
Ci sono persone che sfidano le montagne a mani nude. Senza imbragature, senza corde di sicurezza. Si chiamano free soloist e sono (per il rischio che corrono) una “specie” a parte rispetto a tutti gli altri scalatori. Loro fanno qualcosa che nessun altro arrampicatore comune farebbe: sfidare consapevolmente il rischio estremo. Basta un attimo, un solo sbaglio e cadi nel vuoto. Senza alcun tipo di protezione. Per fare tutto questo ci vuole una preparazione mentale solidissima, che è forse il solo modo razionale per definire quella che ai molti pare una pura follia.
Il più famoso free soloist al mondo è lo statunitense Alex Honnold, e il documentario a lui dedicato Free Solo – Sfida estrema (2018, vincitore del premio Oscar come miglior documentario) lo inquadra umanamente per poi accompagnarlo – e accompagnarci – nella sfida di arrampicata free solo più grande di sempre: la scalata a mani nude del monte El Capitan (Yosemite Park). 900 metri di altezza, una roccia granitica, scura e nuda che si erge monumentale come se spuntasse dal nulla. Honnold il 3 giugno 2017 ha compiuto quell’impresa umana e storica in nemmeno 4 ore, seguito silenziosamente da una troupe video che era ben consapevole avrebbe potuto osservarne la morte in diretta.
«El Cap è il muro più impressionante al mondo». Lo dice Honnold all’inizio del documentario, sui titoli di testa. Non nasconde in nessun modo la paura, anzi la consapevolezza in lui è fortissima, e proprio per questo il suo lavoro è quello di ridurre il margine di errore, trasformare lo spaventoso in qualcosa di razionalmente affrontabile grazie ad un allenamento, fisico e mentale, precisissimo: «Lavoro nella paura, fino a quando non è più una cosa spaventosa».
Alex infatti, oltre a percorrere prima imbragato la stessa salita fino a conoscerne ogni millimetro, ripassa mentalmente tutte le mosse su un diario su cui scribacchia a mano, pieno di pensieri come “fidati del tuo piede destro in quel punto“. È un eremita che vive letteralmente isolato, in un camper (“ho vissuto nel parcheggio di Walmart e cenato con 88 centesimi per un anno“). Guadagna, dice lui stesso, quanto un dentista affermato e quindi gran parte dei suoi guadagni – data la sua vita frugale- vanno alla sua fondazione filantropica. Alex, per sé, sembra non avere bisogno di nulla se non del suo corpo e di una montagna da scalare. È il senso estremo della sua vita.
Free Solo ci mostra quindi Alex durante la preparazione alla scalata, mentre si allena, ma anche nella sua intimità: mentre mangia, va a farsi visitare (qualche incidente di percorso accade) e nella sua relazione con la fidanzata. Forse questa, oltre alla scalata in sé, è la cosa più stupefacente e rivelatrice di Honnold: il modo in cui vive tale relazione e la sua vita. Per lui l’arrampicata è la sua ragione di vita, tutto il resto è accessorio, e non può mettersi in mezzo tra lui e la sua passione. È capace di un cinismo allucinante ma infine mostra a suo modo un amore che ha del commovente.
La parte più incredibile del documentario è però il momento vero e proprio della scalata. Nel guardarlo, si è consapevoli che ad Alex non succederà nulla, ma la tensione è comunque alle stelle. Perché? Perché quello che stiamo osservando ha del miracoloso, del sovrumano. Nel vederlo da lontanissimo, un puntino nella roccia, e poi da estremamente vicino (a vedere addirittura il tocco di un pollice che lo divide dal precipizio) si vive un’esperienza cinematografica unica, commovente. Free Solo dà a noi tutti una possibilità incredibile, essendo ben consapevoli che non potremo mai in vita nostra vivere un’esperienza del genere: quella di farci avvicinare il più possibile, anche solo per qualche attimo, alle sensazioni di quel momento. Ed è già tanto, figurarsi viverle.
Free Solo – Sfida estrema è disponibile per lo streaming su Disney+