Il suo nome, in sanscrito, significa “dea dell’abbondanza”. Ed è stato il primo ottomila conquistato dall’uomo. Ma l’Annapurna resta un gigante stregato, il più infido di tutti gli ottomila: inghiotte quasi il 60 per cento degli scalatori che attraversano i suoi pendii.
Con i suoi 8.091 metri l’Annapurna I è la cima più alta di un imponente massiccio montuoso che si incunea fra le due profonde valli della Kali Ghandaki e del Marsyangdi Khola, nel Nepal centrale, e domina un territorio estremamente vario sia dal punto di vista naturale che umano. Il centro abitato più vicino è Pokhara e l’aeroporto quello di Kathmandu, Nepal.
Il massiccio – lungo circa 55 chilometri – comprende anche l’Annapurna II di 7.937 metri, l’Annapurna III di 7.555 metri, l’Annapurna IV di 7.525 metri, il Gangapurna di 7.455 metri, l’Annapurna Sud di 7.219 metri e il Machapuchare di 6.993 metri.
I ghiacciai dei pendii occidentali e nord-occidentali della montagna sono le sorgenti del fiume Kali Gandaki, che attraversa l’Himalaya formando una delle gole più profonde del mondo.
La prima salita alla cima dell’Annapurna I risale alla primavera del 1950, opera di una spedizione francese condotta da Maurice Herzog che arriva in vetta con Louis Lachenal dal versante Nord. I due alpinisti pagano a caro prezzo l’essere entrati nella storia dell’alpinismo, ma questa storia ve la racconteremo la prossima settimana.
Dopo la conquista dell’Annapurna, da tutto il mondo partono spedizioni alpinistiche dirette alle altre cime di ottomila metri. Ma bisogna aspettare vent’anni perché altri passi umani calchino la vetta del gigante himalayano: è infatti il 1970 quando la spedizione inglese di Chris Bonington sale la montagna dal versante Sud con Don Whillans e Dougal Haston.
Nel 1978 raggiungono la vetta Irene Miller e Vira Komarkova della spedizione americana guidata da Arlene Blum, passata agli annali per essere composta da sole donne. Nel 1987 i polacchi Jerzy Kukuczka and Artur Hajze compiono la prima invernale su un ottomila scalando l’Annapurna I nel mese di febbraio.
Oggi, l’Annapurna resta l’ottomila più temuto dagli alpinisti, che spesso lo lasciano come ultima prova da superare per arrivare al traguardo dei 14 ottomila. Le condizioni atmosferiche spesso particolarmente avverse, nonchè frequenti abbondantissime nevicate, rendono infatti questa montagna una delle più pericolose dell’arco himalayano.
La conformazione dei suoi pendii è particolarmente incline alle valanghe e al crollo di seraccate che nella storia hanno inghiottito numerosi scalatori. Solo nel 2005, per 103 vette sono state perse 56 vite umane. Una di queste tragedie ha coinvolto l’alpinista altoatesino Christian Kuntner, che stava compiendo il tentativo di vetta al suo 14esimo ottomila.
Uno dei tratti più pericolosi è la zona della cosiddetta “falce” (nella foto), un vero e proprio labirinto di seracchi situato sul versante Nord tra i 6.600 e i 7.000 metri. I mesi ideali per la scalata alla vetta sono i mesi lontani dal periodo monsonico: aprile e maggio, ed eventualmente ottobre.