Ponti di primavera: 3 escursioni da fare adesso sulla costa Sud occidentale della Sardegna
Sentieri selvaggi e poco battuti, perfetti per chi vuole scoprire aspetti storici, culturali e naturalistici della terra sarda: i suggerimenti di Lino Cianciotto.
Camminare in Sardegna non è come farlo in qualsiasi altro luogo: aspra e autentica, quest’isola è piena di soprese e dettagli che non si possono scoprire se non a piedi. La zona del Sulcis-Iglesiente, nella parte sud occidentale, è ancora selvaggia, defilata rispetto alle principali rotte del turismo balneare, e sono pochi coloro che si spingono tra i suoi villaggi minerari abbandonati e le aguzze rocce vulcaniche, le antiche tonnare e le torri corsare.
L’area è ricca di misteri e segreti, siti archeologici, particolarità gastronomiche e tradizioni che si svelano solo al visitatore più attento, che si prende il tempo di immergersi nella cultura locale e nei borghi nuragici. “Questi luoghi sono fatti per chi ha voglia di comprendere il territorio, al di là della prestazione sportiva del cammino. Sono interessanti gli aspetti botanici, mineralogici, minerari e storici, oltre che gastronomici.
Oggi l’età degli escursionisti che si rivolgono a me per fare questo tipo di trekking sta aumentando: troviamo persone dai 40 ai 70 anni, persone che oggi cercano un tipo di vacanza che li possa gratificare, da quelli che hanno scalato l’Everest a quelli che hanno iniziato ad andare in montagna durante la mezza età”, racconta Lino Cianciotto, Guida ambientale sarda, anzi sardissima come si legge sul suo sito, e autore di innumerevoli guide escursionistiche.
Ecco tre escursioni in giornata per esplorare a piedi il territorio del Sulcis-Iglesiente, suggerite proprio da Cianciotto. Pur inoltrandosi nell’entroterra, il mare è quasi sempre in vista.
Da Torre Canai a Cala Sapone, sull’isola di Sant’Antioco
Questa escursione collega Torre Canai, situata nel promontorio conosciuto come ‘Su Moru’, il più meridionale di Sant’Antioco, a Cala Sapone, sul lato sud occidentale dell’isola, a breve distanza dalla costa sarda. “Si tratta di una zona poco battuta, è tutto ancora molto selvaggio. Il sentiero, lungo poco meno di 13 chilometri, è esposto sul mare e passa da zone non abitate. La Torre Canai, da cui si parte, è stata costruita nel 1600 per proteggere la costa sarda dalle incursioni dei barbari libici e tunisini, e presenta molte caratteristiche interessanti dal punto di vista storico”, introduce la gita Cianciotto.
Dalla Torre, il cammino costeggia in direzione Ovest verso Capo Sperone, e supera la baia di Turri per giungere all’arenile di s’Eghe is Tirias. Si prosegue sempre sul litorale, avanzando su una pista che incontra ruderi di postazioni militari risalenti alla Seconda guerra mondiale, per salire il versante meridionale di Sa Guardia de su Turcu. Da qui si raggiunge la cima del Semaforo (così chiamata in onore dell’edificio militare abbandonato che si trova sulla vetta), per poi perdere quota e dirigersi verso la baia di Portu Sciusciau, con gli scenografici archi di roccia protesi nel mare. Si avanza poco distanti dalla costa fino alla cala rocciosa di Is Concais Arruttusu, per poi raggiungere l’altopiano di Su de Serra e il punto d’arrivo, Cala Sapone.
“In questo itinerario si cammina su rocce vulcaniche molto giovani, eruttate 14-15 milioni di anni fa, che raccontano il movimento della piattaforma sardo-corsa nel Mar Mediterraneo. Sul sentiero non manca neanche l’archeologia, ci sono infatti le tombe dei giganti, antiche sepolture nuragiche. Il punto di arrivo, Cala Sapone, è sede di una storica tonnara, di cui purtroppo oggi non rimane nulla. Tuttavia, due delle tre tonnare ancora attive in Italia sono situate a Carloforte, vicinissimo a questo itinerario. Da aprile a giugno qui è possibile toccare con mano tutte le fasi della pesca e della lavorazione del tonno” commenta Cianciotto.
Da Masua a Cala Domestica, ‘Miniere nel Blu’
Si cammina lungo uno dei tratti più suggestivi del percorso de “La costa delle miniere”, itinerario in cinque tappe che si snoda sui sentieri che servivano all’attività di estrazione mineraria nel Sulcis-Iglesiente sulle tracce di carbonai e taglialegna, di capre alla ricerca dell’erba più fresca e di minatori che scandagliavano le coste per trovare le preziose vene mineralizzate.
