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Sono davvero necessari nuovi impianti di risalita al Tonale?

Il Progetto Medio Tonale-Cima Sorti andrebbe a intaccare un’area vergine per realizzare 10 km di piste da discesa esposte a sud. C’è chi dice no.

«Anacronistico, poco utile, costoso». Marcello Duranti sceglie con cura gli aggettivi per definire il progetto “Medio Tonale-Cima Sorti”, sostenuto dal Comune di Ponte di Legno, finanziato anche da Regione Lombardia e finalizzato all’ampliamento delle piste destinate allo sci sul Monte Tonale Occidentale. Duranti è uno dei membri fondatori del Comitato MTO2694, un acronimo che suona misterioso. «In realtà è molto semplice», spiega. «Sono le iniziali di Monte Tonale Occidentale seguite dall’altitudine della vetta lombarda: 2694 metri». C’è anche un’altra cima, sul versante trentino, che è più alta di due metri. Ma restiamo in Lombardia, in provincia di Brescia: il Tonale Occidentale domina superbo l’alta Valle Camonica e regala un panorama meraviglioso sul gruppo Adamello-Presanella, sulle Dolomiti di Brenta e sul gruppo Ortles-Cevedale fino al Bernina e al Disgrazia.

Queste montagne meravigliose sono già fruibili dagli sciatori. «Il comprensorio Temù-Tonale-Ghiacciaio Presena-Ponte di Legno ha 100 chilometri di piste», puntualizza Duranti. «Il nuovo progetto prevede di aggiungere 10 chilometri. Ci domandiamo se siano proprio necessari e se faranno veramente la differenza per gli sciatori, in un’area dove piste e impianti non mancano».

Ma facciamo un passo indietro. L’intero progetto, che prevede , a regime, un costo di 60 milioni di euro, dovrebbe comportare la realizzazione di due nuovi impianti di risalita: la cabinovia Vigili-Malga Serodine-Bleis e la Bleis-Monte Tonale Occidentale. Sono previste anche una funicolare, tre nuovi rifugi, dei sovrappassi e la realizzazione dell’impianto per l’innevamento artificiale. Il sottosegretario regionale allo Sport, Antonio Rossi, ha dichiarato che si punta a “incrementare l’attrattività dell’intera area, proiettandola in una nuova dimensione europea, da sfruttare al meglio in vista dell’appuntamento olimpico del 2026”.

«Il Comitato MTO2694 si è costituito nel 2021, quando le voci che giravano sul progetto stavano diventando sempre più concrete», racconta Duranti. «Il nostro scopo è salvaguardare quest’area». Basta dare un’occhiata al tracciato della cabinovia per vedere che attraverserebbe un’ampia area boschiva. «Si tratta di un bel bosco di larici, con piante antiche, che vanno protette. In questo momento così  difficile a causa del cambiamento climatico – i danni di Vaia li ricordiamo tutti – gli alberi vanno tutelati». Infatti regalano ossigeno e stoccano la CO2, e una volta abbattuti, anche se si rimboschisce occorrono decenni perché le piante giovani crescano e rendano lo stesso servizio.

Duranti sottolinea anche l’importanza di quest’area per la fauna. «Qui passa il confine fra il parco dell’Adamello e quello dello Stelvio. Gli animali sono abituati a muoversi indisturbati: ci sono camosci, cervi, stambecchi, marmotte». Antropizzare anche questa zona significa togliere loro ulteriore spazio.

Oltre agli alberi verrebbero cancellate anche trincee della Prima guerra mondiale

Oltre agli alberi e agli animali, il progetto andrebbe a intaccare un altro patrimonio di quest’area: le trincee della prima linea della Prima guerra mondiale. «Forse a uno sguardo poco attento possono sembrare sassi, ruderi», continua Duranti. «Invece se inquadrate nel contesto ambientale, culturale, storico sono di grande valore. Sono raggiungibili camminando sulle mulattiere che servivano ai militari italiani e a chi portava loro i rifornimenti». Come riportato dal Giornale di Brescia, la Sopraintendenza di Brescia ha espresso qualche perplessità. Il soprintendente ha dichiarato che “la zona è delicata dal punto di vista paesaggistico e storico”. «Questo patrimonio non è stato curato abbastanza», commenta Duranti. «Ma è successo solo perché le trincee si estendono per tanti chilometri. Sono sopravvissute per oltre 100 anni ed è importante conservarle».

Il Comitato MTO2694, che è composto da persone della zona e che lavora a stretto contatto con CAI e Legambiente, definisce “anacronistico” il progetto. «Sia chiaro: non siamo contrari allo sci, che consideriamo una risorsa per il nostro territorio. Ma non possiamo non tenere conto dei cambiamenti legati al clima», aggiunge Marcello Duranti. «Con l’innalzamento delle temperature e la mancanza di neve come si potranno usare le nuove piste, che peraltro sarebbero esposte a sud? La pista Alpino, anch’essa esposta a sud, da vari inverni è chiusa per carenza di neve. È in sofferenza persino il ghiacciaio del Presena, pur essendo rivolto a nord, che garantisce più fresco». I progettisti hanno già pensato a una soluzione: l’innevamento artificiale. «Per innevare tutto il versante montano ci sarà un consumo di acqua ed energia che porterà i costi alle stelle».

A proposito di costi, la Regione Lombardia ci ha già messo 25 milioni di euro su questo progetto voluto da Società Impianti Turistici Ponte di Legno, che vedrà anche il coinvolgimento dell’archistar giapponese Kazuyo Sejima. L’idea dei promotori è anche quella di ampliare le possibilità di lavoro e di sviluppo economico nella zona. L’accusa rivolta agli ambientalisti è spesso quella di mettere i bastoni fra le ruote con le loro velleità di proteggere l’ambiente. «Il cambiamento climatico è un dato di fatto. Non è nostro compito pensare a delle alternative, ma le idee non mancano. È possibile un approccio più sostenibile alla montagna d’inverno, diversificando le attività», commenta Duranti. «Sci alpinismo, ciaspole, discese con slittino nel bosco, slitte con i cavalli, pattinaggio su ghiaccio, passeggiate sulla neve… Si può fare tantissimo, offrendo alle persone l’opportunità di godere il silenzio e la pace delle montagne, come vuole il turismo slow. E per chi vuole sciare, ripeto, le piste ci sono».

All’estero ci stanno già lavorando. C’è il caso eclatante del comprensorio sciistico di La Sambuy-Seythenex sul Monte Bianco, in Alta Savoia, che di recente ha deciso di chiudere e smantellare i suoi impianti di risalita. Il cambiamento climatico ha ridotto la stagione sciistica a tal punto che l’apertura degli impianti non è più economicamente giustificata. Nel frattempo, sono allo studio nuove soluzioni per restare una destinazione attrattiva per gli sportivi, anche senza sci.

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Un commento

  1. sembra un po’ la storia dell’isola di Pasqua, una civilta’ che si autocondanna all’estinzione per la ripetizione ossessiva di comportamenti ecodistruttori.

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