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Bambini in montagna: come evitare capricci e farli divertire

Pochi accorgimenti bastano per trasformare una gita in un’esperienza speciale. Adeguarsi alle curiosità dei piccoli e farli diventare i protagonisti della giornata. Al loro ritmo.

Portare i bambini in montagna può essere una sfida: gambe corte, attenzione che svanisce in fretta, la tentazione di lamentarsi a ogni salita. Ma se l’escursione diventa un gioco e un’avventura, i più piccoli possono trasformarsi in veri compagni di cammino, curiosi e instancabili. Lo sa bene Anna Flumiani, laureata in Scienze Naturali ed Evoluzione del Comportamento Animale e dell’Uomo all’Università di Torino e Guida Escursionistica Ambientale. Con un piede nella scienza – ha una borsa di ricerca per la conservazione delle specie protette di farfalle – e l’altro nel mondo dell’educazione, Anna unisce competenze naturalistiche, passione per la fauna e la botanica e voglia di trasmettere a bambini e ragazzi la meraviglia della natura. Con lei abbiamo parlato di come camminare con i bambini in montagna senza forzarli, trasformando l’esperienza in un’occasione di scoperta, gioco e crescita.

Molti genitori si chiedono: come si fa a camminare con i bambini senza che diventi uno stress?
Credo che la chiave sia non pensare all’escursione come la pensiamo noi adulti. Noi guardiamo la meta, il dislivello, i tempi di percorrenza. Per i bambini invece conta il “qui e ora”. Non serve inventarsi chissà quali trucchi: la montagna è già di per sé un grande parco giochi. Bastano una pozzanghera, un ramo, una roccia da scalare per far nascere un’avventura.
Il segreto è lasciarli esplorare, permettere loro di deviare dal sentiero per osservare una formica o costruire una capanna di rami. In questo modo diventano protagonisti, non passeggeri da trascinare fino in vetta.

Quindi il gioco è lo strumento migliore per motivarli?
Assolutamente sì. Quella è la lingua madre dei bambini: attraverso il gioco conoscono il mondo, sviluppano competenze motorie, sensoriali e sociali. In montagna possiamo proporre piccoli giochi di osservazione – chi trova per primo un fiore giallo, una pigna, un sasso con la forma più strana – oppure inventare storie e trasformare il sentiero in una caccia al tesoro.
Ma attenzione: non è necessario organizzare attività ogni minuto. A volte è sufficiente stare al loro passo, seguire la loro curiosità. Se vogliono fermarsi venti minuti a guardare una cavalletta, quello è già un gioco, e ha un enorme valore educativo.

Dal tuo punto di vista di naturalista, quali benefici porta ai bambini stare a contatto con la natura?
Tantissimi. In primo luogo la natura stimola tutti i sensi: tatto, olfatto, vista, udito, perfino il gusto. I bambini imparano a muoversi su terreni diversi, a coordinare i movimenti, a sviluppare equilibrio.
Ma c’è anche un aspetto più profondo: l’istinto di biofilia, quella naturale attrazione che gli esseri umani hanno verso il vivente. I bambini sentono istintivamente questa connessione, e se li lasciamo liberi di viverla diventano più curiosi, più sicuri di sé, più capaci di adattarsi.

In che senso?
La natura è piena di imprevisti: un sentiero fangoso, una salita ripida, un temporale improvviso. Se vissuti in modo graduale e protetto, questi piccoli ostacoli insegnano ai bambini a non scoraggiarsi, a trovare soluzioni, a sentirsi competenti. Non dobbiamo proteggerli da ogni fatica, ma accompagnarli nel viverla e trovare modi alternativi di affrontarla. Solo così l’escursione diventa anche una scuola di vita.

Spesso i genitori hanno paura che i bambini si annoino. Come evitarlo?
Direi che la noia, in natura, non esiste. Se un bambino si annoia, forse significa che gli adulti non gli hanno dato tempo e spazio per esplorare. In montagna ogni metro può diventare interessante: una tana di formiche, un tronco caduto, una farfalla che svolazza.
Il compito del genitore è saper rallentare, osservare con loro, farsi sorprendere. Un escursionista adulto tende a dire “muoviamoci, dobbiamo arrivare al rifugio”. Con i bambini, invece, spesso la vera meta è il viaggio stesso.

Oltre al gioco, quali accorgimenti pratici consigli per camminare in serenità?
Per prima cosa è fondamentale partire con calma, senza avere l’ansia di rispettare i tempi da adulti: i bambini hanno un passo diverso e hanno bisogno di fermarsi più spesso, quindi la fretta rischia solo di rovinare l’esperienza. È utile anche mantenere una certa regolarità nei ritmi, alternando tratti di cammino a piccole pause, magari scandite da una merenda o da un momento per osservare qualcosa lungo il sentiero. Infine, credo sia importante preparare i bambini a quello che andranno a fare, raccontando in anticipo il percorso e magari facendo loro scegliere un dettaglio dell’escursione – come la meta del pranzo al sacco o un fiore da cercare lungo la via. In questo modo si sentono parte dell’avventura e non semplici “trascinati” dagli adulti.

Può essere utile far portare ai bambini un piccolo zainetto tutto loro durante l’escursione?
Assolutamente! Uno zainetto personale li fa sentire autonomi e responsabili. Possono portare acqua, fazzoletti, una giacca, una lente d’ingrandimento, un blocknotes o una piccola macchina fotografica per documentare ciò che li colpisce. Prima di partire, può diventare un gioco: scrivere insieme una lista di ciò che sperano di vedere e spuntare gli elementi lungo il percorso. Questo li aiuta a osservare, organizzare le proprie scoperte e sviluppare autonomia. In più, associare la montagna a sensazioni piacevoli – il profumo del bosco, il suono del ruscello, la vista di un panorama… – crea ricordi positivi che spesso si trasformano in passione per la natura da grandi.

Come mantenere alta la curiosità dei bambini durante camminate più lunghe?
La motivazione nasce dal divertimento e dal riconoscimento dei loro piccoli successi. Piccole sfide – trovare foglie diverse, osservare un uccello, completare un tratto del sentiero – stimolano attenzione e impegno. Raccontare storie o proporre mini-missioni ambientali, come raccogliere qualche rifiuto, li fa sentire protagonisti.

Cosa possiamo fare noi adulti per favorire questa connessione con la natura?
Prima di tutto dobbiamo rinunciare al controllo totale. Non è necessario che ogni spazio sia ordinato, recintato, privo di sorprese. I bambini hanno bisogno di luoghi un po’ “selvatici”, dove poter sperimentare. Poi dobbiamo imparare a dare valore a ciò che già esiste vicino a casa: un prato, un boschetto, una riva di fiume. Non serve sempre andare lontano o in alta quota. L’importante è creare occasioni perché i bambini possano toccare, esplorare, meravigliarsi.

In sintesi, quale consiglio daresti ai genitori che vogliono avvicinare i figli alla montagna?
Direi di partire senza ansia, con spirito di gioco e con la disponibilità a rallentare. La montagna non deve diventare una prova di resistenza, ma un’avventura condivisa. Se riusciamo a guardare il sentiero con gli occhi dei bambini, ogni escursione diventa un’occasione per scoprire la natura e scoprire anche noi stessi.

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