Film

Arriva nelle sale Fiore Mio, il nuovo film di Paolo Cognetti 


Lo scrittore milanese è tornato a misurarsi con il grande schermo. Il Monte Rosa, con i suoi scenari e i suoi abitanti, è ancora protagonista

“Questo film non parla di come possiamo salvare la montagna.
Parla di come la montagna potrebbe salvare noi”

Paolo Cognetti

Siamo in Valle d’Aosta, ai piedi del Monte Rosa: una montagna il cui nome, in lingua titsch, significa “ghiaccio”. È proprio nella dimensione del ghiaccio che inizia il racconto di Fiore Mio (2024), scritto e diretto da Paolo Cognetti. Dopo il successo de Le otto montagne – tratto dal suo omonimo romanzo e diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, vincitore del Premio della Giuria a Cannes 2022 – Paolo Cognetti torna al cinema con Fiore Mio: un’opera che esplora il Monte Rosa in modo personale e autobiografico.

Il film è nato da un’esperienza documentaristica in Canada e Alaska: quella di Sogni di Grande Nord (2021, diretto da Dario Acocella), che ha spinto Cognetti a collaborare con una troupe composta da amici e professionisti già noti, come il direttore della fotografia Ruben Impens. Dopo aver toccato il Monte Rosa già nel precedente documentario, Cognetti con Fiore Mio tenta quindi di avvicinarsi ancora di più allo spettatore raccontando in modo intimo la “sua” montagna. Nel documentario infatti il Monte Rosa non è solo un luogo geografico, ma diventa uno spazio del sentire e della comprensione, che l’autore osserva attraverso le esperienze delle persone incontrate lungo il suo cammino.

Cosa rappresenta per loro il Monte Rosa? Qual è la loro esperienza della montagna, soprattutto in un contesto di cambiamenti climatici che stanno erodendo i ghiacciai e trasformando il paesaggio a loro caro?

L’origine del nome Monte Rosa è una delle prime curiosità che il documentario svela, dando subito corpo al tema centrale del film. “A Milano pensano che il Monte Rosa si chiami così perché è rosa…”, scherza Cognetti con un vecchio amico.  

Il ghiacciaio, come “animale morente”, è uno dei protagonisti silenziosi del film, simbolo di cambiamento e riflessione. Fiore Mio prende avvio dall’elemento del ghiaccio, ma si intreccia anche con quello dell’acqua: durante l’estate del 2022, segnata da una grave siccità, Cognetti vive per la prima volta l’esaurimento della sorgente della sua casa a Estoul, un piccolo borgo a 1700 metri di quota.

Questo evento – la mancanza d’acqua – costituisce la premessa narrativa di Fiore Mio. Sebbene inizialmente risulti un elemento piuttosto debole, il documentario abbandona presto questa linea per concentrarsi su temi più ampi. La struttura narrativa è libera e riflette, nel ritmo e nei contenuti, il vagabondare di Cognetti, che non si pone l’obiettivo di giungere a una verità univoca, ma piuttosto di raccogliere e restituire prospettive diverse. Come ha affermato lo stesso Cognetti, la struttura narrativa del film si è infatti evoluta durante le riprese, sfruttando la spontaneità del documentario rispetto al film di finzione (ad esempio la voce narrante, presente in una prima versione, è stata tolta a favore di una narrazione meno schematica).

Quali sono, dunque, queste prospettive? Sono quelle di chi, la montagna, la vive ogni giorno. Durante il suo cammino, Cognetti dialoga con persone incontrate nei rifugi come l’Orestes Hütte (2625 m), il Rifugio Mezzalama (3036 m) e la Capanna Quintino Sella (3585 m). Le conversazioni non seguono la forma classica dell’intervista, ma si presentano come frammenti di vita, in cui l’autore filma sé stesso mentre interagisce con i suoi interlocutori, invitando lo spettatore a immergersi nella spontaneità di questi scambi e nei piccoli momenti di quotidianità.

Accompagnato dal fedele cane Laki, Cognetti ci introduce a persone come Remigio, amico di una vita, nato e cresciuto in Val d’Ayas, profondo conoscitore della valle e custode della sua memoria. Incontriamo Arturo Squinobal, alpinista di lunga esperienza il cui volto porta i segni delle montagne, e sua figlia Marta, che ha trasformato l’Orestes Hütte nel primo rifugio vegano delle Alpi. Troviamo Corinne e Mia, donne dei rifugi che accolgono i viandanti con il sorriso di chi ama il proprio lavoro. C’è Sete, uno Sherpa che ha scalato tre Ottomila – Everest, Manaslu e Dhaulagiri – e si divide tra Italia e Nepal, dove vive la sua famiglia. D’estate e d’inverno lavora qui, mentre in primavera e autunno guida trekking sull’Himalaya.  

La colonna sonora di Fiore Mio è a cura di Vasco Brondi.

Fiore Mio arriverà nelle sale italiane il 25, 26 e 27 novembre (elenco sale a breve su nexostudios.it)

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