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Il nuovo nome del bivacco del Vallone del Dragonet riunisce la storica cordata Campia – Gandolfo

Posto a 1.847 metri di quota, in Valle Gesso, il bivacco è raggiungibile con un’escursione (non per tutti) di circa 2.30 ore in una delle aree più selvagge delle Alpi Marittime

Dopo tanti decenni nella cronaca alpinistica delle montagne cuneesi torna a fare capolino il mitico binomio Matteo Campia – Niculin Gandolfo. L’occasione per sentire nuovamente pronunciare uno accanto all’altro i nomi di questi due storici protagonisti dell’alpinismo fra le selvagge cime delle Alpi del Sudovest è arrivata lo scorso martedì 13 agosto, con la cerimonia ufficiale organizzata del Club Alpino Accademico Italiano per la reintitolazione del bivacco situato nel Vallone del Dragonet, in Valle Gesso, già dedicato a Gandolfo e che da ora si chiamerà Bivacco “Matteo Campia – Niculin Gandolfo”, ricomponendo idealmente l’affiatatissima cordata che, proprio fra queste montagne, ha realizzato tante importanti prime ascensioni e prime salite invernali.

 

Protagonisti dell’alpinismo cuneese negli Anni 40 e 50

Per oltre un ventennio, dal periodo immediatamente precedente la Seconda Guerra mondiale, fino a tutti gli Anni 50, Matteo Campia, classe 1912, è stato uno dei più influenti capiscuola dell’alpinismo cuneese, degno erede, per carisma, capacità tecniche e spirito esplorativo, del grande Gianni Ellena, altro nome mitico per gli scalatori delle Alpi Marittime.

Matè, come gli amici chiamavano Campia, diviene il leader di un affiatato e prolifico gruppo di alpinisti in cui spesso si trovano legati alla medesima corda lo stesso Ellena, Riccardo Nervo, Aldo Quaranta e, appunto, Niculin Gandolfo. Quest’ultimo, di vent’anni più anziano di Matè, è sicuramente un abile e solido scalatore, ma è soprattutto una persona dotata di grande umanità. Niculin diviene un amico fraterno per Campia, oltre che un perfetto secondo di cordata: “Con lui dietro – ricorderà lo stesso Matè– potevi andare dove volevi!”.

Forti di questa amicizia e reciproca fiducia, nel 1936 Campia, Gandolfo, Nervo e Quaranta salgono nella stagione più fredda il Canalone di Lourusa, in sostanza inaugurando l’alpinismo invernale fra le Marittime. Dieci giorni dopo i quattro sono in azione al Corno Stella, dove vanno a segno con la prima invernale della via De Cessole. Seguiranno tante altre avventure, molte vissute proprio nel vallone del Dragonet, allora un territorio alpinistico ancora tutto da esplorare. Qui Niculin e Matè nel 1946 firmano la prima dello sperone nordest della Guglia del Dragonet. Due anni dopo, assieme a Ellena e Nervo, salgono lo sperone nordovest della severa Asta Soprana. Nel ’52, con Nervo, superano lo sperone nord della Cima di Dragonet. Nello stesso anno assieme a Nervo e Luigi Giuliano, precorrono la cresta nordovest dell’Asta Sottana, aprendo uno degli itinerari più belli di tutto il gruppo. Nel 1957 Campia e Gandolfo portano a termine la loro ultima “prima” assieme, al Gelas di Lourusa. All’epoca Niculin ha la bella età di 65 anni.

