Ambiente

I 469 cervi d’Abruzzo sono salvi. Almeno per questa volta

Niente caccia al cervo in Abruzzo per la stagione venatoria 2024-’25. Lo ha deciso il Consiglio di Stato, accogliendo lunedì 11 novembre il ricorso presentato da WWF, LAV e LNDC Animal Protection

La sentenza del Consiglio di Stato, l’organo supremo della giustizia amministrativa italiana, è stata annunciata l’11 novembre. Conferma quella provvisoria presa a ottobre, e ribalta invece la decisione del TAR di Pescara che si era espresso a favore del “prelievo” venatorio ai danni di 469 animali, maschi e femmine, compresi i cuccioli di meno di un anno di età. 

Secondo il Consiglio di Stato, restano possibili “misure per la prevenzione degli incidenti stradali, come l‘installazione di reti e la realizzazione di attraversamenti faunistici”. Tra i motivi del no della caccia, anche la “mancanza di monitoraggi faunistici adeguati”. 

A deliberare l’apertura della caccia al cervo, qualche mese fa, era stata la Regione Abruzzo, che aveva poi incaricato gli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia) di stabilire il prezzo che i cacciatori, abruzzesi e non, avrebbero dovuto pagare per ogni abbattimento. Per molti, questa scelta è sembrata un inchino alle lobby venatorie, forti in Abruzzo come in tutte le regioni italiane. 

Accanto alle associazioni ambientaliste e animaliste, e a una buona fetta della popolazione (la petizione contro la caccia è stata firmata da 136.000 persone), sono intervenuti a favore dei cervi molti abruzzesi famosi. Uno di loro, il musicista Franz Di Cioccio, leader della PFM, ha invitato più volte Marco Marsilio, presidente della Regione, a ritirare il provvedimento. 

Pochi giorni dopo la decisione della Regione Abruzzo, la Riserva dell’Abetina di Rosello (che è un ente regionale dell’Abruzzo), in provincia di Chieti e sul confine con il Molise, si era dichiarata pronta a ospitare immediatamente 40 degli animali considerati in eccesso e quindi da eliminare, concentrati soprattutto nell’Aquilano. 

“La gioia per questo risultato è immensa. Mai come in questo caso abbiamo sentito l’affetto e il sostegno dei cittadini” ha dichiarato all’ANSA l’avvocato Michele Pezone, che ha curato il ricorso al Consiglio di Stato. 

“La Regione era inadempiente da anni sull’obbligatorio monitoraggio del proprio Piano faunistico venatorio nell’ambito della Valutazione Ambientale Strategica, e avrebbe dovuto monitorare le azioni di prevenzione del bracconaggio e il disturbo alla fauna derivante dall’attività venatoria” ha aggiunto Augusto De Sanctis, ex-presidente del WWF Abruzzo, in prima linea nella battaglia contro l’apertura della caccia. 

Reintrodotto in Abruzzo negli anni 70

E’ interessante ricordare che il cervo, nei primi decenni del Novecento, non esisteva più sui monti e nei boschi dell’Appennino centrale. A riportarlo nell’allora Parco Nazionale d’Abruzzo, e poi anche sulla Maiella e in altre zone, è stato il Corpo Forestale dello Stato nei primi anni Settanta. 

Un’operazione storica, ricordata da una celebre foto dei cervi, liberati sulla riva del Lago di Barrea, che traversano il bacino a nuoto in direzione del Monte Greco. Nell’ultimo mezzo secolo, l’aumento del numero dei cervi ha consentito l’aumento dei lupi, e ha ridotto la loro pressione sulle greggi, rendendo più facile il lavoro dei pastori. 

Negli anni, la presenza dei cervi è diventata un’attrattiva importante in tutte le aree protette dell’Abruzzo e delle regioni vicine, soprattutto a settembre e a ottobre, nella stagione dei bramiti e dei duelli tra i maschi. Le escursioni per l’osservazione dei cervi, da tempo, sono diventate una parte importante del lavoro degli accompagnatori di media montagna e delle guide ambientali escursionistiche. 

 A Villetta Barrea, il “paese dei cervi”, maschi e femmine della specie passeggiano tranquillamente in paese, e si radunano numerosi tra il lago artificiale e il paese, spesso assediati da fotografi e curiosi. Lo stesso accade a Villalago, a Pescasseroli, a Scanno e in molti centri della Maiella, del Gran Sasso, del Velino-Sirente e dei Monti Simbruini. 

“Non voglio negare i problemi che crea il cervo (e ancor di più il cinghiale), sia per l’agricoltura, sia per la sicurezza stradale. Esistono però alternative all’abbattimento: una campagna di sterilizzazione delle femmine, fornitura agli agricoltori di recinzioni elettrificate a basso voltaggio, sedazione e trasferimento in aree che possano sopportare il numero, in fondo esiguo, degli esemplari in eccesso” spiega Vincenzo Brancadoro, ex-presidente della Sezione dell’Aquila del CAI.

“L’Abruzzo ha bisogno di ben altra visione, di prospettiva, ha una natura meravigliosa che già è e potrebbe diventare ancora di più un potente attrattore turistico, ben più del turismo della neve o della costa adriatica. Per un territorio che si autodefinisce “Regione verde d’Europa”, la scelta di eliminare parti di biodiversità è miope e folle” conclude Brancadoro. 

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