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L’affascinante storia della Strada di Alemagna, dal 1832 porta d’accesso di Cortina d’Ampezzo

Croce e delizia degli automobilisti diretti a Cortina, all’epoca della costruzione era considerata un capolavoro, degna degli imperatori che vi transitavano. Sostituì, ma non del tutto, la Strada Regia. In vista delle Olimpiadi cambierà ancora. Ma non troppo

C’è una strada che ha un nome antico, altamente evocativo, perché ricorda i secolari interscambi che avvenivano tra il Bel Paese e il mondo tedesco. È la strada di Alemagna, che ancor oggi conserva questo nome. Attraversa le Dolomiti passando dalla pianura veneta al Sudtirolo. In tempi moderni davanti al nome è stato aggiunto un numero: Strada Statale 51 di Alemagna. E subito si pensa a Cortina d’Ampezzo, al Cadore, ai boschi, alle cime e ai panorami del suo tratto verso Dobbiaco, in Val Pusteria, perché è di là che passa.

Ebbene, quella strada resta ancor oggi la principale direttrice per raggiungere la città olimpica, Cortina d’Ampezzo, appunto, che fu tale nel 1956 e che lo sarà nuovamente dal 6 al 22 febbraio 2026. 

Sono in atto, proprio in vista delle Olimpiadi, notevoli lavori (che per la verità avrebbero dovuto essere già pronti per i Campionati del Mondo di sci del 2021) per migliorarne la percorribilità e la sicurezza, con la costruzione delle varianti di Tai, San Vito e Valle di Cadore. Altri ponti e gallerie sono stati realizzati negli ultimi decenni del secolo scorso che ne hanno fluidificato in alcuni settori il transito e alleggerito la sequela di curve. E fino all’uscita di Pian di Vedoia (Ponte nelle Alpi) è l’autostrada A27 a intercettare la maggior parte del traffico. Ma sta di fatto che lo sviluppo di quella strada, per la maggior parte del suo percorso dolomitico, è lo stesso disegnato per l’Imperatore d’Austria Francesco I, che la volle e l’inaugurò nel 1832. Con le opere in corso raggiungere il Cadore e Cortina sarà di sicuro un po’ più veloce, ma l’orografia dei luoghi attraversati prevede ancora di mettere in conto una buona dose di pazienza, soprattutto nei periodi di punta. 

Nata per carrozze e cavalli

Diciamo subito che quando la strada di Alemagna venne costruita era una delle direttrici più importanti dell’Impero asburgico. Non bisogna dimenticare che allora ci si muoveva solo a piedi, a cavallo o in carrozze e su carri al traino dei cavalli. E la nuova arteria era la più breve e miglior via di comunicazione con il Regno Lombardo-Veneto, sottoposto all’Impero austriaco. Un’opera mirabile per realizzare la quale scesero in campo i migliori ingegneri dell’epoca. Tra questi Giuseppe Malvolti, Ermenegildo Francesconi (uno dei più autorevoli tecnici del XIX secolo), Carlo Gheda, poi nominato conte nel 1851 dall’imperatore Francesco Giuseppe con la trasformazione del suo nome in Karl von Gheda (resterà nella storia per aver trovato la soluzione per costruire la prima ferrovia di montagna del mondo, quella del Semmering in Austria). E va aggiunto anche quel Luigi Negrelli, incaricato di seguire i lavori nel tratto della strada attraverso il Cadore, scippato del suo progetto per la costruzione del Canale di Suez nella famosa vicenda che lo vide opposto all’ingegnere francese Ferdinand de Lesseps che se ne attribuì il merito. Grandi nomi quindi per la strada di Alemagna, da Conegliano a Dobbiaco, 134 chilometri, con larghezza mai inferiore ai sei metri, con pendenza costante e quasi per intero su sede nuova rispetto alla vecchia Strada Regia. 

Tra i tratti più spettacolari e ingegneristicamente più arditi della strada di Alemagna, dove tutt’oggi si passa, vi è senza dubbio quello per aggirare la rocca di Botestagno a nord di Cortina che risolse quello che per secoli fu il cruccio di tutti i viaggiatori in transito tra la Germania e Venezia. Venne sbancata la roccia con le mine realizzando curve esposte a picco sul torrente Boite. Ancor oggi è uno dei punti più delicati. Un’altra grande opera fu la Cavallera incisa nella roccia, tra Perarolo e Tai di Cadore, un’ardita costruzione ingegneristica con la carreggiata sostenuta da archi e muri di contenimento di aspetto ciclopico. La Cavallera venne utilizzata fino al 1985 quando sul Piave venne costruito il Ponte Cadore sospeso a 180 metri d’altezza. Ma torna ancor oggi utile in casi di emergenza e durante la chiusura temporanea del ponte per lavori di manutenzione. 

La Strada Regia

Dicevamo della vecchia Strada Regia, perché certo, in Cadore e a Cortina si giungeva anche prima della costruzione dell’Alemagna. Ma quella era una strada medioevale (chiamata Strada Regia dal 1614 conformemente alle delibere del Maggior Consiglio della Repubblica di Venezia) larga approssimativamente un paio di metri, percorsa da viandanti, carovane di mercanti, pellegrini, principi vescovi, capitàni di ventura, eserciti, mendicanti. Un percorso tortuoso, spesso pericoloso, funzionale alle esigenze del territorio, dove a contare di più era la possibilità di raggiungere ospizi, osterie, monasteri, castelli, con percorsi meno rettilinei e meno curati. Una strada lungo la quale si è scritta la Storia. Basti pensare a Tiziano che la percorse per tornare nel suo Cadore, alle battaglie dei veneziani contro l’esercito dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo, ai capitani di ventura, ai commercianti che salivano a Perarolo per contrattare il legname poi fluitato su zattere lungo il Piave fino a Venezia, che ha costituito la principale risorsa per il suo Arsenale e per le fondamenta della città.

La costruzione ottocentesca dell’Alemagna fu un vero cambio di passo, nonostante come dicevamo, fosse stata pensata per carrozze e cavalli. Ma quelle curve esposte di Botestagno ancor oggi sopportano il passaggio dei Tir e tutto il traffico turistico. I nuovi interventi in corso elimineranno alcune strozzature per il convulso traffico odierno ma non cancelleranno la storia di una strada a cui continuano ad aggiungersi altri capitoli. 

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