Alpinismo

K2, partono i tentativi alla vetta. La giornata giusta potrebbe essere il 28 luglio

La finestra di bel tempo è arrivata. La spedizione ufficiale del CAI, gli altri due team italiani e le spedizioni commerciali hanno iniziato l’ultimo sforzo per raggiungere gli 8611 metri del K2. Vorremmo delle informazioni più precise. Intanto auguri a tutti!

Il momento decisivo è arrivato. Dopo settimane di brutto tempo e di forti nevicate ad alta quota, le previsioni meteo per le montagne del Pakistan indicano l’arrivo di una breve una finestra di bel tempo. La giornata migliore dovrebbe essere domenica 28 luglio, mentre già lunedì 29 il tempo potrebbe peggiorare di nuovo. 

“Le condizioni meteo avverse ed estremamente instabili hanno stravolto i programmi nostri e quelli delle altre spedizioni. La situazione è bellissima, ma molto, molto complicata” commenta Agostino Da Polenza, responsabile della spedizione organizzata dal CAI per celebrare i settant’anni dalla vittoria di Achille Compagnoni e Lino Lacedelli nel 1954. 

Tutte le spedizioni presenti oggi sul K2 sono ripartite verso l’alto, in direzione dello Sperone Abruzzi, del camino di Bill House, della Piramide Nera, della Spalla, del Collo di Bottiglia e – Insh’Allah, se Dio vorrà – degli 8611 metri della cima. 

“Oggi 25 aprile i nostri clienti e i nostri Sherpa sono al campo 1. Domani 26 campo 2, dopodomani 27 campo 3, il 28 luglio la vetta, auguro a tutti una salita e una discesa sicura” ha postato sui social Chhang Dawa Sherpa, boss della Seven Summit Treks, la più importante agenzia nepalese, che si è addossata gran parte del lavoro per aprire e attrezzare la via verso la cima.  

Messaggi analoghi arrivano da altri operatori nepalesi come Imagine Nepal e 8K Expeditions e dall’americana Madison Mountaineering, presente sul K2 con un team diretto dal titolare Garrett Madison. Ha scelto un calendario diverso, com’è accaduto più volte in passato, la Elite Expedition di Nirmal Purja. La sue guide e i suoi clienti, oggi impegnati sul Broad Peak, dovrebbero affrontare la seconda cima della Terra più tardi.

Quest’anno gli alpinisti sul K2 sono un po’ meno numerosi (150 invece di 200) che nei due anni precedenti, e gli ingorghi nel Collo di Bottiglia e sul successivo traverso dovrebbero creare qualche problema in meno. La finestra di bel tempo ridotta a una sola giornata, domenica 28, potrebbe però creare seri problemi di affollamento nei campi 1 e 2 sullo Sperone Abruzzi, e poi al campo 3 a 7300 metri. Il vero problema, però, riguarda l’acclimatazione.  

Seven Summit Treks e le altre agenzie nepalesi, già nel 2022 e nel 2023, hanno fatto salire i loro clienti subito dietro agli Sherpa che attrezzavano il percorso. Più volte, per accelerare i tempi, li hanno fatti riposare solo per qualche ora nei campi alti, invece di concedere loro un’intera notte in tenda. 

Questa soluzione, però, ha dimostrato di poter funzionare per gli alpinisti che salgono utilizzando i respiratori, per i quali il collega Alessandro Filippini ha coniato il meraviglioso termine “imbombolati”. Per i pochi che salgono senza ossigeno supplementare, invece, questa tattica sembra difficile da seguire. 

L’australiana Allie Pepper, collezionista di “ottomila” molto presente sui social, è partita insieme alla sua guida e compagno Mikel Sherpa con ventiquattr’ore di anticipo sugli altri, per affrontare l’alta quota in maniera più graduale. Non dovrebbe avere problemi l’asso francese Benjamin Védrines, un altro che posta testi e foto tutti i giorni, da solo o con l’aiuto del suo sponsor. Il trentaduenne alpinista transalpino, autore di notevoli imprese sul massiccio degli Écrins e sul Monte Bianco, ha già raggiunto per tre volte il campo 3, e fino all’arrivo degli Sherpa e dei portatori d’alta quota pakistani che devono attrezzare l’ultimo tratto è stato l’unico a passare una notte a 7300 metri. 

