“No fall lines”: il nuovo, grande, libro dedicato ai protagonisti dello sci estremo
Più di cento incontri con i protagonisti di una disciplina emozionante sono alla base di un volume che non dovrebbe mancare nella libreria di ogni appassionato
È appena uscito l’atteso lavoro di Giorgio Daidola dedicato alla storia dello sci, della pratica del discesismo su pareti e canali “dove è vietato cadere”: No fall lines (Mulatero Editore, 39 euro, pp.351). Un tomo di grande formato con copertina rigida e foto all’altezza degli spazi, che raccoglie con il rigore dello storico e l’approccio curioso del grande appassionato, una galleria di interpreti di quell’attività sportivo-estetica così difficilmente misurabile, nonostante le diverse scale di valutazione esistenti, come lo sci estremo/ripido.
Una storia fatta di pagine bianche, di fazzoletti di neve sospesi su angolazioni vertiginose. Quasi un’arte, declinata attraverso una pluralità di voci intercettate ad una ad una dall’autore durante tre anni intensi di interviste e raccolta di materiali, viaggiando attraverso le Alpi per incontrare i protagonisti quasi sempre faccia a faccia o durante una gita condivisa sci ai piedi. Daidola, 81 primavere e ancor tanta voglia di avventure in giro per il mondo è stato fino al marzo 2025 professore all’Università di Trento, Dipartimento di economia e management, dove ha insegnato per cinquant’anni. Telemarker dal 1982, direttore tra 1985 e 2001dell’annuario Dimensione sci e autore di numerosi articoli sulle più prestigiose riviste di outdoor, nel 2016 ha scritto Ski Spirit il racconto dell’essenza del viaggiare sulle due tavole in giro per il mondo, che ha ottenuto il Premio Gambrinus e nel 2019 Sciatori di Montagna.
No fall lines è il libro che mancava per gli appassionati di neve, scialpinismo e discese sospese. Racconta di linee effimere ed estetiche lungo le quali è vietato cadere e di stili di vita all’insegna della pura libertà, di desiderio, azione e bellezza senza filtri. Di funamboli della neve, che scivolano su pareti bianche tra salti di roccia senza rete di protezione. Di luoghi dove le vertigini non sono ammesse e dove la sicurezza si basa sulla capacità di vincere la forza di gravità grazie ad un sopraffino controllo di sistemi muscolari, equilibrio e baricentro.
Una galleria di ritratti, più di cento, pulsanti di passione: quella dei protagonisti raccontati e quella dello stesso intervistatore che, con un metodo rigoroso e la competenza di chi ha vissuto l’epoca d’oro dello sci “estremo”, riesce a rendere ogni intervista unica, facendo emergere le peculiarità tecniche e la personalità di ogni sciatore. Ciascuno interprete di una scelta di vita non omologata, diversa da quella che ogni genitore si aspetta per i propri figli.
“E invece l’abbiamo cambiata – dice Stefano De Benedetti, uno dei grandissimi dello sci estremo, che firma la prefazione – abbiamo scelto la sfida, l’incertezza, la passione, il fuoco: la montagna. Ognuno la sua. Che pienezza”.
L’indagine di Daidola è la cartina di tornasole di un’attività con interpreti fra loro diversissimi per formazione e biografia, nati in continenti diversi e alla ricerca di pendii e canali in ogni parte del mondo. Da una parte all’altra delle Alpi, dall’America all’Australia, dal ripido canale nella piccola valle dietro casa agli Ottomila.
E che dire delle donne? Finalmente integrate tra le pagine nella successione dei decenni e dei luoghi, e non “ghettizzate” in una sezione a parte, le protagoniste emergono ben connotate e animate dalla stessa febbre, dallo stesso coraggio e intraprendenza dei colleghi maschi.
Un elogio va fatto agli “apparati” che integrano il nocciolo duro del lavoro: un capitolo che sottolinea le differenze tra le definizioni di estremo, ripido, freeride; un capitolo introduttivo sui primordi della prima metà del Novecento; un capitolo sul ripido a tallone libero; due appendici sulla valutazione delle difficoltà e l’evoluzione delle attrezzature; una parte bibliografica distinta in libri, articoli, filmografia e litografia; e infine l’indice dei nomi per agevolare la consultazione, l’indice delle linee anche raggruppate per massiccio/ area geografica.
Giorgio, hai raccolto un patrimonio di esperienze e vite che rischiava di andar perduto, perché se la storia dell’alpinismo ha i suoi récit d’ascension fin dagli esordi, non si può dire lo stesso per lo sci, che ha ancora molte pagine bianche.
In effetti la storia dello sci ripido era ferma ai volumi di Potard (Skieurs du ciel) e di Colonna/Perini (Uomini e neve) di ormai più di dieci anni fa e da allora di cose ne sono successe! Pur trattandosi di volumi molto belli, davano una visione parziale della storia, decisamente francofona quella di Potard, indirizzata al freeride quella di Colonna/ Perini. Un discorso a parte merita Wild Snow di Lou Dawson sul ripido americano, che però si ferma al 1997. Certamente la mia non è una storia completa: sono tanti quelli che meritavano un’intervista approfondita e non un solo cenno.
Hai fatto un grande passo, quello di inserire le donne “nella storia” senza “ghettizzarle” in una sezione a parte.
L’ho fatto grazie al confronto con le stesse intervistate – a questo proposito consiglio di leggere nel libro cosa risponde Aurélia Lanoe alle mie domande – e grazie ai consigli di Leonardo Bizzaro e Linda Cottino.
Ci sono delle differenze di fondo tra alpinisti e sciatori?
La risposta non è facile. Molti grandi sciatori da ripido sono stati prima degli sciatori e poi sono diventati degli alpinisti e questo è provato dai fatti. Alcuni sono diventati prima guide alpine e poi sono stati soprattutto sciatori. Tutto dipende cosa si intende per sciatori, molti sciatori del ripido provengono dal mondo dello sci. Ma non è detto che degli alpinisti si mettano necessariamente a fare sci ripido.