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Alpinista precipita e muore in Civetta, la nebbia ostacola il recupero del compagno

Ancora un weekend di grande impegno per il Soccorso Alpino quello che ci lasciamo alle spalle. Su Alpi e Appennini gli interventi, spesso complicati dal maltempo, sono risultati innumerevoli. Il più complesso è stato portato a termine nella mattina di sabato, purtroppo con bilancio di una vittima, nel gruppo del Civetta, dove un alpinista è precipitato a seguito del distacco di un chiodo in parete sulla Torre Venezia. Il compagno di cordata è rimasto una intera notte in quota in attesa dei soccorsi, ostacolati dalla nebbia. La scarsa visibilità in quota ha complicato anche due interventi in ferrata, un primo sempre in Civetta, un secondo in Valsaviore.

Alpinista precipita sul Civetta

È stato recuperato nella mattina di sabato 28 agosto il corpo senza vita di un giovane alpinista lombardo precipitato nella serata di venerdì, mentre con il compagno di cordata si preparava a scendere in doppia dalla Torre Venezia, in Civetta, dopo aver scalato la Via Ratti. Tratto in salvo anche l’amico rimasto da solo in cima tutta la notte. Venerdì sera attorno alle 22, la Centrale del Suem è stata allertata da uno scalatore, che aveva visto cadere l’amico dalla cengia circolare in cima alla Torre Venezia, prima di iniziare le doppie.

Allertato il Soccorso alpino di Agordo, una squadra ha raggiunto in jeep il Rifugio Vazzoler per poter essere trasportata in quota da uno degli elicotteri abilitati al volo notturno e provvedere al recupero del ragazzo, 23 anni di Milano, bloccato a 2.450 metri di quota. Per tenergli compagnia, aggiornarlo su quanto si stava facendo, rincuorarlo, un soccorritore lo ha costantemente contattato al cellulare ogni 15/20 minuti. Concordato in prima battuta l’invio dell’elisoccorso trentino, non c’è più stata possibilità di un suo intervento perché impegnato in altre missioni.

Verso le 23 è arrivata l’eliambulanza dell’Aiut Alpin Dolomites di Bolzano che ha subito effettuato una ricognizione, constatando che la nebbia stazionava 20 metri sotto il punto dove si trovava l’alpinista. Sceso in piazzola, con il peggioramento del tempo l’elicottero si è spostato ad Agordo, dove ha atteso un eventuale miglioramento fino alle due, quando, perdurando le condizioni negative, l’equipaggio è rientrato.

Alle 3 c’è stato un piccolo miglioramento, anche in questo frangente però l’eliambulanza di Trento – prevista in avvicinamento in mezz’ora – non è partita per repentini mutamenti meteo. Alle prime luci, è atterrato a disposizione delle squadre l’elicottero dell’Air Service Center, convenzionato con il Soccorso alpino Dolomiti Bellunesi, che ha atteso si aprisse un varco tra le nuvole persistenti per decollare.

Alle 6.25 due soccorritori sono stati imbarcati e l’elicottero è salito all’altezza della cengia circolare, dove uno di loro è sceso ed è andato incontro al ragazzo, che stava bene sebbene fortemente scosso. Caricato a bordo, il ventitreenne è stato portato fino al campo base ai Piani di Pelsa e da lì accompagnato al Rifugio Vazzoler per essere riscaldato e rifocillato. L’elicottero è poi nuovamente volato verso la parete per cercare il ragazzo precipitato, G.D.C.B., 27 anni, di Cesano Maderno (MB).

Scese ancora le nuvole, è stata necessaria una nuova rotazione per individuare il corpo senza vita, finito 180 metri più in basso in un canalino sotto l’arrivo delle doppie. Sbarcati 7 soccorritori, sono stati attrezzati gli ancoraggi per calarsi, ricomporre e imbarellare la salma. Il recupero è poi avvenuto con l’elicottero del Suem di Pieve di Cadore, che ha provveduto a portare a valle anche i soccorritori.

Dalle prime informazioni, usciti dalla Via Ratti venerdì sera verso 21.30, sulla cengia circolare i due scalatori si sono spostati al piccolo canalino di 5-6 metri che porta alla partenza delle doppie. All’inizio di questo canalino c’era un chiodo con cordino, utilizzato da alcuni scalatori per scendere all’attacco delle doppie, che è uscito dalla fessura, non appena il ragazzo ha caricato il peso dopo essersi agganciato, facendolo precipitare nel vuoto.

Recupero sulla ferrata degli Alleghesi

Alle 10.30 di sabato 28 agosto la Centrale del Suem è stata allertata, per un escursionista infortunatosi lungo la salita della Ferrata degli Alleghesi, sul Civetta. Poiché, contattati il Rifugio Torrani e Coldai per avere informazioni sulla visibilità, è emerso che le nuvole basse avrebbero impedito l’avvicinamento dell’elicottero del Suem di Pieve di Cadore, è stata verificata la possibilità di entrare da nord. Così, dopo aver imbarcato due tecnici del Soccorso alpino della Val di Zoldo, l’eliambulanza è riuscita a sbarcarli in quota.

