Un codice per entrare nei bivacchi? La proposta della guida Pasquale Iannetti
L’esperta guida alpina teramana, insieme all’ingegner Giovanni Granati, propone che la nuova struttura del bivacco Bafile sia accessibile solo a chi ha prenotato, o con un codice di emergenza. Si attende la risposta del CAI e del Parco
Fréboudze, Hess, Lampugnani, Brenva. Cent’anni fa, nell’estate del 1925, i soci del CAAI, il Club Alpino Accademico Italiano, installavano nei luoghi più selvaggi del Monte Bianco i loro primi “bivacchi fissi” a semibotte.
Erano scatolette di legno e metallo di 2,25 per 2 metri di base, alte 1,25 metri, prive di cuccette e senza alcuna attrezzatura. Prefabbricate, smontabili, facili da trasportare a spalla, offrivano una notte più comoda di un bivacco all’aperto. In caso di bufera, però, potevano salvare delle vite.
Da allora i bivacchi si sono moltiplicati, e sono diventati un po’ più confortevoli. I quattro posti sul pavimento hanno lasciato il posto a sei cuccette, e poi alle nove delle strutture modello Apollonio. Dal Bianco hanno raggiunto tutto il versante italiano delle Alpi, inclusi i valloni più aspri delle Dolomiti. Qualcuno è arrivato anche sull’Appennino.
Tra questi il bivacco Andrea Bafile, un nido d’aquila tra le rocce del Corno Grande del Gran Sasso, dedicato a un eroe della Grande Guerra, che la Sezione dell’Aquila del CAI ha inaugurato nel 1966 a 2699 metri di quota. A installarlo, tra gli altri, alcuni dei migliori alpinisti aquilani di sempre, da Domenico Alessandri a Domenico D’Armi.
In pochi anni, la sagoma rossa del Bafile, ben visibile dal Corno Grande, è diventata un’icona del Gran Sasso. Per raggiungerlo era necessario seguire un esposto sentiero alpinistico, con tratti di I e II grado, facilitato solo da una scaletta e pochi metri di corde e mancorrenti. Poi, per iniziativa del Parco, il percorso è stato quasi interamente attrezzato. E sono iniziati i problemi.
“Il Bafile è nato come punto d’appoggio per gli alpinisti, ma ormai quasi nessuno dorme lì prima di affrontare le pareti vicine. E’ diventato una meta per gli escursionisti, che vogliono cimentarsi con la ferrata che lo raggiunge. Il problema è che, sempre più spesso, i visitatori si sono trasformati in vandali” spiega Pasquale Iannetti, guida alpina di Teramo, che ha accompagnato decine di volte al bivacco i soci dell’associazione Teknoalp.
Nel 2024 la storia del Bafile si è interrotta. La struttura, danneggiata dal vento, è stata chiusa da un decreto della Prefettura, e poi rimossa dal CAI con l’ausilio di un grande elicottero dei Vigili del Fuoco.
Mentre il vecchio bivacco verrà restaurato e trasformato in monumento, sul Corno Grande ne verrà installato uno nuovo, già finanziato dalla Regione Abruzzo. Le discussioni in corso tra il CAI nazionale e dell’Aquila, la Soprintendenza e il Parco del Gran Sasso e Monti della Laga fanno pensare che l’iter non sarà breve.
La proposta contro i vandalismi
Il tempo a disposizione, però, consente di riflettere sulle caratteristiche del nuovo Bafile. Pasquale Iannetti, negli ultimi mesi, ha sottolineato più volte l’importanza di evitare vandalismi. La sua prima proposta, respinta dal CAI aquilano, era di spostare il bivacco più in alto, lasciando un passaggio non attrezzato su roccia in grado di fare da filtro.
La seconda, contenuta in una mail spedita il 4 giugno a Ugo Marinucci, presidente del CAI dell’Aquila, contiene un suggerimento diverso. “Per evitare che il bivacco venga vandalizzato nuovamente da persone che non lo utilizzano per gli scopi di ricovero o di appoggio per le salite alpinistiche sulle pareti del Corno Grande, consiglierei di chiuderlo con una porta blindata che si possa aprire solo a determinate condizioni” scrive Iannetti.
