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Andare fuori traccia: il “greppismo” sembra fare tendenza

Nessun segnavia o segno di vernice. I greppisti sono i nuovi esploratori delle montagne, che risalgono camminando dove forse non è mai passato nessuno. Ce ne parla Giorgio Madinelli, uno dei suoi cultori

Possiamo definirlo un movimento silenzioso, che esiste da sempre, una tendenza a cui aderiscono uomini e donne che si muovono su tutte le Alpi e gli Appennini: è il greppismo.

Il nome è stato coniato alla fine degli anni Novanta da uno dei suoi praticanti più consapevoli, che ne ha fatto una vera e propria filosofia dell’andare in montagna, ispirata da principi ben precisi, il sessantasettenne friulano Giorgio Madinelli. Il neologismo è suo e deriva dal toscano “greppo” che significa pendio ripido, scosceso: la parola l’ha scoperta grazie a una canzone di Guccini, Vorrei, che parla dei greppi dell’Appennino. Il greppismo è una forma di escursionismo avventurosa ed esplorativa, che sceglie percorsi quasi sicuramente inesplorati, senza descrizioni precedenti e su terreni non tracciati: niente segnavia, niente bolli rossi, niente ometti, niente tagli nella vegetazione che possano indicare il percorso da seguire.

“I greppisti in sostanza – dice Madinelli – erano i primi esploratori delle Alpi, quelli che cercavano la via più semplice per salire in cima e che si facevano aiutare dai cacciatori locali. Come qui da noi in Alpi Giulie e Carniche faceva Julius Kugy con le sue guide”.

Una pratica silenziosa, senza palcoscenico e echi gratificanti sui media, condivisa tra selezionati appassionati. Un modo di andare in montagna che prevede anche tratti in cui usare le mani, senza però mai superare il secondo grado, perché l’impiego di qualsiasi ausilio tecnico per assicurarsi, in particolare corda e chiodi, non sono ammessi.

“Questa è la filosofia del greppismo – afferma Madinelli, che illustra e articola il suo pensiero citando sulla pagina web che ha dedicato a questa attività anche Dante e Manzoni, alla ricerca del significato profondo del termine greppo: “Manzoni lo dichiara senz’orma, intendendolo assolutamente non antropizzato; Dante lo assimila ad una bolgia infernale. Effettivamente chi si pone ad osservare il fianco ripido e dirupato di un rilievo perfuso di rocce e vegetazione ne ricava un senso di ripulsa: chi mai oserebbe mettere piede in quell’ambiente? Eppure sono stati proprio quei greppi i primi ad essere esplorati e percorsi dalle popolazioni di montagna per esercitarvi la caccia o per trovare l’accesso a valli o luoghi economicamente interessanti”.
Nel praticarlo bisogna fidarsi solo delle proprie capacità, con esperienza di terreni infidi, abilità di orientamento e osservazione, alla ricerca della via più semplice per salire. “Per me significa fare un’attività libera e povera (non a caso sul suo sito la definisce “il francescanesimo dell’alpinismo”) con fantasia e ardimento: spesso ci sono impedimenti e bisogna mettere sempre in conto il rischio di insuccesso e rinuncia, tornando indietro”. L’unico ausilio tecnico ammesso per salire sono i ramponcini, dove è presente la “leschia” (lescje in friulano/ loppa nel bellunese) ovvero la tipica erba secca e lunga sulla quale è quasi inevitabile scivolare, e l’unica sicurezza il caschetto.

Tutto il resto è affidato alle proprie capacità, con un netto distinguo rispetto all’alpinismo – praticato in passato dallo stesso Madinelli fino al quinto grado – che viene additato come “tipica manifestazione della modernità” nella sua ricerca continua del superamento delle difficoltà: “Per appagare il desiderio narcisistico della conquista – viene scritto sul sito – gli uomini si sono inventati tutta una serie di trucchi pur di vincere difficoltà sempre maggiori. Appena ci si è buttati sull’artificiale il mondo magico del rapporto puro e semplice, del confronto alla pari con la montagna è sfumato, definitivamente morto e sepolto. L’alpinismo è una attività tipica dell’uomo conquistatore della natura, e la sua ideologia è stata inculcata nelle generazioni quasi come un dogma invalicabile: è così che si fa, null’altro vale di più”.
Il prossimo 21 settembre verrà inaugurato il nuovo Sentiero delle creste tramontine a Tramonti di Sopra (PN), appuntamento a cui tutti i greppisti potranno prendere parte: l’escursione prevede un dislivello di 1900 metri e circa 12 ore di percorrenza, con partecipazione sotto la propria responsabilità. A questo nuovo “sentiero”, senza tracce, è dedicato un libro pubblicato da Madinelli per i tipi de La Chiusa, piccola casa editrice friulana. Sul libro si trovano indicati i sentieri principali della zona e vi è contenuta una indicazione di massima del percorso, per il quale è richiesto allenamento e molto “pelo sullo stomaco”.

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