Ambiente

Voglia di plastic free, l’esempio di Cortina

In media ogni settimana una persona ingerisce circa duemila frammenti di microplastica, l’equivalente di una carta di credito. La plastica deriva dai combustibili fossili: molte delle grandi aziende che producono gas e petrolio producono anche questa materia, spesso negli stessi impianti. La plastica è più malleabile e facile da lavorare, ma anche molto più leggera e economica dei materiali che ha rimpiazzato: costa talmente poco che si può gettare via. Tutte queste caratteristiche della plastica hanno contribuito al consumismo usa e getta.

Solo una parte di questo materiale è adatta per il riciclo, che comunque comporta un ulteriore consumo di energia e di risorse. Inoltre la plastica si degrada ogni volta che viene riciclata, perdendo ad ogni passaggio peso, volume e qualità, deteriorandosi notevolmente già dal primo passaggio: può essere trasformata in fibra tessile o in pezzi di arredamento, e poi in materiale di riempimento per le strade o isolante, tutte cose che non sono più riciclabili. Queste sono alcune delle ragioni che hanno portato alla direttiva europea 2019/904: dal 3 luglio 2021 non potranno essere messi sul mercato UE prodotti monouso in plastica come posate, piatti, bicchieri, cannucce, bastoncini cotonati (eccetto quelli utilizzati a fini medici), contenitori per alimenti in polistirene espanso come i recipienti usati per takeaway e fast food. Per altri prodotti sono previste riduzioni del consumo, per altri ancora requisiti di etichettatura e produzione più severi.

Secondo Massimo Gaudina dell’Ufficio della Commissione Europea a Milano: “Gli obbiettivi della direttiva sono ridurre l’incidenza di prodotti di plastica sull’ambiente e sulla salute umana. L’obbiettivo del Green Deal europeo è trasformare la nostra economia in un’ottica di sostenibilità ambientale”.

Cortina plastic free: oltre lo slogan c’è un nobile obbiettivo

Alcune realtà, i cosiddetti comuni ‘Plastic Free’ hanno ritenuto opportuno anticipare i tempi della Direttiva Europea, anche per avere l’opportunità di adeguarsi gradualmente alle nuove regole: tra questi c’è Cortina d’Ampezzo.

Essere plastic-free è uno slogan che va spiegato, per evitare fraintendimenti e confusione: vuol dire rinunciare agli oggetti monouso in plastica quando esistono alternative riutilizzabili che consentono di mantenere le necessità di igiene. Per Paola Coletti, Assessore Istruzione, Politiche Educative e Giovanili, Decoro Urbano, Rapporti con le Associazioni di Volontariato di Cortina, il significato di “Plastic Free” è eliminare tutta la plastica superflua: “Durante una passeggiata, mentre raccoglievo dei rifiuti insieme ai miei figli, uno di loro mi ha detto di aver capito quando sarebbe scomparsa per sempre la plastica: quando sparirà il mondo. Ho preso coscienza di una realtà che conoscevo ma che volevo ignorare. La mia attenzione su questo tema è sempre maggiore: ho convinto il Consiglio Comunale ad approvare, in linea con la direttiva europea 2008/98/CE, recepita dallo Stato Italiano con il d.lgs. 205/2010, la delibera del Consiglio Comunale N.35 del 17/06/2019, che ha l’obbiettivo di anticipare la direttiva europea, per permettere di adattarsi alle nuove regole passo dopo passo. Una prima azione verso un percorso virtuoso”.