Dalla spiaggia di Masua, il tracciato segue la sterrata verso il sito minerario di Porto Flavia, fino a trovarsi al di sopra delle pareti di calcare bianco che sovrastano l’ingresso, tra la macchia mediterranea e le fioriture di euforbia. Il sentiero sale poi deciso tra i versanti meridionali di Schina di Monte Nai, offrendo un bel panorama sul litorale di Nebida e Masua, sull’isola di San Pietro e sul Pan di Zucchero, lo scoglio calcareo più grande del Mediterraneo, che si staglia al di sopra del livello del mare per 133 metri.
Si valica poi la dorsale di Punta Buccione, proseguendo in discesa per una traccia nel bosco di ginepro turbinato di Sedda ‘e Luas fino alla scogliera che circonda Canal Grande, e poi al mare. “Da questa piccola baia il sentiero sale ripido fino all’altopiano calcareo di Punta Cubedda, regalandoci inaspettati panorami delle maestose falesie di calcare e arenarie policrome che cingono la cala. Dal sommo, un’evidente traccia costeggia Sa Punta ‘e Nascu, traversa in quota la scogliera e conduce a Cala Domestica”, si legge nella guida ‘La Costa delle Miniere’ di Lino Cianciotto (Enrico Spanu Edizioni).
“Il sentiero, chiamato Miniere nel Blu, si muove in parte su vestigia minerarie segnate dall’estrazione dello zinco, in parte su calcari. Queste ultime rocce carbonatiche sono le più antiche d’Italia, risalgono a 520 milioni di anni fa e presentano fossili e mineralizzazioni. Quando queste si depositavano, la Sardegna si trovava approssimativamente dove sta adesso la Nuova Zelanda”, spiega Cianciotto che aggiunge: “ Il sentiero delle miniere permette dunque di osservare oltre 500 milioni di anni di storia della Terra tutti in un unico itinerario, dalle formazioni sedimentarie recenti con le tracce del mammut nano nelle dune sabbiose (le più estese ed importanti d’Europa) alle formazioni più antiche ed importanti d’Europa”.
Da Portixeddu alla spiaggia di Scivu
Torniamo sulla costa delle miniere, con un’altra tappa che vale la pena percorrere in giornata, attraversando scenari naturali selvaggi e molto vari. Si passa dagli ambienti agropastorali, costellati di testimonianze archeologiche della civiltà nuragica, alle vedute litoranee con spiagge dalle alte dune alternate a scogliere, calette e pareti granitiche scolpite dal vento.
L’itinerario parte dal borgo di Portixeddu, ai piedi del monte Su Guardianu, e si avvia verso la scogliera, raggiungendo le due calette rocciose di Su Portu e Sa Perdischedda Pitticca e Manna. Dalla spiaggia, si risale un ripido costone per proseguire in traverso, sempre a vista mare, fino a incrociare la Strada provinciale in località Guardia Is Turcus, una torre di guardia risalente al periodo aragonese. Tramite sentiero si prosegue verso Capo Pecora, per poi inoltrarsi nel dedalo di camminamenti creati anticamente dal pascolo degli animali, raggiungendo la Vedetta e da qui la spiaggia di Scivu, tramite un sentiero (più impegnativo) oppure su una carrareccia.
“Il sentiero tra Portixeddu e Scivu si muove su rocce scistose e granitiche affacciate sul mare, e termina su uno dei litorali sabbiosi più selvaggi del Mediterraneo, dove sembra di trovarsi in Portogallo. È un ambiente primitivo, cinto da muraglie di sabbie fossili circondate da ginepri secolari e dalle testimonianze fossili delle glaciazioni susseguitesi per migliaia di anni”, scrive Cianciotto nella guida.
“Il sentiero è segnato solo in parte, però non ci si perde: ci si muove su delle tracce all’interno di proprietà private ma accessibili, per questo non c’è una segnaletica ufficiale” continua la guida. “Seguendo la linea di costa (diversamente dal Cammino di Santa Barbara, che in questa zona si snoda nell’entroterra), questo itinerario, chiamato Sentiero degli antenati della Costa Verde, passa da Capo Pecora. Conosciuto dai locali come Corru Longu, è un luogo che si sta facendo conoscere per l’arrampicata, dove i ciottoli arrotondati da vento e correnti marine sembrano grappoli di uova. Qui alcune linee sono disegnate dal pascolo degli animali, altre da noi, quando vent’anni fa abbiamo iniziato a portarci le persone, e abbiamo aperto i sentieri per facilitare il cammino” conclude.