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Elogio della torbiera, preziosissimo scrigno di biodiversità

Le torbiere coprono solo 3% della superficie terrestre, ma hanno la capacità di immagazzinare il doppio del carbonio rispetto alle foreste di tutto il mondo


Sai quella bella sensazione, di quando parti dal rifugio alle prime luci dell’alba per il lungo avvicinamento alla parete che dovrai scalare, ma per ora davanti a te solo una distesa verde e pianeggiante da attraversare, punteggiata di fiori bianchi leggeri come piume e… d’un tratto ti ritrovi con l’acqua alle caviglie, perché sei entrato nella torbiera? Allora mandi un sacco di male parole alla maledetta torbiera, e prosegui con i piedi fradici e l’umore pessimo.

Vabbé, questo il punto di vista dell’alpinista distratto. In realtà la torbiera è l’invisibile meraviglia delle Alpi, un luogo magico palpitante di vita: gli splendidi eriofori (i fiori bianchi) e le drosere dai rossi tentacoli, le libellule e le salamandre, i muschi e la sarabanda dei girini di rana temporaria, tutto un brulicare di insetti e piante e anfibi che lottano per la sopravvivenza nella breve estate alpina, formano un ecosistema unico e prezioso. Ciò che non vediamo, di questo microcosmo, è la sua funzione chimica, così essenziale per la vita del pianeta: le zone umide, che rappresentano solo il tre per cento della superficie terrestre, hanno la capacità di “sequestrare” il doppio del carbonio presente nelle foreste di tutto il mondo. Tutto questo val bene un paio di piedi bagnati.
La notizia cattiva (ce n’è sempre una) è che le torbiere alpine stanno scomparendo. Complici il cambiamento climatico, che negli ultimi decenni ha reso meno disponibile l’acqua ad alta quota, ma soprattutto l’azione dell’uomo, che per secoli ha drenato i terreni per farne pascoli per le mandrie, irreggimentato le acque con canali, dighe e laghi artificiali, e ultimamente ha costellato le terre alte di bacini impermeabilizzati per la neve programmata. Le acque libere sono bandite dalle Alpi, e in questo processo di degrado ambientale la monocultura dello sci di discesa ha avuto un ruolo importante. Per la rana e tutti i suoi colleghi la vita si fa difficile.  

L’approvazione del Nature Restoration Law aiuterà anche il ripristino delle torbiere 

La buona notizia invece viene dal Lussemburgo: il 17 giugno il Consiglio europeo ha votato, a sorpresa, la Nature Restoration Law, la legge che impone agli stati membri il ripristino allo stato naturale del 20 per cento delle aree marine e terrestri entro il 2030. A sorpresa perché decisivo è stato il voto dell’Austria e della Slovacchia, che finora si erano dichiarate contrarie, mentre non hanno cambiato atteggiamento i Paesi da sempre ostili, Olanda, Ungheria, Svezia, Finlandia e, naturalmente, l’Italia. Il motivo? La difesa dell’agricoltura. Ma ci è consentito sospettare che alla base siano gli interessi di tante altre lobby (le solite “piccole ma potenti”): in Italia soprattutto, dove l’interesse particulare, che sia quello dei balneari, dei cacciatori, degli impiantisti, dei taxisti (questi ultimi, va detto, c’entrano poco con le torbiere) pare spesso prevalente rispetto all’interesse generale. 

L’altalena italiana tra buone pratiche e disinteresse 

È davvero una buona notizia? La legge stabilisce “obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in ciascuno degli ecosistemi elencati, da quelli terrestri a quelli marini, d’acqua dolce e urbani”, ma prevede anche casi “eccezionali” per i quali l’interesse economico prevale sulla tutela ambientale. C’è da chiedersi cosa pensi delle torbiere il nostro Ministero del Turismo, che a marzo ha stanziato una valanga di milioni (360, ripartiti dal 2024 al 2028) a favore della montagna: non la montagna naturale però, ma quella, sempre la stessa, degli impianti di risalita e dell’innevamento artificiale. L’“eccezionale” interesse economico degli imprenditori dello sci di massa (sempre meno di massa, visti i costi in vertiginosa salita) non prevarrà sull’interesse degli eriofori?

A questo si aggiunga la difficoltà nel ripristinare la naturalità delle zone umide, impoverite dalla captazione delle acque, dalle attività di scavo della torba e dal calpestio degli animali. Ma esempi positivi non mancano, le province di Belluno, Bolzano, Trento sono impegnate da anni nello studio e catalogazione delle torbiere e abbiamo assistito alla rinascita di alcune di queste, per esempio, in Trentino, i Mugheri, Palù Longa, Palù Tremole e altre. Se passate da quelle parti, fermatevi e prendetevi del tempo per osservare uno dei biotopi più straordinari delle Alpi. Poi, attenti a dove mettete i piedi.   

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