In parallelo, la sezione di Cortina d’Ampezzo del Club Alpino Italiano ha avviato il progetto “Cortina Plastic Free”, un protocollo disciplinare realizzato con il patrocinio del Comune di Cortina d’Ampezzo: lo scopo è scoraggiare l’utilizzo di plastica usa e getta in tutti gli eventi proposti durante l’anno, sia di carattere sportivo che gastronomico e culturale. “Come CAI abbiamo sempre tutelato l’ambiente, raccogliendo i rifiuti che troviamo in montagna”, racconta Paola Valle, Presidente del CAI Cortina. Dopo aver stilato il protocollo disciplinare, disponibile sul sito del CAI di Cortina, abbiamo coinvolto diversi enti e associazioni dei settori sportivo e agroalimentare che hanno deciso di collaborare con noi, come la Granfondo Dobbiaco Cortina, la Cortina Snow Run e Lavaredo Ultra Trail. Tutti hanno ridotto l’impiego di oggetti monouso durante le loro manifestazioni. Si parla per ora indicativamente di circa 75.500 bicchieri, 25.200 posate e 50.400 piatti”, continua Alessandra Illing, Consigliere della stessa sezione del CAI. “Abbiamo anche ritenuto opportuno ripensare completamente il pacco gara che viene dato gratuitamente ai partecipanti, pieno di gadget che buttiamo subito via: non abbiamo bisogno di tutti quegli oggetti. Credo che le persone accetteranno questo cambiamento, magari anche grazie a un biglietto che spiega il perché di questa decisione”, conclude Illing.

L’intento di queste iniziative è avviare un cambiamento di mentalità, un atteggiamento non più rivolto al consumismo e allo spreco di risorse ma al riuso e riciclo di materiali e beni. “Come Comune possiamo agire sul suolo pubblico ma chiediamo lo stesso a tutti gli operatori del territorio (bar, ristoranti, rifugi, hotel, altri commercianti ecc…) di non usare plastica monouso e cercare di evitare anche le bottiglie. Le alternative ci sono, bisogna solo iniziare ad usarle” ha continuato Paola Coletti. “Lavoriamo molto anche con campagne di sensibilizzazione nelle scuole: io sono anche assessore all’istruzione e ho fatto in modo che il Comune regalasse a circa 900 studenti una borraccia, poi ci sarà un incontro dove spiegherò come usarla. Il mio obbiettivo non è fare multe ma adottare un approccio diverso. Durante i pochi eventi che abbiamo fatto durante l’estate abbiamo sostituito prodotti usa e getta con cellulosa, vetro, e altri materiali biodegradabili. Penso però che il problema sia a monte: sono i produttori che devono assumersi la responsabilità di evitare di produrre plastica, dove si può e c’è un’alternativa. Sono le multinazionali che hanno il potere di cambiare le cose. Le cannucce in plastica, per esempio, non si devono proprio più produrre. Riciclare tutta la plastica è quasi impossibile quindi bisogna produrre materiali biodegradabili” fa notare l’assessore.

Lottare contro la plastica significa mettere in discussione il consumismo stesso

Come afferma Joanne Siorpaes del rifugio Nuvolau di Cortina, mettere in discussione la plastica significa mettere in discussione il consumismo stesso. Mi sembra una follia la quantità di spazzatura che produciamo. Credo però che la responsabilità sia delle aziende più che dei singoli cittadini. Ciò nonostante cerco di fare del mio meglio per consumarne meno e al rifugio abbiamo eliminato più plastica possibile, anche per evitare il suo smaltimento, che è un altro grande problema e costa davvero tanto: siamo in cima alla montagna e portarla a valle è un onere economico incredibile. Quest’anno poi, a causa del Covid, siamo stati costretti a usare le mascherine e i guanti e a coprire i materassi con lenzuola e cuscini monouso per ogni cliente: tutte queste protezioni finiscono nel bidone della plastica e non credo potranno essere riciclate. Vedo quello che sta facendo la plastica a questo Pianeta e mi piange il cuore ma non ho altra scelta. Vedo in giro ancora molte bottiglie di plastica per l’acqua, la colpa però non è dei comuni ma delle aziende. D’altra parte chi fa trekking non vuole il vetro perché è pesante e scomodo. Vorrei fosse inventato un prodotto valido che rimpiazza la plastica, ad esempio un contenitore di carta resistente: sarei la prima a comprarlo, anche se costa un po’ di più. Come gestori di un rifugio vorremmo fare di più, d’altra parte mi rendo conto che non sono io che produco la plastica che consumano i nostri clienti. E non sono neanche io a buttarla nel mare o in montagna”.

