Ambiente

Fulmini nell’Artico: un fenomeno raro in allarmante aumento

Fino a quale latitudine è possibile il verificarsi di fulmini? Una domanda non facile per noi poco esperti del settore, abituati ad associare lampi, tuoni e fulmini ai temporali “di casa nostra”. Le reti di sensori in grado di monitorare l’attività elettrica dei cieli dell’intero globo ci dicono però che fulmini possono cadere anche alle latitudini più estreme dell’Artico, oltre gli 80°N, persino gli 85°N, in quella che è definita zona dell’alto Artico. Si tratta di episodi rari ma possibili, tanto più rari quanto più ci si sposti a nord in termini di latitudine. E quando un fenomeno si definisce raro, osservarne un incremento in frequenza evidenzia la presenza di un problema. Nel 2021, secondo il report di recente diffuso dalla compagnia finlandese di monitoraggio ambientale Vaisala, il numero di fulmini registrati nell’Alto Artico è incrementato in maniera allarmante. E secondo gli scienziati la causa è il cambiamento climatico in atto.

Nella sezione “Highlights” che apre il report, scaricabile gratuitamente in versione integrale dal sito dell’azienda, spicca in prima posizione proprio tale dato: “nel 2021 si è registrato un incremento pari al 91% nella caduta di fulmini a Nord degli 80°N, a confronto con il periodo 2012-2020 combinato (ovvero tutti e 9 gli anni considerati insieme, ndr)”.

Una percentuale esorbitante. Il numero preciso di fulmini rilevati in questa area del Pianeta, la parte più settentrionale dell’Artico, in cui l’occhio umano non giunge ma ci pensa una rete di sensori a tenerci informati, è pari a 7.278. In tale computo vengono considerati sia i fulmini che cadono dalle nubi al suolo sia i cosiddetti in-cloud, ovvero sviluppatisi tra nubi. 634 sono la frazione di fulmini caduti oltre gli 85°N. In totale al di sopra del Circolo Polare Artico si sono registrati nel 2021 circa 2 milioni di fulmini. L’aumento nella frequenza del fenomeno, come evidente dal grafico di sintesi (che trovate in gallery) inserito nel report, risulta essere molto più significativo nell’Alto Artico che nella regione artica nella sua totalità. Nel corso dell’ultimo decennio si è assistito dunque a un allarmante incremento dell’attività elettrica sempre più a Nord, oltre gli 80°N.

Nel 2019 – si legge ancora nel report – è stato registrato il fulmine più a nord di sempre, a 52 km dal Polo Nord.”

Nel 2021, a conferma del ci sia qualcosa che non va (anche) a tali latitudini estreme, ricordiamo che per la prima volta abbia piovuto, invece che nevicare, sulla calotta glaciale della Groenlandia.

I fulmini dell’Artico, indicatori del cambiamento climatico

“L’organizzazione meteorologica mondiale ha dichiarato i fulmini una variabile climatica essenziale in quanto comprendere dove e con quale frequenza essi si verifichino può aiutarci a comprendere meglio i cambiamenti del nostro clima – si legge ancora nel report – . I fulmini che si verificano nella regione artica rappresentano un importante indicatore per i potenziali impatti del cambiamento climatico, in quanto identificano intrusioni di aria calda e ad alto tasso di umidità.”

“Ciò che abbiamo notato – ha dichiarato alla CNN da Chris Vagasky, meteorologo della compagnia finlandese – è lo sviluppo di fulmini e tempeste al di sopra della Siberia, che poi si spostano in direzione del Mar Glaciale Artico e proseguono verso nord” aggiungendo che “l’aria umida e calda proveniente da tutti i continenti si muove verso il Mar Glaciale Artico e persiste su tale area, e così è possibile che tempeste si sviluppino anche direttamente lì.”

A conferma dell’associazione tra aumento dei fulmini nell’Artico e surriscaldamento globale è stato di recente pubblicato uno studio a cura della Università di Washington che evidenzia una correlazione tra incremento della temperatura media mondiale e dell’attività elettrica alle latitudini nord estreme nell’ultimo decennio.

Più fulmini significano più precipitazioni?

Nell’Artico i fulmini possono verificarsi in presenza di precipitazioni scarse se non assenti. La ragione è presto detta: più una massa d’aria è fredda, più basso risulta essere il contenuto assoluto di vapore acqueo che essa può contenere. Una massa d’aria satura al 100% in ambienti più caldi presenterà un quantitativo espresso in grammi per metro cubo di vapore acqueo superiore a una massa d’aria satura al 100% in ambienti più rigidi. Partendo da tale assunto, se l’incremento dei fulmini in ambiente artico è aumentato di pari passo con l’innalzamento globale delle temperature, sarebbe interessante comprendere come, dove e se siano aumentate anche le precipitazioni a tali latitudini.

Purtroppo, a differenza dei fulmini, che possono essere rilevati e contati a vasta scala con “pochi” sensori –  i sensori GLD360 utilizzati da Vaisala riescono a captare fulmini fino a 10.000 km di distanza – , per misurare le precipitazioni è necessaria una sensoristica con distribuzione molto più capillare sul territorio. Che a latitudini estreme non esiste. Sono però presenti alcune stazioni meteo, come ad esempio la Summit Station a 72°N ove è stata rilevata la pioggia da record della scorsa estate, o la stazione di Alert, a 82°N. Per quanto poche esse siano, sarebbe interessante disporre a confronto dei dati di precipitazione registrati.

Un problema che riguarda il mondo intero

Come abbiamo avuto modo di riportare in più occasioni, ciò che accade nell’Artico non resta confinato nell’Artico, ma riguarda tutto il mondo. “Le zone artiche, che ci sembrano così lontane, sono i punti cruciali degli equilibri climatici dell’intero pianeta perché la fusione dei ghiacci della calotta polare marina cambia la salinità che è ciò che innesca o smorza le correnti oceaniche che sono le forzanti principali per il clima di molti paesi. È ciò che accade lassù che muove primariamente il clima“, ci spiegava in occasione di una nevicata fuori stagione, verificatasi nel maggio 2021, il meteorologo Filippo Thiery.

Vagasky conferma tale visione: “Quando ci si trova di fronte a simili drastici cambiamenti, soprattutto in luoghi come l’Artico, queste alterazioni non impattano solo sull’Artico. La Terra è totalmente interconnessa.”

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