Aggiornamento ore 16.30 – È stato oggi il forchettone che avrebbe disattivato il secondo freno della cabina precipitata domenica sul Mottarone. I tecnici del Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese, attivati questa mattina dalla Procura di Verbania per partecipare alle operazioni di ricerca, lo hanno trovato sotto una lamiera a breve distanza dai rottami del veicolo. Hanno partecipato alle operazioni i Carabinieri e la Protezione Civile.
In carcere a Pallanza in stato di fermo, la cui convalida da parte del Gip è attesa per domani, Luigi Nerini (amministratore della società che gestisce la funivia), Gabriele Tadini (capo operativo) ed Enrico Perocchio (direttore di esercizio). Sono al momento al vaglio le posizioni di altre persone.
Ore 10.30 – Sono tre le persone iscritte sul registro degli indagati dalla Procura di Verbania per la tragedia della funivia del Mottarone di domenica scorsa in cui sono morte 14 persone, tra cui 2 bambini.
Il procuratore ha chiesto gli arresti in via cautelativa, che dovranno essere convalidati dal Giudice per le indagini preliminari, di Luigi Nerini, amministratore della società Ferrovie del Mottarone che gestisce la funivia, Gabriele Tadini, direttore del servizio, ed Enrico Perocchio, caposervizio.
I reati contestati dalla Procura sono di omicidio colposo e di rimozione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, aggravate dal disastro.
Il quadro emerso dopo i sopralluoghi di ieri sul luogo dell’incidente e la visione di alcuni filmati è decisamente più grave rispetto a quello iniziale: uno dei due freni della cabina precipitata risulta disattivato dal forchettone che solitamente viene usato durante la manutenzione per evitare proprio l’attivazione del freno. Una volta terminati i controlli, dovrebbe essere tolto così che in caso di blocco per qualsiasi motivo la ganascia si possa serrare sul cavo portante e fermare il veicolo così che non precipiti, come successo domenica quando la cabina, una volta che la fune traente si è spezzata, è scivolata a gran velocità a valle schiantandosi sull’ultimo pilone e cadendo a terra.
Secondo la Procura non è stato un errore umano, una dimenticanza: quel forchettone è stato lasciato “consapevolmente” per evitare che la funivia si bloccasse. Da circa un mese, ossia da quando aveva ripreso il servizio dopo il lockdown, l’impianto di risalita presentava delle anomalie all’impianto frenante di una delle cabine che causava all’interruzione del servizio. Problemi su cui si era cercato di agire con alcune azioni di manutenzione, che non avevano risolto il problema. Sarebbe stato necessario un intervento più decisivo, che avrebbe significato la chiusura della funivia proprio nel momento delle riaperture. Così, si è deciso di disattivare il freno con l’uso del forchettone per “evitare disservizi e blocchi della funivia”. “Una scelta consapevole dettata da ragioni economiche. Nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale. L’impianto avrebbe dovuto restare fermo” ha dichiarato Olimpia Bossi, procuratrice incaricata del caso.
Quello che c’è ancora da comprendere è se anche il secondo freno della cabina fosse disattivato. Dai sopralluoghi non è presente il forchettone, ma potrebbe essere stato scaraventato via dall’urto della caduta. Nel caso invece si verificasse che non era bloccato il secondo freno, bisognerà comprendere perché non è entrato in funzione. Altro punto che non ha ancora risposta è perché la fune trainante si sia rotta.