Meridiani Montagne

La Torre di cristallo

Sul numero 126 di Meridiani Montagne, ora in edicola e dedicato a Val Maira e Rocca-Provenzale, Enrico Camanni racconta le vicende che hanno portato alla conquista della Torre Castello e degli alpinisti celebri che hanno scalato le pareti del Gruppo

Un piccolo Cervino sul fondo della Val Maira, capace di calamitare l’attenzione degli scalatori più forti e di tutti coloro che non resistono al fascino delle salite particolarmente estetiche. Il tutto reso ancora più divertente da una quarzite di qualità e da un sistema di spigoli, placche e fessure che rende sempre varia la progressione.

La Torre Castello spicca alle spalle di Chiappera, l’ultimo borgo della vallata, accanto all’altrettanto notevole Rocca Castello. Sulle sue pareti sono state scritte pagine importanti della storia dell’arrampicata anche da alpinisti provenienti da fuori regione come Gervasutti, Castiglioni, Kosterlitz. Già, perché almeno virtualmente quella Torre si vede da lontano. Come un faro.

Ecco qualche breve passaggio dell’articolo di Enrico Camanni dal titolo La Torre di Cristallo

Storia di una conquista

Nell’autunno del 1933 Giusto Gervasutti ci porta il re del Belgio Alberto I. Un giorno salgono la lunga valle fino ad Acceglio, ma piove e tornano indietro. “Che cosa è servito far venire un grande alpinista? ”scherza il re con Gervasutti, lusingandolo. Poi la perturbazione passa e ripartono in automobile. Da Chiappera salgono al Colle Greguri, dove la Torre veleggia nelle nebbie del mattino.

“Un altro Campanil Basso” pensa il re. Gervasutti lo guida per le cenge e i camini della Rocca, traversano alla breccia e affrontano la placca. Il passaggio ha una macabra fama, ma Alberto sale veloce. La cima è una chiatta galleggiante, per scendere bisogna gettarsi. Il re si sporge nel vuoto, afferra la doppia corda e plana sulla breccia: «Voilà: merveilleux!». Tornano a valle tra i fischi delle marmotte. Nel 1936 arriva il “foresto” Ettore Castiglioni…

La lezione di Mike Kosterlitz

Poi, dall’Inghilterra e dalla California cominciano a giungere notizie sulla prorompente evoluzione dell’arrampicata libera. Per una volta in anticipo sui tempi, il Gruppo del Castello vede lo scozzese Mike Kosterlitz compiere uno dei suoi capolavori. Nel 1970, il giovane fisico e futuro premio Nobel è a Torino per un dottorato.

Dotato di stile e tecnica superiori, sale in libera lo strapiombo dei Tetti a zeta, sulla parete est della Rocca Provenzale. Settimo grado. La difficoltà viene eguagliata solo alla fine degli anni Settanta da un fuoriclasse cuneese, il talentuoso Sergio Savio, che apre itinerari molti difficili, spesso solo, e ripete le vecchie vie a grande velocità, slegato. È finito il tempo degli alpinisti armati di chiodi e staffe, che si distinguevano per la capacità di chiodare le esili fessure della Castello e della Provenzale…

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