Nessuna traccia del nostro passaggio in montagna

Secondo Gabriella Vanzan, Responsabile per la Lombardia di Mountain Wilderness Italia e Vice-Presidente di Mountain Wilderness International, associazione che si occupa del patrimonio naturale e culturale delle montagne, il genere umano non dovrebbe lasciare traccia del suo passaggio nella natura. Lo scorso anno abbiamo organizzato a Bardonecchia l’evento Cordata per il Clima, che realizziamo in diversi Paesi: l’obbiettivo era trasmettere il messaggio di godere della natura senza lasciare un impatto su di essa. Questo è uno dei nostri più importanti principi. Esortiamo i singoli a ripulire le montagne, cerchiamo di sensibilizzare chi frequenta le alte terre a non lasciare rifiuti. Come associazione abbiamo sempre inserito il tema della plastica all’interno di un contesto più ampio di tutela del territorio”.

La plastica, infatti, è solo uno dei problemi legati all’inquinamento ambientale. Come ha fatto a diventare il nemico numero uno, quando invece dovrebbe essere il cambiamento climatico? Come scrive The Guardian, l’effetto serra a molte persone appare un problema vago, enorme e apocalittico, mentre quello della plastica è più tangibile, è qui e ora. Così il movimento ambientalista contro la plastica è diventato il più significativo dell’ultimo secolo. Dal “Panino Top Bar” di Cortina d’Ampezzo fanno sapere che In tanti cercano di usare meno plastica. Al bar la maggior parte di bottiglie che usiamo sono in vetro, e alcune in plastica riciclata. Abbiamo anche sostituito le cannucce, ora ci sono solo quelle in cartone, che preferiamo anche se costano quasi il doppio di quelle precedenti. Penso però che il problema sia legato alle industrie: basterebbe non produrre più plastica per ridurla drasticamente. Così diminuirebbe anche quella che viene abbandonata nei boschi. Non capisco perché la Coca Cola continui imballare le lattine in scatole di plastica mentre altri brand imballano le birre, che pesano più o meno come le lattine, in scatole di cartone”.

Lo sguardo dei local

Diventa sempre più importante educare alla tutela della natura e a un cambio di mentalità, osserva Paolo Tassi, Guida Alpina di Cortina: Un uovo grande pubblico, un po’ più acerbo, si sta affacciando al mondo della montagna e alcune di queste persone, per esempio, non usano le borracce ma bottiglie di plastica: è fondamentale sensibilizzarle al rispetto per l’ambiente. In molti rifugi ho visto che le bottigliette di plastica e le cannucce non ci sono più. Certo, si trovano ancora quando ci sono difficoltà di approvvigionamento in alta quota, dove portare su e giù il vetro diventa complicato”.

Maria Antonietta Coffen, abitante di Cortina racconta: Come cittadina preferirei usare materiali biodegradabili. Cammino molto nei boschi e vedo una gran quantità di plastica abbandonata: se si riducesse quella che viene prodotta di conseguenza anche le persone ne lascerebbero meno in giro. Con il Covid ho notato ancora più plastica e prodotti monouso, solo in alcune sagre ho visto dei piatti biodegradabili. In zone come Cortina, dove c’è un turismo di massa considerevole, non c’è ancora un’adeguata educazione ambientale. Bisognerebbe avere un atteggiamento più consapevole nei confronti degli acquisti e dei consumi, magari facendo anche più fatica, e scegliere prodotti senza plastica. Forse bisognerebbe prendere misure più drastiche, a costo di diventare impopolari, perché la plastica è comoda. Mi ricordo ancora i negozi dove compravi la pasta e lo zucchero sfusi e ti davano alimenti senza imballaggi. Non dico di tornare a questi livelli però dei cambiamenti si possono fare: per esempio alla possibilità di ricaricare in negozio il tuo contenitore del detersivo o il recipiente dello shampoo senza buttarlo ogni volta, oppure riempire l’acqua in bottiglie di vetro”.