“La Sezione, dietro richiesta, potrà fornire l’accesso al bivacco previa prenotazione e comunicare il codice per l’accesso tramite tastiera. Chi invece ne avesse bisogno per un’emergenza, potrà premere un pulsante collegato con la centrale operativa del 118 e dopo aver dato le proprie generalità, ottenere il codice che apre la porta” continua la guida alpina di Teramo.
La proposta di Iannetti si basa su un progetto dell’ingegner Giovanni Granati, titolare di Innovative Technology Srl ed esperto di sistemi controllati a distanza. “E’ stato sviluppato un sistema di accesso controllato e automatizzato, finalizzato a preservare l’integrità della struttura e a consentirne un uso esclusivo e regolamentato” spiega Granati nella relazione allegata alla mail di Iannetti.
“Il sistema prevede una gestione remota tramite applicazione dedicata. Gli utenti che effettueranno una prenotazione riceveranno un codice personale univoco, da utilizzare per accedere al bivacco. L’accesso sarà consentito mediante porta blindata automatizzata, dotata di tastiera numerica, che si sbloccherà al corretto inserimento del codice”.
E in situazioni di emergenza? “Per garantire la massima sicurezza anche in questi casi, il sistema sarà dotato di un codice generico di soccorso (per esempio 2222), attivabile in caso di reale necessità” prosegue l’ingegner Granati. “L’inserimento del codice comporterà l’apertura immediata del bivacco e l’invio automatico di una segnalazione al Soccorso Alpino e alle Forze dell’Ordine”.
“Il sistema – aggiunge Giovanni Granati, che abbiamo contattato per telefono – sarà autosufficiente dal punto di vista energetico, grazie a uno o più pannelli solari. A garantire la connessione sarà una connessione 4G. La soluzione ideale, però, sarebbe un sistema radio a lunga distanza (LoRa), che permetterebbe il funzionamento della rete anche senza router o infrastrutture di rete tradizionali”.
Secondo l’ingegnere, il rischio di interruzioni del sistema causate da fulmini o bufere di vento non esiste. Com’è ovvio, prima di essere avviato, il sistema avrebbe bisogno di essere certificato. L’installazione di una telecamera di sorveglianza, invece, porrebbe problemi di privacy.
La guida Pasquale Iannetti e l’ingegner Giovanni Granati spiegano di non essersi ispirati a strutture già esistenti, come la Capanna Solvay, 4003 metri sulla via normale svizzera del Cervino (utilizzabile sono in emergenza, sempre aperta, dotata di telecamera e collegata via radio alla sottostante Hörnli Hütte).
Un altro esempio interessante è il nuovo rifugio-bivacco Tito Zilioli, 2236 metri, installato dal CAI di Ascoli Piceno sul sentiero che sale al Monte Vettore, sui Sibillini. Qui gli escursionisti che hanno prenotato ricevono un codice di accesso. Non è previsto un accesso di emergenza alla struttura principale, ma c’è un ricovero sempre aperto, che versa purtroppo in condizioni di degrado.
I bivacchi del CAAI e delle Sezioni del CAI, dal 1925 ai nostri giorni, sono stati sempre lasciati accessibili e aperti. In alcune zone, però (pensiamo alle Alpi Marittime, o al rifugio Duca degli Abruzzi del Gran Sasso, non lontano dal Bafile), l’accesso è stato consentito per decenni solo a chi ritirava le chiavi in fondovalle o al CAI.
Oggi, nel mondo della montagna, l’attenzione alla sicurezza si aggiunge a una litigiosità che non di rado porta ad accuse e querele su cui deve decidere la Magistratura. Vale la pena tutelare con un sistema come quello proposto da Granati e Iannetti la purezza del bivacco Bafile, o non è meglio ricorrere agli inviti alla pulizia e a qualche intervento di ripristino ogni tanto?
La questione riguarda la Sezione dell’Aquila del CAI, il CAI nazionale e la sua Commissione rifugi, e tutti gli appassionati di mont agna. Un grazie di cuore va a Iannetti e Granati per la proposta: discutere di questi temi è sempre utile.