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La gestione della fauna selvatica non si improvvisa, parola del prof. Marco Olivi

Se fino agli anni Settanta l’uomo ha spinto verso l’abbattimento delle foreste e la compressione, fino all’estinzione, della fauna selvatica oggi in Italia questa tendenza si è invertita. Grazie ad azioni di tutela, come l’istituzione di parchi e riserve, si è data nuova vita al territorio naturale e ai suoi abitanti, gli animali selvatici. In un territorio che non è mai stato wilderness (sui monti e nei boschi italiani l’uomo ha influenza da tempo immemore) sono tornati a crescere i numeri degli ungulati, dei cinghiali e con loro anche quelli dei grandi predatori, come il sempre dibattuto lupo.

L’essere umano ha un rapporto complesso con queste realtà selvatiche, esiste un muro ideologico (o di interessi) che separa allevatori, agricoltori e fauna. Un rapporto delicato che non possiamo lasciare al caso, all’autogestione che di conseguenza porterebbe all’anarchia. Ecco che nasce l’esigenza di una figura professionale in grado di gestire la fauna selvatica nei suoi vari aspetti. Per questo da tre anni l’Università Ca’ Foscari di Venezia propone un master in Amministrazione e Gestione della Fauna Selvatica. Un corso post laurea ideato per formare un tecnico capace di operare una gestione sostenibile della fauna selvatica grazie a insegnamenti caratterizzati da una forte interdisciplinarietà per poter coniugare competenze nelle materie della biologia, del diritto, dell’economia e dell’etica. Abbiamo avuto occasione di parlarne con il direttore scientifico e fondatore del master Marco Olivi, professore associato di diritto amministrativo presso l’Università Ca’ Foscari.

Professor Olivi, come nasce il master?

“Il master nasce dalla constatazione che la fauna è cambiata nel corso degli ultimi 50 anni, un tempo incontrare un cervo era come vedere un animale esotico. Oggi le cose sono completamente cambiate e occorre difendere la fauna dall’uomo e l’uomo dalla fauna. La fauna è un elemento che genera conflitti dovuti ad aspetti emotivi e ideologici. Si tratta di un tema impegnativo sotto vari punti. Quello che ci ha spinto alla creazione del corso è il fatto che la fauna è stata in parte lasciata nel patrimonio esclusivo di conoscenza di biologi e zoologi.”

Non è così?

“La nostra idea è formare un tecnico capace di gestire la fauna. Per farlo non è sufficiente che sia una persona competente in materia di biologia e zoologia. Deve conoscere le materie giuridiche, perché quando vengono prese scelte gestionali queste devono entrare nel mondo del diritto diventando regolamenti, piani, provvedimenti e programmi. Tutte cose che si possono fare se si conosce oltre al contenuto (la biologia e la zoologia) anche il contenitore (gli strumenti giuridici che servono per rendere effettive le decisioni). Accanto a tutto questo è fondamentale avere conoscenze economiche, in quanto ogni scelta ha riflessi economici. Importantissimo è poi l’aspetto riguardante l’impatto sociale delle decisioni, ragione per cui è stato creato, all’interno del master, un modulo di etica.”

Cosa intende con “etica”?

“Quando andiamo ad agire sulla fauna prendiamo decisioni forti. Per esempio dobbiamo decidere di fare degli abbattimenti di specie aliene o invasive, oppure dobbiamo rapportarci con il mondo della caccia. In questi casi occorre considerare l’aspetto etico che non può essere lasciato all’improvvisazione, non può diventare una barriera dietro la quale far valere un’ideologia o un’emotività. Anche l’etica è una scienza, ed ecco allora che cerchiamo di dare ai nostri studenti degli strumenti utili a fornirgli la consapevolezza che l’etica ha dei canoni da seguire.”

Prima diceva che la fauna è cambiata negli ultimi 50 anni, come?