Bere l’acqua del rubinetto e delle fontane (quando è controllata e di qualità) è sinonimo di intelligenza

Siamo i primi consumatori in Europa di bottiglie di plastica, una sconfitta culturale. Secondo Caterina Benvenuto, di Legambiente Lombardia: “Sono anni che incoraggiamo le persone a bere l’acqua del rubinetto, che è controllata e non ha bisogno di alcun contenitore. In Italia quasi ovunque abbiamo acqua controllata e di qualità, accessibile e gratuita. Invece ci ostiniamo a spendere soldi comprando acqua in bottiglia. Di certo è difficile perché bisogna far fronte alle esigenze dei commercianti che guadagnano vendendo l’acqua in bottiglia. Per questa ragione quando lavoriamo con questa categoria il nostro approccio è graduale: cerchiamo di trovare delle soluzioni ad hoc, offrendo degli obbiettivi. Un inizio può essere mostrare delle alternative al monouso, proponendo oggetti biodegradabili, l’acqua del rubinetto oltre a quella in bottiglia, e alimenti alla spina”.

L’assessore Paola Coletti incentiva anche l’uso delle fontane pubbliche: “Sul nostro territorio lungo ogni passeggiata c’è una fontana in un punto strategico ben visibile. Ne abbiamo una in centro a Cortina e ogni villaggio delle frazioni ha una o più fontane. La borraccia si può riempire anche nei rifugi. Una soluzione gestibile per i commercianti può essere di mettere degli erogatori per riempire la borraccia e farsi pagare per l’acqua, ovviamente un po’ meno di una bottiglia di plastica”. Sembra che una rivoluzione nello stile di vita delle persone non sia più rimandabile, un cambiamento contro l’usa e getta e il consumismo in generale: quando qualcosa non è veramente necessario basta evitare di produrlo, visto che anche il trasporto inquina. Tutto ha un impatto, anche il prodotto più sostenibile, quindi se possiamo eliminarlo, facciamolo. Senza essere dogmatici chiaramente, altrimenti i risultati non arrivano. Ognuno deve avere la possibilità di adattarsi piano piano. Rendere più accessibile economicamente il biologico e comprare sfuso sarebbero due passi in avanti.La parte relativa alla comunicazione è fondamentale: se un bar sostituisce i bicchieri di plastica con quelli biodegradabili e non lo spiega c’è il rischio che le persone buttino il bicchiere nella plastica invece che nell’umido, vanificando tutto lo sforzo”, conclude Benvenuto.

Resitere, resistere, resistere

La plastica è solo il problema più evidente e concreto, ma fa parte del sistema capitalista di consumismo usa e getta che ha causato l’inquinamento e il cambiamento climatico del Pianeta. La lotta contro la plastica è diventato il più grande movimento ambientalista mondiale del secolo: ha ottenuto dei risultati importanti, e potrebbe diventare un punto di riferimento rilevante per le altre rivendicazioni green, soprattutto se esigerà dai governi che vengano mantenuti gli impegni presi.

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19 Commenti

  1. Purtroppo il problema è sempre lo stesso… Il problema non è l’uso della plastica, ma la gestione del rifiuto. La plastica ed in particolare il PET (materiale delle bottiglie) è uno dei materiali più nobili che ci siano, riciclabile all’infinito! Il problema è il comportamento dell’uomo e della gestione del rifiuto che ne consegue. E’ ovvio che se si butta il rifiuto in mare è un problema, se invece i governi e gli enti preposti sostenessero una politica di economia circolare e si concentrassero per rendere la bottiglietta usata una risorsa e non un rifiuto scomodo tutti avremmo a giovarne!
    Per intenderci, non è che se la gente fa incidenti a causa dell’uso del cellulare in macchina la soluzione è tassare i telefoni o eliminarli, la soluzione è educare la gente (es. con sanzioni) a non utilizzare il telefono in macchina! Questa la mia opinione…

