Film

Lubo e la storia nascosta della Svizzera

Diretto da Giorgio Diritti, e girato anche tra la Val Pusteria e il Verbano, racconta la vicenda della persecuzione degli Jenisch. Protagonista un grande Franz Rogowski

Liberamente tratto dal romanzo di Mario CavatoriIl seminatore” (Einaudi, 2023), Lubo di Giorgio Diritti racconta, con tono di sfida e denuncia, una pagina non troppo nota della storia della Confederazione Elvetica: quella della persecuzione etnica – statale e sistematica – operata ai danni della popolazione Jenisch, la terza etnia nomade più grande d’Europa.

Interpretato dal divo atipico del cinema europeo d’autore Franz Rogowski, Lubo è un uomo alla ricerca di un amore e di un’identità perduti, protagonista di un dramma storico ambientato tra i Cantoni svizzeri e le Alpi italiane e che pone difficili domande sulla tragica semplicità della violenza, della repressione, del razzismo.

Svizzera, 1939. Lubo Moser è un artista di strada nomade che gira per i Cantoni a bordo di una carovana insieme alla moglie e i tre figli piccoli, esibendosi nelle piazze e nelle strade dei paesi. Chiamato nell’esercito elvetico a difendere i confini nazionali dal rischio di un’invasione tedesca, Lubo viene allontanato dalla famiglia e messo sul fronte per poi ricevere una notizia che sconvolgerà per sempre la sua vita: sua moglie è morta nel tentativo di impedire ai gendarmi di prendere i loro tre figli piccoli, strappati alla famiglia in quanto Jenisch, come da programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada.

Affranto dal dolore e dalla rabbia, Lubo volgerà la sua intera esistenza alla ricerca dei suoi figli perduti e al tentativo di ottenere giustizia per chi, come i suoi figli, non ha avuto voce, in quella che diventa un’esplorazione sotto falsa identità e dagli intenti ambigui della società elvetica del tempo.

Durata quasi cinquant’anni, dal 1927 al 1973, questa storia di repressione ha il nome della fondazione “filantropica” Pro Juventute. L’intento manifesto era quello di sostenere i diritti e le esigenze dei bambini, ma nella realtà la campagna Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse (Opera di soccorso per i bambini della strada) finanziata dalla Federazione Elvetica, da benefattori e da industriali, aveva il fine di rieducare i figli dei nomadi e di combattere il fenomeno del nomadismo.

Di fatto la campagna consistette in una politica di allontanamento forzato di bambini appartenenti al gruppo Jenisch dai propri genitori: con il sostegno delle autorità svizzere, i bambini Jenisch vennero sistematicamente sottratti alle loro famiglie e collocati in case, famiglie affidatarie, orfanatrofi, istituti psichiatrici e persino prigioni. Molti di loro subirono violenze e furono sfruttati come manodopera a basso costo, numerose ragazze vennero sterilizzate. Le stime sulle ricerche parlano di circa 2000 bambini.

Giorgio Diritti, regista di Il vento fa il suo giro (2005), L’uomo che verrà (2009), Volevo nascondermi (2020), ha volto il suo cinema alla storia, esplorando la condizione di personaggi schiacciati dagli eventi e dalla società, ma pieni di desiderio di rivalsa e portatori di una speranza ostinata, che se non è letteralmente infantile (L’uomo che verrà), è eccentrica e naive (Volevo nascondermi) o sentimentalmente testarda (appunto Lubo).

Lubo in questo senso è perfettamente in linea con la sua filmografia, così come lo è una caratteristica del film che parimenti distingue da sempre il cinema di Diritti: la perizia della ricostruzione storica, la scelta delle location, dei costumi e delle scenografie, e in generale la funzionalità dei luoghi rispetto alle storie dei personaggi che questi ospitano.

Il film è un viaggio nel tempo, tra volti e luoghi nomadi. Della Svizzera vediamo le meraviglie naturali, le città, i paesi, che tuttavia, insieme alla borghesia svizzera e alla sua opulenza, vediamo nel film sotto la luce di una voluta ambiguità – come a dire che sotto la superficie delle cose si nasconde sempre un ulteriore verità.

Oltre alla Svizzera, Lubo è stato girato anche nelle montagne italiane: in parte in Val Pusteria, a Malga Fane, a Valles – dove Lubo presta servizio militare in un gelido inverno, tra sparuti rifugi, baite, fienili, una piccola chiesa – ma anche a Rovereto e in Piemonte (Acqui Terme, Arona, Ameno, Baveno, Cannero Riviera, Cannobio, Domodossola, Miasino, Orta San Giulio, Stresa e Verbania).

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