Ambiente

Turchia. Il Governo riduce l’area di conservazione delle fragili gazzelle di montagna

Avete mai sentito parlare delle gazzelle di montagna? Si tratta di una specie (Gazella gazella, Pallas 1766) diffusa un tempo ampiamente in Medio Oriente. Come dice il nome stesso è adattata all’ambiente montano e pedemontano ed è oggi considerata una specie vulnerabile. Il numero di esemplari tende infatti a diminuire, fatta eccezione per la Turchia, e su questo punto torneremo a breve.

Secondo i dati della International Union for Conservation of Nature, a fine Ottocento, soprattutto a causa della caccia, le gazzelle di montagna furono quasi portate all’estinzione lungo tutto l’areale. Ne rimanevano 2.500 esemplari in Israele. In Turchia praticamente si era decretato che fossero sparite. A parte una sottospecie (Gazella subgutturosa) ancora presente nella provincia di Sanliurfa, nel Sud del Paese. Questo fino al 1998.

Cosa succede nel 1998…

A metà degli anni Novanta Yasar Ergun, un veterinario, docente presso la Hatay Mustafa Kemal University nella città di Antakya, venne a sapere da un anziano cacciatore che sulle montagne turche, al confine con la Siria, nella provincia di Hatay, vi fossero delle gazzelle di montagna. Ergun decise di incamminarsi alla loro ricerca. Parlando con gli abitanti dei villaggi trovò conferma di occasionali avvistamenti. Le gazzelle erano state viste più volte non solo sulle colline rocciose, ma anche nei campi, alla ricerca di erba e acqua.

Nel 1998 finalmente riuscì a vederle con i suoi occhi e stimò la presenza di circa 100 esemplari. Non aveva una macchina fotografica che consentisse di portare prove valide al mondo scientifico. Ma per fortuna riuscì ad acquistarne una con una borsa universitaria. Scattò così qualche foto in cui risultava evidente che gli esemplari non appartenessero alla sottospecie del Sud-Est. Inviò le immagini a degli esperti e, nonostante l’ampio disinteresse accademico, trovò finalmente un alleato nel biologo Tolga Kankilic, che analizzò alcuni campioni di pelo, pelle e letame raccolti da carcasse mediante test genetici. Il DNA si sa, non mente. Quelle erano proprio gazzelle di montagna. Il nuovo obiettivo era chiaramente fare qualcosa per proteggerle.

La Turchia si attiva per difendere le gazzelle

Yasar Ergun iniziò un primo progetto in autonomia, acquistando grazie a una ulteriore borsa del materiale da consegnare agli abitanti dei villaggi: equipaggiamento da montagna e walkie-talkie, praticamente per avviare una campagna di monitoraggio in stile citizen science. Furono inoltre scavate delle vasche nella roccia, per consentire l’accumulo di acqua per gli esemplari. Vennero tenuti anche dei corsi per educare i bambini al rispetto delle gazzelle.

Il secondo passo di Mr Ergun fu di chiedere il supporto dell’esercito turco. L’area di distribuzione di tale popolazione nel sud del Paese corrispondeva infatti a una striscia di terreno lungo il bordo siriano, larga qualche chilometro e lunga meno di 30 km, ricadente in gran parte in zona militare. Tocca evidenziare che lo scoppio della guerra tra Turchia e Siria circa 10 anni fa, abbia in un certo senso aiutato le gazzelle. L’esercito realizzò infatti un muro di cemento lungo il confine, che divenne un ostacolo agli spostamenti degli esemplari verso la Siria e i cacciatori siriani.

Successivamente anche il Governo ha mostrato interesse e sono così stati realizzati un centro di riproduzione e un santuario per gazzelle orfane o ferite. Il presidente Erdogan nel 2019 ha addirittura istituito un’area di conservazione ampia ben 80 chilometri quadrati, fermando ogni progetto di cementificazione e escavazione nella zona. Grazie a tali interventi, la popolazione è passata da 235 esemplari del 2012 a oltre 1100 nel 2020.

Poi arrivano le difficoltà

Lo stesso Presidente, nei mesi scorsi ha firmato una ordinanza che riduce l’area di conservazione di 10 chilometri quadrati. Alla base della decisione sembrerebbero esserci le pressioni dell’industria della pietra. Nella zona verranno infatti aperte nuove cave.

L’espansione delle industrie, come dichiarato da Sedat Kalem, direttore della conservazione presso il World Wildlife Fund Turkey al New York Times, è un forte limite alla difesa della natura in Turchia.

10 chilometri quadrati potranno sembrare pochi ma il problema maggiore è quel che avverrà su tali 10 chilometri quadrati. “Vengono sottratti 10 km quadrati all’area di protezione, ma il problema è l’impatto di esplosioni e mezzi pesanti, il rumore di un passaggio continuo di tir, per non parlare del fatto che a questo primo taglio ne potranno seguire altri quando le nuove cave saranno esaurite”, ha dichiarato ad Agi Abdullah Ogunc, cofondatore con Ergun della associazione Takoder, di cui è presidente.

Il sogno si complica

Una decisione che infrange o rende più complesso da realizzare il sogno di Mr Ergun, che in un decennio di ripresa della popolazione delle gazzelle, ha visto aumentare anche la presenza di predatori, quali lupi e iene, segno che l’ecosistema sia sano.

Il terzo passo che il veterinario vorrebbe compiere dopo aver raggiunto l’obiettivo di un aumento della popolazione di gazzelle nel Sud della Turchia, sarebbe di reintrodurle in altre aree del Paese e non solo. “Magari potremmo reintrodurle in Arabia Saudita, Yemen, Syria, Iraq – ha dichiarato al NYT – . Loro le hanno viste scomparire 30 anni fa.”

Ogunc ha in ogni caso annunciato di voler presentare ricorso alla presidenza della Repubblica, per cercare di convincere Erdogan a tornare sui propri passi.

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