    1. Io in parte la pensavo come lei in passato. Il problema però è che per quanto sia riciclabile la bottiglia in PET (il tappo è in PE anch’esso riciclabile anche se non al 100% senza integrazioni di materiale vergine), a mio parere comunque gli imballaggi e tutti gli usa e getta dovrebbero essere realizzati plastic free laddove non necessario (ad esempio gli imballaggi medicali), il motivo è semplice: proprio perchè di basso valore, molta gente noncurante se ne frega e li butta dove capita o non vengono riprocessati comunque in tutte le filiere, questo fa sì che nell’ambiente e quegli imballaggi inizino a rilasciare microplastiche che poi noi tutti mangiamo e beviamo…va da sé che non si potrà togliere completamente, la plastica è una materiale veramente potente per i progettisti…ma almeno i classici “disposable” dovrebbero essere veramente riconcepiti tutti, poi piano piano anche altre cose.

    2. Mettendo in risalto la gestione del rifiuto, ho lo spunto per commentare la mia esperienza. Nel mio piccolo comune di circa 5000 persone, anni fà (neanche tanti) si pubblicizzava e si premiavano i balconi meglio tenuti (fioriti e non). Ora i nostri balconi sono diventati depositi di immondizia, si cerca di tenerli bene, con tanto di bidoncini blu, verdi, gialli e marroni. Ora il ritiro della plastica avviene una volta alla settimana, l’indifferenziata pure, idem la carta e cartone con la sola eccezione dell’ umido (per fortuna) tre volte alla settimana. Adesso con tutti gli imballaggi plastici e cartacei e la pubblicità che ci propinano, viene molto difficile conservare tutto entro i contenitori ed il terrazzo diventa una piccola discarica mentre le spesa comunale per l’ immondizia continua ad aumentare. Morale della storia: hanno aumentato il lavoro e l’ingombro ai cittadini e pure le spese. Ok se questo serve a migliorare l’ambiente facciamolo pure volentieri, sono piccoli sacrifici individuali, ma oltre che studiare per diminuire gli imballaggi da parte delle ditte, vorrei vedere da parte delle amministrazioni non un ristagno, ma impegni, con impianti moderni dedicati per il reciclaggio e la trasformazione.

  2. Bella analisi e ottimi consigli. Si potrebbe pensare come renderli una buona prassi in ogni comune e come educare tutti i cittadini

  3. Bel articolo scritto bene e fluente. Tuttavia contiene delle indicazioni non proprio precise sulle cause del problema e sui rimedi. L’articolo è molto divulgativo ma, dal punto di vista scientifico non da delle informazioni condivisibili. Capisco però che spiegare seriamente un tema così difficile non sia semplice. D’altra parte concludere che il problema sono i produttori di plastica che dovrebbero cambiare materiale è quanto meno riduttivo della realtà.

  4. Articolo interessante e vasto: :si dovrebbero sensibilizzare ,oltre alle persone ed ai giovani, anche le amministrazioni comunali, creando una specie di graduatoria per i comuni più virtuosi….., come avviene per l’acqua dei mari (bandierine blu)….
    i

  5. Quest’estate a Sappada ricordo una famiglia, padre madre e figlia di 7-8 anni in coda al supermercato con 5-6 confezioni d’acqua da 6 bottigliette da mezzo litro, neanche da 1.5, rigorosamente tenute insieme con un bello strato di plastica resistente. E poi una delle “escursioni” piú gettonate della zona erano le foci del piave, a pochi km dal paese, dove poter bere l’acqua buona delle montagne. Hai voglia a educare le persone con articoli come questo quando hai a che fare con gente che non sa neanche cosa sta facendo o bevendo… Tanto ci sono sempre i Del Piero, Cucinotta e uccellini parlanti della situazione che a suon di euro bombardano milioni di persone spingendo le bottiglie di plastica per il benessere “delle ossa”… Che mondo senza senso…

  6. Articolo molto interessante su uno dei temi rilevanti di sensibilizzazione verso una cultura di circular economy sostenibile.
    Di sicuro il cambio culturale e di attitudine dei consumatori può essere un motore al cambio culturale anche dell’industria. Si sta avviando un periodo di transizione verso una nuova era più green e sostenibile ma siamo ancora all’inizio e c’è bisogno del contributo di tutti per avere un impatto significativo.

