superficie questo dedalo si traduce in altipiani rocciosi caratterizzati da tonalità ora grigiastre ora bianchissime, dalle quali è difficile non restare ammaliati, soprattutto nel corso della terza e quinta tappa.
L’itinerario in breve
Da Bad Ischl all’Ischlerhütte
(14,8 km – 970 metri di dislivello positivo – 6 ore circa)
Il Great Space Walk comincia all’insegna dei pascoli erbosi che sovrastano l’abitato di Bad Ischl, Capitale Europea della Cultura nel 2024, un riconoscimento in seno al quale è nato questo progetto, artistico prima ancora che escursionistico. Dopo un’iniziale esplorazione della cittadina, partendo dalla sua chiesa principale, l’itinerario vero e proprio parte dall’alpeggio della Rettenbachalm, da dove il sentiero comincia a salire, raggiungendo l’Ischlerhütte.
Dall’Ischlerhütte all’Hochkogelhaus
(4,4 km – 360 metri di dislivello positivo – 2 ore circa)
La seconda tappa è relativamente breve, ma si parte la mattina prima dell’alba camminando sotto le stelle con una lampada frontale e ascoltando una delle tracce audio mentre il cielo si schiarisce lentamente e i pascoli lasciano il posto a sentieri più impervi. Dopo una breve discesa al rifugio Hochkogelhaus, il pomeriggio può essere trascorso rilassandosi un po’, in modo da recuperare le energie spese per la partenza anticipata, in vista del giorno successivo.
Dall’Hochkogelhaus all’Appelhaus
(11,1 km – 712 metri di dislivello positivo – 7 ore circa)
La terza tappa richiede decisamente più fatica, ben ricompensata dalla vastità del paesaggio lunare che ci circonda e dalla calorosa accoglienza dell’Appelhaus. La giornata è comunque accorciabile decidendo di fermarsi in uno dei due rifugi attraverso cui ci si trova a transitare: la Rinnerhütte, la cui capienza è però decisamente limitata, o la Wildenseehütte, un bivacco che viene dato in autogestione a chiunque ne faccia richiesta presso la locale sezione dell’Alpenverein.
Dall’Appelhaus alla Pühringerhütte
(10,4 km – 507 metri di dislivello positivo – 5 ore circa)
Durante la quarta tappa, i fenomeni carsici già assaporati il giorno precedente si mescolano alla perfezione con rigogliosi boschi di larice e abete rosso, pareti calcaree e – verso l’inizio dell’autunno – con il bramito dei cervi in amore. Arrivati in rifugio, ci aspetta una sorpresa: la gestione nepalese della cucina, il cui menù sa coniugare alla perfezione prelibatezze della tradizione asiatica a classici del Tirolo.
Dalla Pühringerhütte al Prielschutzhaus
(11,5 km – 600 metri di dislivello positivo – 7 ore circa)
La penultima tappa sembra quasi voler riassumere il cammino percorso fino a qui: il sentiero boschivo si fa deserto carsico, che a sua volta diventa una linea sinuosa, la quale, attraversando di netto ghiaioni regolari, porta alla forcella finale, magnifica finestra sulla Stodertal. Il ritorno del verde rigoglioso dei pascoli nei nostri sguardi ammirati è un delizioso piacere per gli occhi. Mentre scendiamo all’ultimo rifugio, la croce rossissima posta sulla cima del Großer Priel – che, con i suoi 2.515 metri, è la montagna più alta dei Totes Gebirge – risalta immediatamente sulla nostra sinistra, mentre la parete sud dello Spitzmauer, sulla destra, con le sue lunghe e affascinanti crode, ancora si nasconde.
Dalla Prielschutzhaus a Hinterstoder
(6,2 km – 820 metri di dislivello negativo – 3 ore circa)
Lo Spitzmaure si disvelerà soltanto al mattino seguente, mentre raggiungiamo Hinterstoder dopo una rinfrescante discesa fra boschi e cascate. È il lago di Schiederweiher, insignito nel 2018 del titolo di miglior location austriaca, ad accoglierci come in una cartolina ai margini della ridente cittadina, mentre sulla superficie delle sue acque i Totes Gebirge appena attraversati sembrano riflettersi per darci un ultimo saluto, dopo aver percorso 56 chilometri e 3.000 metri circa di dislivello positivo.
Prima di andare via
Riflettere è stato il leitmotiv dell’intero viaggio, caratterizzato da cieli plumbei e nebbia fitta, pioggia sottile e venti quasi patagonici. Un trekking, come detto all’inizio, che si dipana fra morbidi sentieri e deserti rocciosi, passando da un rifugio all’altro, quasi sempre sprovvisti di campo e wifi ma mai privi della possibilità di giocare infinite partite a backgammon. «Andare in montagna, in fondo, è un po’ come giocare a backgammon –, afferma Christoph Hüthmair, guida apina di Hinterstoder che ha anche prestato la propria voce ad alcune delle tracce audio del progetto. – Occorre prendersi dei rischi e minimizzarli per sopravvivere. Ricordarsi che la fortuna, nel giro di un lancio di dadi, può davvero cambiare tutto quanto ma che poi, per sapere come va a finire, bisogna sempre arrivare fino in fondo».
Sentiamo risuonare queste parole proprio in fondo al nostro cammino, nell’ultima veloce tappa che ci concediamo. Si tratta di una visita all’Alpineum di Hinterstoder, un museo dedicato alla storia locale della valle e ai suoi risvolti nel presente. Dall’economia agrosilvopastorale all’evoluzione alpinistica, passando per le modalità attraverso cui si è sviluppata la cultura dello sci che caratterizza anche oggi questa località – Hinterstoder ha ospitato infatti per anni le gare di Coppa del mondo di sci alpino – senza dimenticare l’avvento e l’affermazione del soccorso alpino come struttura organizzata e fondamentale. «Il 4 ottobre prossimo – racconta Angelika Diesenreiter, direttrice della struttura – inaugureremo l’allestimento temporaneo di quest’anno. È una mostra dal titolo “Tides of Change”, a cura di Anne Grim Hoyos, nella quale risuonano temi quali il clima, lo sradicamento, la memoria e il cambiamento culturale, affrontati dall’artista attraverso pratiche di pittura, arti visive e materiale d’archivio». Quattro temi cari anche al Great Space Walk, le cui audio-riflessioni spingono l’escursionista a guardarsi attorno, prima ancora che dentro, alla ricerca di possibili scenari futuri per una montagna capace di trasformare e di trasformarsi in continuazione. Una montagna, per questo motivo e a dispetto del suo nome, estremamente viva.