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Carnia: quando l’energia non va d’accordo con l’ambiente

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UDINE — Una "insurrezione" tipo Val di Susa. E’ quanto potrebbe accadere al confine fra Italia e Austria, a causa della costruzione di nuovi elettrodotti aerei che i residenti proprio non vogliono. Lo scenario emerge da un’interrogazione parlamentare presentata nei giorni scorsi da Manuela Di Centa (Forza Italia) in parlamento.

La vicenda inizia qualche anno fa. Quando un’intesa fra la Regione Friuli Venezia Giulia e l’Austria apre la strada alla progettazione di nuovi elettrodotti transfrontalieri, per portare alle industrie del nord-est italiano energia a basso costo.
 
I progetti – cui sono fortemente interessati grossi gruppi industriali – prevedono nella zona la costruzione di grandi linee di trasporto dell’energia. In particolare, un elettrodotto di collegamento aereo a 220mila volt destinato alle Ferriere Nord (gruppo Pittini) e all’industria Fantoni di Osoppo, chiamato elettrodotto Alpe Adria (dalla società che lo realizzerà). E un secondo elettrodotto interrato a 110mila volt per le Cartiere Burgo di Tolmezzo. 
 
Il governo concede le autorizzazioni. L’Unione Europea dà il nulla osta, in linea con le nuove normative che paiono destinate ad accelerare la costruzione di invasive infrastrutture aeree.
 
Peccato però che nessuno abbia fatto i conti con l’oste. Ovvero con le amministrazioni locali e i residenti della Carnia che, dell’elettrodotto aereo che collegherà Wurmalch (in Austria) con Somplago di Cavazzo Carnico, proprio non vogliono sentir parlare.
 
E’ così il 16 dicembre delle scorso anno, migliaia di persone guidate dall’arcivescovo di Udine e dagli amministratori locali sono scese in piazza per protestare contro quei cavi ad alta tensione che dovrebbero passare sulla testa della gente. In un ambiente di grande pregio naturale e paesaggistico, per giunta.
 
"Perchè si chiedono i comitati spontanei – l’elettrodotto privato di Pittini-Fantoni non viene interrato?". La risposta è semplice: costerebbe molto di più. Molto di più dei 25 milioni di euro che ci vorranno per realizzare l’elettodotto di 45 chilometri da  Wuermlach a Somplago attraverso il passo di Monte Croce Carnico, Paluzza, Cercivento, Sutrio, Arta Terme, Zuglio, Tolmezzo e Cavazzo Carnico.
 
Con tralicci alti fino a 60 metri che attraverseranno aree di interesse ambientale, storico e artistico. Come quelle del monte Coglians, di casera Lavarèit, del bosco bandito di Cleulis, della palestra di roccia di Illegio, dei Rivoli Bianchi di Tolmezzo, del lago di Cavazzo, dei Pievi di San Pietro di Carnia e di San Floriano a Illegio.
 
Certo è che, stando alle previsioni, saranno 42 i grandi elettrodotti che nel prossimo futuro valicheranno le Alpi. Ventidue di questi si trovano in Friuli Venezia Giulia. Sono infatti 22 le richieste di concessioni giunte in Regione. Di cui due al servizio esclusivo di gruppi industriali.
 
“I dati del Piano energetico regionale – sostiene il WWF – dimostrano che in Friuli l’industria consuma il doppio di elettricità rispetto alla media nazionale. Ci sono, quindi, enormi margini per interventi di risparmio e razionalizzazione. Invece, ogni azienda punta a importare elettricità dall’estero, per ora meno costosa, con elettrodotti privati".
 
Intanto, nei mesi scorsi il gruppo Pittini e la Fantoni hanno deciso di costruire un solo impianto in comune, confluendo nella società Alpe Adria. Ed ecco che nei comunin interessati dal progetto sono cominciate ad arrivare mle raccomandate della Terna (Enel) che chiedono agli uffici tecnici di comunicare entro 30 giorni i nominativi dei proprietari coinvolti dal transito dell’elettrodotto Alpe Adria. Il timore dei residenti è che si tratti del prologo alla procedura d’esproprio dei terreni.
 
“Tra pochi anni – sostiene il WWF – rischiamo di vedere una selva di cavi e tralicci, per linee private più o meno parallele attraverso le Alpi. E la Regione sta a guardare, anzi avalla “a priori” alcuni progetti (com’è accaduto con quello di Pittini), prima ancora che sia avviata la valutazione di impatto ambientale”.
 
Sulla condotta della Regione e del suo presidente Illy, non risparmia critiche nemmeno l’interrogazione parlamentare della Di Centa: "Giudizio negativo sull’amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia che non si è preoccupata di concertare la modalità di costruzione dell’opera con le comunità interessate che stanno difendendo il proprio ambiente, unica vera risorsa locale".
 
Il problema dello sfruttamento delle aree montane a fini energetici e non solo, sta diventando sempre più stringente. E se ne sono accorti anche in parlamento. Se la Valtellina detiene probabilmente il record delle acque captate per fini idroelettrici (il 92 per cento dei torrenti sono stati "forzati" per essere impiegati nella produzione di energia), anche nelle valli friulane i rischi sono concreti.
 
Le acque vengono spesso convogliate in condotte forzate e non percorrono più i normali corsi Mettendo a rischio l’intero ecosistema montano. La fauna ittica sparisce. Le zone circostanti si inaridiscono. Gli animali non trovano più l’acqua a cui abbeverarsi e di conseguenza si spostano. E quel che è peggio: la gente di montagna non ci sta più a vedere il suo territorio snaturato e depauperato da impianti che non servono al fabbisogno locale. 
 
Le soluzioni ci sono. Vanno dall’interramento degli elettodotti a una gestione equilibrata delle acque. Che tenga conto sia della necessità di produrre energia, sia delle esigenze delle popolazioni locali che hanno tutto il diritto di non vedere distrutto l’ambiente in cui vivono. Che spesso, oltretutto, è anche una fonte economica di primo piano (vedi il capitolo turismo).
 
Tutto, come sempre, si gioca su scelte dettate dal buon senso: merce rara.
 

 

Nella foto, elaborata da Mountain wilderness, le possibili conseguenze del passaggio dell’elettrodotto nelle valli della Carnia

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