Stanno salendo con gli altri anche i lombardi Marco Majori e Federico Secchi, che puntano a ripetere la discesa con gli sci dalla vetta, finora compiuta solo una volta, nel 2018, dal fortissimo polacco Andrzej Bargiel. Anche gli alpinisti della spedizione biellese hanno lasciato il Broad Peak per spostarsi sullo Sperone Abruzzi del K2. 

E’ chiaro solo in parte, invece, cosa sta succedendo alle quattro alpiniste italiane Silvia Loreggian, Federica Mingolla, Cristina Piolini e Anna Torretta della spedizione K2 70 organizzata dal Club Alpino Italiano con il contributo del Governo. 

L’Ufficio stampa del CAI, garrulo nelle prime settimane della spedizione in Pakistan ma avaro di informazioni dopo la rinuncia e la discesa verso Skardu di Samina Baig e Amina Bano, ha finalmente diffuso qualche notizia aggiornata il 25 luglio. 

Oggi sappiamo che Samana Rahim e Nadeema Sahar, le altre due alpiniste pakistane, “rimarranno al campo base anche per la loro sicurezza”, un modo impietoso per dire che non si sono dimostrate all’altezza. Non vengono mai citati i portatori d’alta quota Ali Durani, Muhammad Nazir, Ghulam Abbas e Ali Norani, che invece hanno un ruolo decisivo per l’impresa. 

Grazie a Massimiliano Ossini, l’inviato della radiotelevisione di Stato, sappiamo che “la bandiera della RAI sventola ai piedi del K2”, e forse qualcuno a Roma sarà contento di questo. I toni usati per Samana, Nadeema e per i quattro portatori d’alta quota, però, sembrano buttare alle ortiche il clima di collaborazione tra Italia e Pakistan su cui si è insistito prima che la spedizione partisse. 

E le quattro alpiniste italiane? Secondo il comunicato del CAI hanno tutte “dormito diverse notti al campo 1 (6060 metri). Cristina Piolini e Anna Torretta hanno poi trascorso una notte al campo 2 (6260 metri), mentre Federica Mingolla e Silvia Loreggian hanno dormito due notti al campo 2, salendo poi a 7000 metri, 350 metri sotto il campo 3, dove hanno speso alcune ore”. 

Il comunicato prosegue citando Lorenza Pratali, il medico della spedizione. Secondo lei “le alpiniste stanno bene, anche se ci sono differenze di risposta alla quota legate alle caratteristiche individuali e al differente acclimatamento”. Poi arriva un’affermazione sorprendente per chi conosce gli “ottomila” da vicino come per chi segue l’alpinismo ad altissima quota da casa. 

“Aver passato un mese sopra i 5000 metri di quota permette alle atlete di passare alla fase successiva, il tentativo alla vetta” scrivono l’Ufficio stampa e la pagina Facebook ufficiale del Club Alpino Italiano. Ci permettiamo di avere qualche dubbio, perché l’esperienza dimostra che le settimane trascorse al campo-base o poco più in alto non preparano l’organismo ad affrontare senza bombole l’aria sottile dei 7000 e degli 8000 metri.   

Ce la faranno Anna, Cristina, Federica e Silvia, coadiuvate da Ghulam, Muhammad e dai due Ali, a raggiungere senza bombole gli 8611 metri della vetta del K2 senza aver passato in precedenza una notte oltre i 7000 metri di quota? Facciamo il tifo senza se e senza ma per loro, per Agostino e per gli altri. Come settant’anni fa, le prossime ore saranno dure, pericolose e decisive. Forza ragazze, un abbraccio a tutti gli alpinisti e le guide impegnati in questi giorni sul K2. 

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