  7. Articolo interessante, per un problema legato alla vita quotidiana di tutti noi. Aiuta sicuramente a riflettere sull’argomento e speriamo a sensibilizzare tutti

  8. Al di là del nobile intento dell’articolo, mi chiedo: Cortina si vanta di essere plastic free…ma giri lo sguardo e ti accorgi che stanno sventrando le montagne per fare nuove piste da sci in vista delle famigerate olimpiadi; forse ci vogliono prendere per il c…?

  9. Bell’articolo, ben scritto e molto interessante.
    Ho avuto la fortuna di consocere queste zone perché mi sono recentemente trasferita in Veneto e credo che ci siano davvero delle enormi risorse e progressi effettuati, rispetto ad altre regioni.
    Tuttavia tante cose vengono dette di “immagine” mentre ci sono ancora miglioramenti immensi necessari da affrontare.
    Qualcuno che se ne preoccupa e ne parla è sempre una risorsa rara! Complimenti!

  10. In un momento di preoccupazioni a 360 gradi , sull’oggi, sull’immediato, avere indicazioni su azioni che, in leggerezza possiamo attivare per proteggere un domani migliore che ci aspetta quando potremo riprendere a godere di quanto abbiamo intorno, è un gran sollievo! Grazie per avere unito utilità e speranza oltre a un’iniezione di fiducia in noi stessi come promotori di salute e bellezza.

  11. Mah… mi sembra tanto uno spot pubblicitario come tanti in un periodo dove fa fico parlare di green deal e di Greta Thunberg. Poi i fatti sono altri e viviamo sempre più immersi in un mondo dove il rispetto per la natura e quindi per il prossimo non frega proprio a nessuno.

  12. Da oggi non guarderò più questo sito. Premetto che non ho face book, instagram e tutte questi social ed è la prima volta in 50 anni che lascio un commento, ma questo no!
    Siete ridicoli ed ignoranti, nel vero senso della parola. La sicurezza, l’igiene e la qualità in bottiglia non può essere minimamente paragonata a quella del rubinetto. Il mono uso è l’imballo più affidabile e sicuro al mondo, sopratutto in questi momenti.. Il problema non è la PLASTICA, ignoranti la il carbon foot print, sapete cos’è? Sapete che il vetro inquina più della plastica.
    Amo la natura e la montagna, abito a 1.300 mt in una baita Walser, tutta la vita l’acqua nelle bottiglie di plastica, sopratutto se si fa attività fisica.
    Ridicoli voi e quegli alpinisti ignoranti (sempre nel significato del termine), che decidono di usare l’acqua nelle borracce che sono un veicolo di germi inimmaginabile.

    Fate un bel esame di coscienza, poverini.

    Ciao

  13. Ma siete connessi. Covid 19 vi dice qualcosa, l’involucro più sicuro ed affidabile è la plastica.
    Chi si fida a bere da una fontanella o dai refrigeratori a rete installati negli uffici.
    Avete mai sentito parlare di patogeni, avete mai fatto un’analisi chimica da un refrigeratore o dall’acqua dentro in una borraccia?
    Fatelo, provate. Poi ne riparliamo.
    Paola

  14. Un tempo le sorgenti e le fontane erano segnate su carte IGM..per cui bastavano mani a coppa o una tazza di metallo con manico e se proprio la borraccia di naja rivestita di panno ..ed una boccettina con amuchina, 1 goccia per litro, per acque apparentemente potabili…ma con possibilita’di contaminazioni avvenute a monte, tipo feci di animali o animali morti.

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