Rifugi

Rifugio Duca degli Abruzzi al Lago Scaffaiolo, il più antico dell’Appennino

Inaugurato dai CAI di Bologna e Firenze nel 1878, oggi di proprietà della sola Sezione emiliana, il rifugio è risorto dalle ceneri nel 1902, nel 1911, nel 1926, nel 1965 e nel 2001. Una struttura celebre e accogliente. Ma minacciata

L’edizione 1878 del “Bollettino” del Club Alpino Italiano è diversa dalle altre, e non soltanto perché le sue 644 pagine (più indici, tavole e disegni) la rendono la più voluminosa di sempre. Il 9 gennaio di quell’anno, un malore contratto durante una battuta di caccia ha ucciso re Vittorio Emanuele II. 

Il “Bollettino”, che esce alla fine dell’anno, inizia con 55 pagine listate a lutto e dedicate a re Vittorio, che “d’alpigiano avea la tempra, e fu vero alpinista”, e che fu “un cacciatore alpino appassionato, instancabile e imperterrito”. Nel 1876, d’altronde, un’Assemblea dei delegati aveva eletto per acclamazione il sovrano Presidente Onorario del CAI. 

Dopo le pagine a lutto il “Bollettino” ridiventa normale, e offre ai soci/lettori articoli sul Monte Rosa e sui ghiacciai delle Alpi, sulla Groenlandia e sui Monti Lattari, in Campania. Nell’ultima parte, per due volte, compare una notizia che arriva dall’Appennino tosco-emiliano, dove operano le Sezioni CAI di Bologna e Firenze, rispettivamente 124 e 141 soci.

Il primo rifugio fu inaugurato il 30 giugno del 1878

Accanto al Lago Scaffaiolo, a 1775 metri di quota, celebre per essere stato citato cinque secoli prima dal Boccaccio, il 30 giugno del 1878 è stato aperto un rifugio. E’ il primo dell’intera catena che unisce la Liguria alla Calabria. Il rifugio Garibaldi del Gran Sasso verrà inaugurato solo otto anni dopo, nel 1886, dalla Sezione di Roma del CAI. 

Da pagina 413 in avanti, con il titolo “Inaugurazione del rifugio al Lago Scaffaiolo”, compare la cronaca dell’evento, ripresa dal giornale “La Vedetta-Gazzetta del Popolo” di Firenze, e firmata con lo pseudonimo Fra Fazio. Da pagina 481, Ugo Arnoaldi-Veli, socio del CAI di Bologna, racconta una gita successiva. 

La cronaca della giornata inaugurale, che vede gli escursionisti partire alle 3 del mattino da San Marcello Pistoiese e arrivare la sera a Cutigliano, è troppo lunga per essere citata ampiamente. L’edificio, come tutti i rifugi in quegli anni, è minuscolo, un unico stanzone di 10×2,50 metri, dove si possono ammucchiare una decina di persone. 

Ma Fra Fazio, sul quotidiano fiorentino e poi sul “Bollettino” del CAI si rallegra. “L’alpinista troverà su quell’alta vetta un tetto che lo proteggerà dall’impeto dei venti, dalle bufere della neve, dal diluvio dell’acqua, dal rigore del freddo; troverà modo di accendere un buon fuoco per far ritornare vigore alle membra intorpidite, e di riposarsi dalla stanchezza di una gita faticosa”. 

L’iniziativa viene celebrata a lungo, e il rifugio del Lago Scaffaiolo accoglie, in estate e d’inverno, comitive di appassionati che salgono dai due versanti dell’Appennino verso il Corno alle Scale e le altre vette della zona. Insieme a escursionisti e alpinisti, però, arrivano anche i vandali, quasi certamente pastori della zona. La porta viene sfondata, le travi di legno vengono rubate, le mura si sgretolano. 

Ventiquattro anni dopo, nell’estate del 1902, le Sezioni di Firenze e Bologna ci riprovano, inaugurando un nuovo rifugio dedicato a Luigi Amedeo di Savoia, il Duca degli Abruzzi, che in quegli anni esplora le montagne del mondo. Per rendere l’edificio meno appetibile per i vandali si rinuncia alle travi, sostituite da una copertura a botte. Ma nuovi vandalismi e il vento fortissimo del crinale mandano in rovina anche il secondo rifugio. 