“Io sono un giurista, non posso quindi rispondere da tecnico. Quello che posso dire è che l’aumento dei selvatici è collegato anche al mutamento dell’habitat. Per fare un esempio, il capriolo ha un habitat fatto di ecotoni, luoghi di transizione tra bosco e prato. L’abbandono degli alpeggi, delle malghe, tende a far perdere questo habitat portando a un aumento del bosco, che favorisce la crescita del cervo. Inoltre il fatto che i boschi siano meno curati fa si che ci sia un forte sottobosco e di conseguenza un buon ambiente per la proliferazione del cinghiale. In generale un aumento degli ungulati porta all’arrivo dei grandi predatori che poi magari trovano anche l’allevamento oltre ai selvatici, ed ecco che nascono i vari problemi di convivenza con l’uomo che svolge attività professionale.”

Nella presentazione del master dite che si tratta di un percorso utile a “formare un tecnico capace di operare una gestione sostenibile della fauna selvatica”, allargando il discorso si potrebbe dire che è un percorso di studi utile ad ampliare il concetto di tutela ambientale?

“Ne sono convinto. In questi primi tre anni di master ho potuto osservare con attenzione gli studenti e la loro evoluzione. Noi abbiamo studenti che provengono da diverse esperienze culturali. Alcuni sono laureati in giurisprudenza, altri in biologia, alcuni in veterinaria. Arrivano al master con un diverso percorso di formazione e con diverse esperienze ideologiche: chi proviene dal mondo dell’agricoltura, chi da quello ambientalista e animalista, chi da quello della caccia. Quando iniziano il corso tra di loro esistono dei muri ideologici che alla fine scompaiono. Rimangono fedeli alle loro idee, ma capiscono le ragioni degli altri. Per questo penso che il master funzioni come momento culturale capace di dare una consapevolezza non solo tecnica ma più ampia, coinvolgendo il tema etico e giuridico. Due passaggi fondamentali per affrontare quello della sostenibilità che rischia di essere solo una parola se non viene calata nel concreto in relazione alle decisioni da prendere. Decisioni che necessariamente tendono a dividere: se vado a favorire un certo interesse ne devo sacrificare un altro. Questo è un concetto molto importante, per questo cerchiamo di fornire ai ragazzi consapevolezza e metodo.”

Che tipo di ruolo possono rivestire i ragazzi che frequentano con successo il master?

“Al momento i ruoli principali sono nell’ambito delle istituzioni, come Regioni o enti parco. Esiste poi la possibilità di svolgere la libera professione fornendo consulenze a riserve alpine o ambiti territoriali di caccia. Vorrei però aggiungere una cosa. Noi, come master, siamo partiti in anticipo rispetto alle istituzioni e di conseguenza anche rispetto al mondo del lavoro. Abbiamo iniziato in un momento in cui il tema della fauna selvatica sta acquisendo sempre maggior importanza, ma solo da poco vi è una percezione collettiva delle dimensioni e dell’importanza del fenomeno. Come sempre è necessario del tempo perché la percezione da parte degli specialisti diventi percezione collettiva e ancora presa d’atto da parte dell’amministratore, che poi è il volano che muove tutto il resto. Per questo dico che siamo in anticipo e, secondo me, non sono ancora prefigurati quei ruoli (che ci saranno in futuro) per i quali il nostro master forma degli specialisti.”

Un’ultima domanda: esiste realmente la possibilità, per uomo e fauna selvatica, di coesistere e di coabitare un territorio?

“È essenziale che ci sia, in ragione della sostenibilità. Lo scopo è garantire l’ambiente per le generazioni future, per questo non possiamo rinunciare né all’uomo né alla biodiversità.”

Quella che prenderà avvio il prossimo anno scolastico sarà la quarta edizione del master. Quanti ragazzi avete formato fino a oggi?

“Nel corso delle prime tre edizioni sono passati una sessantina di studenti. Oggi sono aperte le iscrizioni per la quarta, in chiusura il prossimo 18 gennaio, che si arricchisce dei patrocini del Collegio Nazionale dei Periti Agrari e dei Periti Agrari Laureati, dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali (CONAF), del Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati. Inoltre l’intero corso potrà essere fruito online, in quanto le lezioni in presenza si svolgeranno in modalità ‘duale’, consentendo agli studenti di essere presenti in aula o collegati da remoto, a loro scelta.”

Per maggiori informazioni: www.unive.it

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