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Pascoli alpini e sostenibilità, un connubio possibile

I pascoli fanno bene o male alla montagna? Come spesso accade quando si parla di ambiente montano e suo utilizzo per attività produttive umane, la risposta è nel mezzo: dipende da come si gestisca il pascolamento. Allo scopo di diffondere buone pratiche per migliorare la conduzione degli alpeggi alpini, rendendoli quanto più sostenibili, è nato un progetto dal titolo emblematico di Pascol-Ando.

Pascol-Ando, finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 di Regione Lombardia vede come partner CREA, Università degli Studi di Milano Bicocca e Associazione Regionale Allevatori della Lombardia (ARAL).

Il progetto Pascol-Ando

Gran parte del paesaggio montano è costituito da elementi che sono il risultato dell’interazione tra l’utilizzo di prati, pascoli e boschi e l’effetto di eventi atmosferici e processi biologici naturali. I sistemi basati sul pascolo, così importanti per l’economia delle aree montane, hanno subito negli ultimi decenni un grave abbandono (solo recentemente frenato), che ha favorito l’espansione del bosco e la trasformazione di fitocenosi produttive in nardeti più o meno puri.

L’utilizzo regolare di prati e pascoli, invece, produce una maggiore varietà di specie rispetto a quella che si ha con l’abbandono. La zootecnia di montagna, per mezzo del pascolamento, consente non solo di produrre alimenti di elevata qualità valorizzando risorse altrimenti poco utilizzabili, ma anche di fornire servizi per la comunità, come il mantenimento di un paesaggio fruibile, la conservazione della biodiversità, la protezione delle risorse suolo e acqua.

Come anticipato, il progetto nasce allo scopo di far conoscere tecniche aggiornate per migliorare la conduzione degli alpeggi in ambiente alpino. L’area scelta a scopo dimostrativo è l’alpeggio Alpe Andossi, in alta Valchiavenna, posizionato a una quota di 1800-2000 m e con una superficie di circa 350 ha. L’alpeggio in questione è una proprietà privata, condivisa dalle famiglie di Madesimo, e gestito dal consorzio Alpe Andossi. Divisa in 365 vaccate o erbate, ovvero superfici per il pascolo, ospita vacche da latte per circa 90 giorni l’anno, tra giugno e settembre.

Obiettivi

L’obiettivo principale del progetto è la diffusione di conoscenze e la dimostrazione di buone pratiche e innovazioni per una gestione sostenibile di queste aree agricole di particolare rilevanza ambientale, anche mediante l’introduzione e il ripristino di pratiche agronomiche vantaggiose per gli operatori agricoli e ambientalmente rilevanti per la valorizzazione della biodiversità, nonché il miglioramento e l’innovazione nella gestione delle coltivazioni e degli allevamenti.

Ulteriore obiettivo del progetto è la diffusione delle conoscenze sul potenziale e sui costi della zootecnia di precisione, che aiutino gli allevatori e i tecnici ad avvicinarsi alle funzionalità di tali sistemi applicati al pascolo.

Tecnologia al servizio dei pascoli

Scendendo nel dettaglio di come si stia svolgendo il progetto sull’Alpe della Valchiavenna, potremmo dire che l’area test sia sotto stretta osservazione grazie al supporto di numerose tecnologie: sensori elettromagnetici per la mappatura del suolo, un drone dotato di camera multi-spettrale per la mappatura della vegetazione, GPS per seguire lo spostamento degli animali e l’app Moo Monitor+ per il monitoraggio dell’attività e del benessere della mandria al pascolo.

L’App Moo Monitor+ è stata realizzata dall’azienda irlandese Dairymaster, specializzata nella produzione di tecnologie a supporto dell’industria casearia. In Irlanda i pascoli presentano già un alto livello di tecnologia e automazione. Potremmo dire che gli animali siano liberi di pascolare ma continuamente monitorati dall’allevatore, comodamente via smartphone.

Il Moo Monitor+ è diventato, e diventerà sugli Andossi, un sostituto del campanaccio. Si tratta infatti di un morbido collare che ospita una tecnologia wireless in grado di comunicare, h24, alcuni parametri dell’animale: temperatura, ruminazione, alimentazione, tempi di deambulazione e riposo. In sintesi di comprendere se e quanto stia bene. Qualora qualche parametro dovesse risultare alterato, l’App avviserebbe nell’immediato l’allevatore così da intervenire prontamente.

Il progetto pone attenzione anche sulla verifica della qualità del latte prodotto, che è funzione dell’alimentazione del bestiame al pascolo. Un dato importante? Essenziale potremmo dire, in quanto in grado di comprovare quanto il latte di montagna sia più ricco di nutrienti rispetto al latte prodotto in pianura.

Molecole la cui percentuale risulta più elevata nel latte prodotto in quota sono ad esempio i terpeni, che provengono dalle specie botaniche del pascolo e dunque variano qualitativamente e quantitativamente nel corso della stagione in alpeggio. Nel latte di montagna risulta anche più elevata la quantità dei celebri acidi grassi omega 3. Idem per i CLA, entrambi con proprietà benefiche per la salute umana.

Prodotti sostenibili di alta qualità

Le azioni di informazione e dimostrazione sulla qualità e tracciabilità del latte d’alpeggio hanno l’obiettivo di promuovere e sostenere il valore di queste produzioni, non solo da un punto di vista nutrizionale ma anche economico, in modo da attirare giovani imprenditori e dare continuità al settore.

Inoltre la possibilità di applicare tecnologie analitiche rapide e portatili, quali il NIR, direttamente in loco per la valutazione della qualità del latte ha lo scopo di portare innovazione in un ambito, quale la lavorazione del latte in alpeggio, fortemente legato alla tradizione.

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