Ricchezza di fini, sobrietà di mezzi. Elogio dell’imperfezione
La “trascuratezza” (controllata), come mezzo di perfezionamento per imparare a gestire gli imprevisti. L’idea non convenzionale della Guida alpina Michele Comi.
Ormai tutti in montagna, neofiti ed esperti, ci muoviamo per sentieri e pareti agghindati come i manichini delle migliori boutique di articoli sportivi.
La “trascuratezza” è bandita sin dai primi passi verticali. Abbigliamento, calzature e “hardware” per alpinismo e arrampicata sin da subito sono da ricercare tra i migliori prodotti in circolazione. Senza considerare vezzi e mode transitorie che, a seconda del gusto del momento e senza nemmeno averlo deciso in maniera consapevole, ci fanno inseguire nuovi costumi.
Oggi nessuno si sognerebbe di scalare con fuseaux attillati rosa, eppure negli anni ’80 lo abbiamo fatto…
Vestiti a parte, vorrei spezzare una lancia per la leggerezza o “trascuratezza” (controllata) dell’attrezzo perché è un ottimo metodo per coltivare la tolleranza all’errore.
Nei percorsi d’iniziazione verticale, può essere vantaggioso affrontare alcune situazioni sprovvisti di tutte la risorse indicate nei manuali, a condizione che si sia consapevoli dell’elemento (voluto) di trascuratezza. In questo modo possono emergere risorse impensate, ad esempio per rimediare alla perdita accidentale di un attrezzo o a una situazione inaspettata.
Sotto le spoglie della imperfezione, nascono intuizioni preziose, libere associazioni e curiosità.
La flessibilità (sorvegliata) consente di esplorare piste poco battute; con maggiore libertà, senza fretta, né specialismi fini a se stessi diamo spazio all’apprendimento e alla creatività.
E’ una dimenticanza che aiuta a risalire rapidamente alla causa dell’anomalia, che prima o poi capita di incontrare in parete, che stimola la capacità attiva utile a distinguere la gravità degli errori.
Una leggera “trascuratezza”, in fondo assai rigorosa e disciplinata…