
Nei prati, sui pascoli e sulle rocce di montagna abbondano i fiori bianchi o perlomeno sono bianche gran parte delle loro corolle e delle loro infiorescenze.
Ci sono però rarissimi fiori che non solo l’osservatone attento, ma anche l’escursionista di passaggio si aspetterebbe vivacemente colorati, e invece appaiono candidi. Genziane bianche, rododendri bianchi, garofani bianchi, cardi bianchi e altre ancora. Sono le forme cosiddette albine. Sì, perché l’albinismo è un fenomeno che non interessa solo gli animali ma coinvolge anche le piante, anche se in quest’ultimo caso meno frequente e studiato.
In alcune specie animali si tratta di un adattamento del tutto naturale e utile per mimetizzarsi sui terreni innevati. È il caso dell’ermellino, della lepre variabile e della pernice bianca bianchi d’inverno e del colore del terreno d’estate. Altre volte invece nelle specie animali l’albinismo è una malattia congenita a carattere ereditario dovuta all’incapacità delle cellule di produrre melanina, sostanza che, come è noto, è responsabile del colore della pelle, dei peli e delle penne.
Una questione principalmente di genetica
L’albinismo dei fiori alpini, come in altre specie vegetali, si manifesta con la mancanza di pigmenti, causando una colorazione bianca o molto chiara dei fiori che normalmente avrebbero colori vivaci.
Imputata anche in questo caso è la genetica ma potrebbero essere coinvolte anche condizioni ambientali sfavorevoli. Certo, non ci viene facile pensare che in un mare di genziane di Koch solo un piccolo gruppetto di tre o quattro di esse sia bianco, in mezzo a tutte le altre, per aver risentito di condizioni ambientali sfavorevoli. Lo stesso pensiamo valga per una primula o un solo ramo di rododendro. Perché le eventuali condizioni ambientali sfavorevoli non avrebbero riguardato gli esemplari vicini ? In questi casi propendiamo per un errore genetico. Raccontò Rinaldo Zardini, insigne naturalista e paleontologo ampezzano, che una volta vide sulle pendici del Sasso di Stria nei pressi del Passo Falzarego, in un metro quadrato di prato, numerose piante albine appartenenti a specie diverse, ipotizzando che a renderle tali fosse stato un effetto indotto da una scarica elettrica. Ma egli stesso non escludeva nemmeno un’infezione virare generalizzata.
È bene chiarire che quando si tratta di un’anomalia genetica non ha nulla a che vedere con altre forme di malattie dei vegetali che producono decolorazione, dovute a parassiti o a sostanze nocive contenute nel terreno che le piante assorbono.
D’altra parte Rinaldo Zardini aveva anche osservato, in lunghi anni di ricerche floristiche, che gli esemplari albini sono sterili e quindi col tempo divengono sporadici.
Alcuni esempi
Nelle immagini che proponiamo nella gallery che accompagna questo articolo si può vedere il rododendro rosso ( Rhododendron ferrugineum) in versione candida, fotografato a 1900 metri di altitudine sul versante orientale del Passo Giau. E inoltre il garofanino di bosco (Dianthus monspessulanus) che nella forma normale ha i petali rosei. E ancora la primula minima (Primula minima) dove fiori albini affiancano altri di colore rosso-rosato. Anche l’erica carnicina (Erica carnea) può presentare raramente infiorescenze albine, così come il cardo rosso ( Cardus nutans) fotografato ai primi di agosto a Fodara Vedla, sulle Dolomiti. E come detto sopra anche la genziana di Koch (Gentiana kochchiana). Una delle orchidee più diffuse in montagna è la manina rosea (Gymnadenia conopsea) qui nella forma albina invece che di colore rosso-violaceo.
Sono solo alcuni esempi piuttosto evidenti e come tutte le rarità hanno il loro fascino.