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Gli azzurri puntano al “tetto del mondo”

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DORTMUND, Germania — Ci perdonino i lettori se parafrasiamo, per un giorno, la montagna. Ma la gioia per la vittoria della nazionale contro i tedeschi è troppa, e la scelta ci è parsa doverosa. Primo perché i nostri ragazzi sono ad un passo dal “tetto del mondo”, calcisiticamente parlando. Secondo perché anche le montagne italiane, in giornate come queste, si tingono d’azzurro e non solo per il cielo. 

Si può proprio dire che abbiano scalato l’Everest, ieri notte, i nostri ragazzi. Sono stati 120 minuti sofferti, intensi, sudati. Il cuore e i polmoni sono stati messi a dura prova dai guizzi in avanti della cordata italiana e dai sussulti improvvisi della montagna tedesca. Che, con tutte quelle maglie bianche (in campo e sugli spalti) sembrava proprio un ghiacciaio immenso. E quasi invalicabile.
 
Invece gli azzurri si sono dimostrati alpinisti d’eccezione. Attenti, vigili, mai egoisti. Pronti a dare il tutto per tutto in qualsiasi momento vengano chiamati in causa. Consapevoli che la montagna non perdona, e un singolo errore può essere fatale.
 
Un errore che non verrà mai commesso. Cannavaro è una gola profonda che inghiotte qualsiasi pallone caparbiamente avanzato dalla nazionale tedesca. Che, poveretta, ci credeva davvero. Buffon è una parete strapiombante e immensa, che non lascia nessuno spazio. Non c’è una fessura per far passare nemmeno il più piccolo dei friend. Gattuso arriva dappertutto, come l’acqua di una sorgente che sgorga dalla vetta e inonda tutto il versante, portando via ciò che trova sul suo passaggio.
 
Zambrotta e Materazzi, come le Torri di Trango, dominano il campo. Totti sbuca ogni tanto, con dei guizzi di classe la cui vista lascia incantati ed impietriti come quando ti si para davanti un inaspettato cucciolo di camoscio. Grosso è la semplicità fatta persona, neanche fosse montanaro per nascita, e non riesce a credere a quello che ha fatto. Del Piero, come qualcuno creduto ormai spacciato dopo una brutta caduta, si rialza dalla polvere e raggiunge in un baleno quel firmamento che sembrava ormai perduto.  
 
La gioia della vetta è arrivata, come da copione, solo alla fine, negli ultimi due minuti. Il cuore fa fatica a star nel petto, mentre la voce esce tutta fuori. Dalle Alpi agli Appennini si sparge un solo ed unico grido. Che è durato tutta la notte. La scalata non è solo degli azzurri, è dell’Italia intera.
 
Ora vedremo cosa ci aspetta. Se passa la Francia, sarà una sfida tra i due versanti delle Alpi. Da gustare, sarebbe bello, in cima al Monte Bianco. Perché la vendetta, attesa da Parigi ’98, è un piatto che si serve freddo.
 
Sara Sottocornola

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