Il CAI di Bologna, stavolta da solo, corre ai ripari e inaugura il terzo rifugio nel settembre del 1911. Quattro anni dopo, però, l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale elimina la sorveglianza e riduce quasi a zero gli escursionisti. E anche il terzo rifugio va rapidamente in malora. 

Le cose cambiano con il quarto rifugio, inaugurato nel 1926. E’ una costruzione più grande, su tre livelli, gestita per buona parte dell’anno con servizio di alberghetto, accessibile (a dorso di mulo o a piedi, ma lungo itinerari più brevi) anche alle comitive che diventano sempre più numerose nella zona. 

Nel 1933, l’apertura sul versante emiliano della strada che sale alla Madonna dell’Acero fa aumentare i visitatori del rifugio. Dieci anni dopo, nel novembre del 1943, l’edificio viene depredato e poi dato alle fiamme dai militari tedeschi (SS e Wehrmacht) di stanza al non lontano Abetone. La logica è quella della “terra bruciata”, perché un rifugio in montagna potrebbe offrire ricovero ai partigiani.  

Poi, dalla storia, ci si avvicina alla cronaca. Solo nell’estate del 1965, accanto al lago, viene installato un prefabbricato in lamiera, capace di resistere ai vandalismi e al vento. Tra il 1997 e il 2001, finalmente, sorge un nuovo rifugio in muratura, di proprietà della Sezione di Bologna del CAI, che in quei giorni festeggia i cent’anni di vita dell’altro suo rifugio più noto, il Cavazza al Pisciadù, sul massiccio dolomitico del Sella. 

Da allora, anche grazie all’ottima gestione di Antonio Tabanelli e dei suoi colleghi, il rifugio è diventato un punto di riferimento per escursionisti a piedi, appassionati di mountain-bike, alpinisti invernali e sciatori. In estate l’accesso è brevissimo, poco più di mezz’ora dai posteggi degli impianti emiliani del Corno alle Scale, un’oretta dall’arrivo della funivia della Doganaccia sul versante toscano. Se c’è il sole, le rive del Lago, trenta metri di dislivello più in basso del rifugio, sono un luogo ideale per un pic nic. 

Riferimento importante per innumerevoli itinerari

Itinerari più lunghi e interessanti consentono di arrivare a piedi dal Capanno Tassone per il Passo della Croce Arcana, dal rifugio Segavecchia, da Pratorsi o addirittura dall’Abetone, scavalcando il Corno alle Scale o il Libro Aperto. 

Passano la notte al rifugio dello Scaffaiolo i trekker impegnati sull’Alta Via dei Parchi o sulla GEA, la Grande Escursione Appenninica. Le ampie mulattiere della zona, e le strade sterrate al servizio delle piste da sci rendono questo angolo dell’Appennino popolare tra gli appassionati della mountain-bike. 

D’inverno, la posizione a poca distanza dalle piste e dalle seggiovie del Corno alle Scale rende il rifugio (che apre nei weekend e durante le vacanze di Natale e Capodanno e di Pasqua) una meta frequentata. Nonostante la vicinanza degli impianti, gli appassionati della Toscana e dell’Emilia amano salire quassù con gli sci e le pelli di foca o con le ciaspole. Quando la neve del crinale è ghiacciata, però, e il vento soffia con forza da nord, l’unico modo sicuro per arrivare è utilizzare la piccozza e i ramponi. 

Fino a oggi, nonostante l’invadenza dell’industria dello sci, lo storico rifugio del Lago Scaffaiolo, che nel nome ricorda ancora il Duca che ha esplorato l’Artico, il K2 e il Ruwenzori, è riuscito a mantenere il suo fascino, soprattutto alla sera e al primo mattino. 

Da qualche anno, però, un progetto di ampliamento del comprensorio appoggiato da entrambe le Regioni minaccia di rompere questo delicato equilibrio. Altre piste, altri impianti, un “domaine skiable” ininterrotto sui due lati del crinale avrebbero lo stesso effetto dei vandalismi avvenuti tra l’Otto e il Novecento. Ci auguriamo che non accada, e invitiamo chi ci legge a mobilitarsi per evitarlo.

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Un commento

  1. Ci sono stato alcuni anni fa!! Il posto non è male, un giretto lo merita anche se piuttosto isolato e non troppo agevole. Unico difetto che ricordo una sentieristica davvero mal segnalata, ma spero che negli anni abbiano ovviato a questo problema

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