Ambiente

180 milioni di litri d’acqua per il 100% di neve artificiale, le Olimpiadi di Pechino in numeri

Le prime Olimpiadi invernali furono organizzate a Chamonix, sul versante francese del Monte Bianco, nel 1924. Nel 1932 lo scenario fu quello di Lake Placid, negli Stati Uniti, Garmisch nel 1936, Cortina nel 1956, poi Grenoble, Innsbruck, Torino e molte altre località. Quest’anno è toccato alla Cina, con Pechino, e non sono stati in pochi a storcere il naso o a rimanere interdetti dalle riprese effettuate sulle piste da sci. Lunghe strisce bianche tra colline e monti brulli e spogli. La mancanza di neve, problema sempre più diffuso a causa dell’innalzamento delle temperature medie terrestri, e che quest’anno sta colpendo duramente anche le nostre Alpi, si è fatto sentire in modo deciso durante i giochi olimpici. Motivo per cui gli organizzatori sono ricorsi alle neve artificiale, pratica ormai consolidata anche fuori dal mondo olimpico per garantire la sciabilità durante tutta la stagione. Perché i cannoni da neve funzionino basta infatti che ci siano le condizioni di temperatura adeguate e, anche con il cielo sereno, ecco arrivare la neve.

Cannoni e crisi idrica

Quello di Pechino, o meglio di Zhangjiakou dove si sono svolte le gare di sci, non è il primo caso in cui si è fatto uso di neve artificiale durante le Olimpiadi invernali. La prima volta è stata a Lake Placid, nel 1980. A Sochi, nel 2014, quasi l’80 percento della neve era sparata. Una percentuale ancora più alta si è vista a Pyeongchang, mentre a Pechino si è arrivati quasi al 100%.

Secondo uno studio pubblicato dall’Università Loughborough di Londra gli organizzatori hanno impiegato 180 milioni di litri d’acqua per innevare una superficie di 800mila metri quadrati con un costo, dichiarato dal governo cinese, di 90 milioni di dollari. Sale macchine, stazioni di pompaggio, 65 chilometri di tubi e oltre 350 cannoni a pieno regime ed ecco fatte le Olimpiadi.

Un lavoro organizzativo che stona con quelli che sono i grandi problemi di approvvigionamento idrico di Pechino e d’intorni, dove l’acqua cade copiosa solo nei mesi di luglio e agosto. Sulle montagne negli ultimi inverni si sono registrate medie di 6 centimetri di neve a stagione. Per meglio far comprendere cosa si intende con scarsità d’acqua, basti pensare che annualmente ogni abitante di Pechino ha a disposizione 117 metri cubi di acqua dolce mentre un cittadino italiano ne ha circa 3000 (Fonte data Worldbank). Inoltre, per le Nazioni Unite, i Paesi capaci di offrire meno di 1000 metri cubi di acqua per persona si trovano in una condizioni di “scarsità idrica”.

Olimpiadi Carbon Neutral

L’hanno dichiarato più volte gli organizzatori: le Olimpiadi invernali di Pechino sarebbero state carbon neutral. Come? Grazie a energia prodotta con fonti rinnovabili e ad altre iniziative per compensare le emissioni prodotte.

L’impronta ecologia di queste Olimpiadi è stata stimata su 1,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Per abbattere questo valore la Cina si è impegnata nel riutilizzo delle strutture esistenti, principalmente riadattando quelle dei giochi olimpici del 2008. Inoltre il 100% delle auto per trasporto passeggeri e l’85% dei veicoli di servizio impiegati sono stati alimentati per via elettrica, con idrogeno o gas naturale. Infine tutte le 25 sedi dell’Olimpiade sono state alimentate da energia rinnovabile.

Una bella vetrina per mostrare la conversione green a cui il Paese del sol levante afferma di volersi preparare. Anche se stona col fatto che a Pechino la maggior parte dell’energia elettrica ha origine fossile. Oltre al fatto che la costruzione di diverse sedi olimpiche ha comportato il trasferimento di circa 20mila alberi e ha portato alla riduzione del 20% della superficie di una riserva naturale.

Un ultimo punto di discussione riguarda la neve artificiale con cui abbiamo aperto il pezzo. Definita dal New York Times come “the most extensive snow-making operations in the history of the Games” – la più estesa operazione di innevamento nella storia dei giochi – ha richiesto interventi duri sul territorio. È sempre il NYT a riportare casi in cui una parte dell’acqua per l’innevamento è stata prelevata da piccoli corsi d’acqua fondamentali per l’attività agricola delle realtà che popolano la zona. Le fonti ufficiali ribadiscono invece come sia stata utilizzata solo acqua proveniente da speciali cisterne di accumulo delle acque durante l’estate.

Le Olimpiadi sono finite da qualche giorno, ma i dubbi sulla sostenibilità di questi giochi e le perplessità suscitate dalle piste innevate su montagne brulle continuano ad alimentare cronache e dibattiti. Da Olimpiadi carbon neutral a “Olimpiadi invernali meno sostenibili della storia” è un attimo, afferma al The Guardian la geografa dell’Università di Strasburgo Carmen De Jong. “Queste montagne praticamente non hanno neve naturale. Realizzare degli eventi senza la risorsa primaria su cui dipendono non è soltanto insostenibile, è irresponsabile”.

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6 Commenti

  1. Fanno tutti un gran bla bla di essere green ed ecosostenibili… Ma alla fine interessa solo lo show e il denaro… Eventi del genere sono inquinanti… L’unica soluzione è smetterla di farli ad ogni costo… O si ha neve naturale o niente… Stessa cosa per i nostrani comprensori di sci.

  2. Eh niente, che dire?! Un vero esempio quello cinese di stupidita’ umana.Il top dell’articolo :”i veicoli di servizio hanno usato energie rinnovabili come….. o gas naturale” .Ma quale gas naturale?? Altro che impegno a contrastare il cambiamento climatico !!

  3. Continuiamo così che prima o poi (credo prima…) andremo a sbattere ma sarà ormai troppo tardi; si sentono sempre belle parole ma poi la realtà è ben diversa e il dio denaro prevale sempre, si veda il folle progetto tornato in voga ultimamente di DEVASTARE il vallone delle Cime Bianche per unire Champoluc a Cervinia

  4. Il problema e’ che e’ la terza volta consecutiva in cui le olimpiadi invernali vengono assegnate a un luogo privo di qualunque tipo di storia sportiva e di conseguenza con quasi il 100% degli impianti da realizzare da zero! Il complesso di Zhangjiaku poi e’ stato anche criticato per motivi tecnici, in quanto in una localita’ climaticamente complessa da gestire e priva di vegetazione e con un microclima difficile, tant’e’ che gia’ si parla di abbandonarla definitivamente!
    Se volessero veramente spingere sulla sostenibilita’ dovrebbero mettere come criterio che gli impianti siano gia’ presenti e in parte collaudati al momento della candidatura!

  5. Forse il problema è ancora a monte (per rimanere in tema). Lo sci alpino, almeno per come è praticato ai nostri giorni, non è sostenibile.
    Ormai si ricorre all’innevamento artificiale in qualsiasi posto con consumi esorbitanti di acqua e energia.
    Sembra logico il dover ricorrere a soluzioni alternative.

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