I due soccorritori sono scesi lungo l’itinerario attrezzato per 200 metri e hanno raggiunto l’infortunato, 28 anni, austriaco, che era con una compagna e aveva riportato un probabile trauma al ginocchio. Appena le nubi si sono spostate l’elicottero si è avvicinato, ha recuperato il ragazzo con un verricello di 30 metri e lo ha trasportato all’ospedale di Agordo. I soccorritori hanno proseguito la discesa riaccompagnando a valle la ragazza.

Recupero sulla ferrata del Corno di Grevo

Si è concluso poco prima di mezzanotte l’intervento che nella giornata di venerdì 27 agosto ha impegnato la V Delegazione Bresciana del Soccorso alpino. Due alpinisti si trovavano sulla ferrata del Corno di Grevo, in Valsaviore ma nel tratto finale si sono bloccati e non riuscivano a proseguire; allora hanno chiesto aiuto al NUE 112.

Grazie alla sinergia e al coordinamento della sala operativa dei Vigili del fuoco con la Soreu delle Alpi è stato però possibile ottimizzare le risorse per portare a termine in modo positivo un intervento complesso dal punto di vista tecnico. È partito da Bergamo l’elicottero di Areu (Agenzia regionale emergenza urgenza) ma in quota c’era nebbia e quindi le condizioni di visibilità non consentivano di avvicinarsi; il mezzo allora ha trasportato fino a dove era possibile tre tecnici della Stazione di Media Valle Camonica del Cnsas, tra cui il gestore del rifugio Lissone, che fa parte del Soccorso alpino; un’altra squadra è salita a piedi dalla ferrata. I due alpinisti sono stati raggiunti: erano illesi ma affaticati; sono stati accompagnati fino al rifugio.

“La ferrata del Corno di Grevo, così come gli altri percorsi alpinistici, non è affatto da sottovalutare: bisogna calcolare bene i tempi della salita e del rientro per non farsi sorprendere dal buio, soprattutto in questo periodo in cui andiamo verso l’autunno e le ore di luce si riducono; inoltre, è necessario consultare sempre i bollettini meteorologici per verificare che le condizioni siano favorevoli, oltre a una valutazione accurata della preparazione personale e del grado di allenamento, per non farsi trovare impreparati.”

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9 Commenti

  1. Il ragazzo sulla Venezia per scendere i due facili gradoni di pochi metri per raggiungere il mega anello delle calate, si è appeso ad un chiodo estemporaneo con cordino senza controllarlo con due martellate ?
    Cero che quei pochi metri sembrano nel vuoto e magari era senza martello, ma morire così ……
    Tristezza.

    1. Si morire cosi per un errore del genere fa davvero tristezza. Perchè se una persona ha le capacità per salire e scendere da certe vie non si devono commettere questi errori di valutazione e sottovalutare il rischio. Il prezzo da pagare per questa nostra passione è fin troppo caro.
      Sincere condoglianze alla famiglia.

  2. …perché immagino che tutti i chiodi di tutte le vie che fate li controlliate con due martellate…magari anche le ferrate?!?ma tenerseli certi pensieri invece di scriverli no eh?

    1. Il concetto di sosta è semplice. Se la dinamica è quella indicata appendersi a un chiodo non è il massimo della sicurezza. Lo farei in caso di reale necessità, oppure se si sta parlando di uno spit o fittone su roccia “sicura” dove di certo non c’è nulla. Rimane cmq la tristezza per questa tragedia.

  3. Mi faccio un’altra domanda.
    Hanno attaccato la Ratti nel pomeriggio dato che “sono usciti verso le 21e30” ?
    Sempre più triste.

  4. Un mio collega di lavoro e pure per libere professioni opzionali Guida Alpina e Maestro di sci , ci raccontava che per prassi ribatteva chiodi e auscultava come suonavano, e dava pure pacchette sugli appigli. Anche su vie classiche ripetute parecchie volte per accompagnamento clienti ,gli succedeva ogni tanto che un chiodo emanasse un suono sordo e un applglio o appoggio si staccassero. Comunque anche campioni dell’alpinismo sono rimasti vittina di un cordino spezzato, di un chiodo uscito.L’unica precauzione in piu’ sarebbe revisionare e richiodare le vie classiche , ma sono troppe e poi sorgerebebro polemiche sullo snaturamento di imprese storiche.
    Forse lo stroncamento di vite da prevenire dovrebbe avere la priorirà.

  5. I frequentatori di oggi si allenano in falesia o pareti attrezzate e lì ti fanno il X e XI grado senza problemi. Ma l’alpinismo sulle pareti naturali sempre meno frequentate è tutta un’altra cosa, sono richieste doti di esperienza e di analisi del territorio selvaggio che vedo sempre meno nei giovani d’oggi che credono che le uova si fabbricano al supermercato. Una cosa sono gli spit resinati e altro i chiodi tradizionali, piantati da chissà quanto, magari corredati da un cordino marcio.

    1. Senza fare osservazione del tipo di stava meglio quando si stava peggio o generalizzare senza conoscere le persone il punto forse è tutto nell’ultima frase.

      Un conto è se mi appendo a una sosta, se mi appendo a uno spit su granito o se mi appendo a un chiodo di dubbia tenuta. Stop.

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