Un bivacco per non dimenticare

Non molto tempo dopo l’ultima nuova via aperta con Campia, Niculin Gandolfo si ammala della malattia che lo porterà alla morte nel 1961. In sua memoria gli amici e compagni di cordata, Matè in testa, si fanno promotori dell’edificazione di un bivacco situato proprio ai piedi delle pareti teatro delle loro avventure. La geografia del vallone del Dragonet è particolarmente impervia e il trasporto dei 130 quintali di materiale necessari per la costruzione assume i contorni di un’impresa epica che richiede l’installazione di una teleferica artigianale costituita da ben sei campate, concepita dallo stesso Campia e realizzata con il motore di una Vespa e un cavo metallico da 1,6 millimetri, in grado di superare 700 metri di dislivello issando carichi non superiori a 60 chilogrammi. Dopo cinque anni di duro lavoro, il 5 luglio del 1970, il bivacco intitolato a Niculin Gandolfo, costituito da un fabbricato in muratura ad un piano, con sottotetto agibile e composto di due locali (uno adibito a cucina ed uno a dormitorio), viene finalmente inaugurato ufficialmente dal CAAI, che ne è il proprietario.

Situato a più di due ore di cammino da Sant’Anna di Valdieri e raggiungibile solo attraverso un sentiero ripido e impegnativo, ora agevolato da alcuni tratti attrezzati con catene, il bivacco negli anni a seguire non sarà mai assediato da folle di escursionisti e alpinisti, ma diverrà comunque un prezioso punto di appoggio per tutti coloro che hanno la curiosità e lo spirito necessari per inoltrarsi nell’aspro vallone del Dragonet e andare alla ricerca delle tracce dei pionieri o aprire nuovi itinerari fra cime sconosciute ai più, ma dove ancora si può assaporare il gusto dell’esplorazione e dell’avventura.

In occasione della reintitolazione il Club Alpino Accademico Italiano ha realizzato importanti lavori di manutenzione straordinaria del bivacco, oggi dotato di 12 posti letto, cucina a gas, stufa a legna e luce elettrica alimentata grazie a un sistema di pannelli solari.

 

Come arrivare al bivacco Campia-Gandolfo

Il Bivacco Campia-Gandolfo è situato a 1847 metri su un pronunciato sperone sospeso sopra il vallone del Dragonet. Viste la posizione defilata e l’accesso non semplice, i frequentatori della struttura sono soprattutto gli alpinisti diretti agli impegnativi itinerari dei versanti nord e ovest del gruppo delle Aste e delle Cime del Dragonet. Il bivacco però merita sicuramente una visita anche da parte degli appassionati di escursionismo, purché ben allenati e avvezzi a percorsi impegnativi ed esposti. Il sentiero che sale da Sant’Anna di Valdieri consente, infatti, di assaporare a pieno il senso di isolamento e tutta la selvaggia bellezza di uno degli ultimi angoli di wilderness delle Alpi Marittime.

L’itinerario parte dal Ponte della Vagliotta, località della frazione Sant’Anna nel comune di Valdieri, in Valle Gesso. Superato il ponte, dopo un breve tratto, si lascia la mulattiera che porta al Bivacco Barbero, seguendo la traccia sulla destra (bolli rossi) che risale la valle fino a portare allo sbocco inferiore del Vallone del Dragonet. Attraversato il torrente si prosegue fino a raggiunge un piccolo ripiano detritico alla base delle belle cascate del ramo sinistro del Rio del Dragonet. Qui si attraversa di nuovo il torrente per proseguire sulla sponda opposta grazie a un sistema di cenge che consente di risalire la placconata (corda fissa). Risalita con stretti tornanti una ripida faggeta, si supera un’altra breve placconata (corde fisse) per poi riportarsi al centro del vallone fino ai piedi di una seconda spettacolare cascata. La traccia varca di nuovo il torrente e risale con numerosi tornanti fino ad incontrare il basamento di pietra del pilone di una vecchia teleferica, utilizzata, nei primi anni del 900, per il trasporto a valle dei blocchi di ghiaccio ricavati dal sovrastante Ghiacciaio del Dragonet. Oltrepassato lo sperone che scende dall’Asta Sottana e divide il Vallone del Dragonet dal Vallon Fund, ci si riporta nuovamente verso il centro del vallone per traversare poi verso destra e raggiungere il poggio roccioso dove sorge il bivacco, posto in splendida posizione panoramica e sopra il quale incombono le pareti dell’Asta Soprana,Sottana e del Dragonet. (EE, dislivello 750 metri, tempo necessario 2 .30 ore).

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