Il portafoglio pieno non è un lasciapassare per la montagna
Pedaggi, ticket, parcheggi dai costi esorbitanti: per molti amministratori il problema dell’overtourism si risolverebbe selezionando i frequentatori in base al censo. Una strada troppo facile. E che va nella direzione sbagliata
Quando si parla di sovraffollamento in montagna, spesso la soluzione proposta è semplice: selezionare gli accessi con pedaggi, ticket o liste d’attesa. In altre parole, trasformare il portafoglio in lasciapassare per le vette.
Un’idea tanto comoda quanto ingannevole. Non esiste alcuna garanzia che chi ha più denaro abbia anche più rispetto per la montagna, al contrario, le cronache raccontano ogni giorno come l’opulenza possa accompagnarsi a ostentazione, banalizzazione del paesaggio e disattenzione verso l’ambiente. Non di rado (non sempre eh) il portafoglio si accompagna a cafonaggine da coatto spiantato.
Davanti al rischio di affollamento, invece di misurare i frequentatori col metro del reddito, dovremmo chiederci se chi sale in quota sia predisposto a comprendere ciò che ha davanti.
Essere predisposti significa essere viaggiatori, non turisti. Significa adattarsi, osservare, essere curiosi e rispettosi nei comportamenti, nei cammini, negli incontri. Significa percepire la differenza radicale che separa la montagna dall’ordinario di città.
Il primo vero filtro non è economico, ma valoriale, evitare di ridurre la montagna a teatro del consumo, a vetrina da sfogliare. La vera priorità non è selezionare chi può permetterselo, ma accogliere chi possiede i codici del rispetto, come attenzione, capacità di ascolto, voglia di capire.
E soprattutto, evitare di spianare ogni dislivello, di abbattere la barriera della fatica in nome di un accesso universale che cancella la differenza tra valle e vetta. La montagna deve restare luogo in salita, non territorio omologato che riproduce sempre più in alto la città da cui si fugge.
Piccolo varco per chi non ascolta, di qualsiasi tasca. Porte aperte per chi sa fermarsi, nel silenzio della montagna ad intenderne la voce.
Si può cominciare con tanti piccoli gesti, a partire da chi vive e lavora in montagna, non con divieti, ma con gesti concreti che insegnino come si sale senza correre, come si ascolta senza gridare, come si rispetta senza pagare.