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La memoria dei ghiacciai si salva a 4100 metri sul Grand Combin

La memoria dei ghiacciai del mondo, in uno stato di sofferenza sempre più evidente a causa dei cambiamenti climatici, verrà conservata in Antartide. Una biblioteca tra i ghiacci in cui custodire le carote glaciali provenienti da tutto il mondo, questo il proposito del programma internazionale “Ice Memory”, nell’ambito del quale, negli scorsi giorni, un team italo-svizzero di scienziati è salito a 4.100 metri di quota sul massiccio del Grand Combin, nelle Alpi Pennine Occidentali, per estrarre dal ghiacciaio Corbassiere delle carote di ghiaccio.

Recuperare i preziosi campioni e portarli nell’archivio antartico appare come una corsa contro il tempo. Necessaria per assicurare alle future generazioni di scienziati di disporre di materiale da analizzare per comprendere il clima e l’ambiente del passato, così da anticipare i cambiamenti futuri. Nella speranza in tal modo di ispirare le politiche per la sostenibilità e il benessere dell’umanità.

In missione sul ghiacciaio Corbassiere

L’operazione di carotaggio vedrà impegnati sul ghiacciaio per circa due settimane 6 glaciologi e paleoclimatologi dell’Istituto di Scienze Polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), dell’Università Ca’ Foscari Venezia e del centro di ricerca svizzero Paul Scherrer Institut (Psi). Essenziale per la riuscita dell’impresa sarà un meteo favorevole. Il team avrà infatti la necessità di lasciare la zona in elicottero. Altri colleghi supporteranno i ricercatori in quota fornendo assistenza dal campo base allestito nel borgo di Ollomont (AO).

“Negli ultimi 170 anni il ghiacciaio Corbassiere – spiega in una nota l’Università Ca Foscari di Venezia – ha perso circa un terzo della sua area, con un arretramento della lingua glaciale di circa 3,5 chilometri”.

Obiettivo della missione sarà dunque prelevare dei campioni prima che sia troppo tardi. Saranno tre le carote estratte, profonde 80 metri e con un diametro di 7,5 centimetri. Due verranno conservate per essere trasferite nell’archivio antartico, che verrà allestito all’interno della stazione Concordia sul plateau antartico. La terza sarà invece sottoposta ad analisi nei laboratori congiunti di Ca’ Foscari e Cnr a Venezia ed al Paul Scherrer Institut.

Ice Memory

“Ice Memory” è un programma congiunto tra Università Grenoble Alpes, Università Ca’ Foscari Venezia, Istituto nazionale francese per le ricerche sullo sviluppo sostenibile (Ird), Cnrs, Cnr, e con Istituto polare francese (Ipev) e Programma nazionale per le ricerche in Antartide (Pnra) per quanto riguarda le attività alla stazione Concordia in Antartide. Ice Memory ha il patrocinio delle commissioni italiana e francese dell’Unesco.

Quella sul Grand Combin è la seconda missione del programma svolta sui ghiacciai alpini dopo quella del 2016 sul Monte Bianco. Si tratta inoltre della prima di una serie di spedizioni finanziate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (con il Fondo Integrativo Speciale per la Ricerca, Fisr) che proseguirà con i ghiacciai italiani del Monte RosaMarmoladaMontasio e Calderone. A sostegno dei glaciologi è stata anche avviata una campagna di crowdfunding lanciata dall’Università Ca’ Foscari Venezia.

Altre spedizioni internazionali hanno già consentito permesso di mettere al sicuro gli archivi dei ghiacciai Illimani (Bolivia), Belukha e Elbrus (Russia).

La scienza delle “carote di ghiaccio”

“Analizzando le bolle d’aria che la neve accumula strato dopo strato sul ghiacciaio nel corso dei secoli, gli scienziati sono oggi in grado di identificare le tracce dell’evoluzione delle temperature e delle concentrazioni di composti chimici – si legge nella nota dell’Università veneziana – . Si tratta di analisi impensabili pochi decenni fa. Per questo, la missione di Ice Memory ha lo scopo di assicurare campioni di qualità agli scienziati che, tra qualche decennio, avranno nuovi metodi e tecnologie a disposizione per analizzarli”.

“Per comprendere meglio la risposta del clima della terra alle continue emissioni e quindi intraprendere concrete azioni di mitigazione ed adattamento, è essenziale guardare al passato – spiegano i ricercatori – È necessario, infatti, capire come il clima abbia reagito alla naturale ciclicità delle variazioni dei gas serra. Grazie alle carote di ghiaccio è possibile ricostruire questa ciclicità”.

“L’esempio emblematico è quello della carota del progetto europeo EPICA estratta in Antartide e lunga oltre 3000 metri, che ha permesso di ricostruire la storia del clima della terra negli ultimi 740.000 anni riconoscendo i cicli glaciali e interglaciali che si sono susseguiti nel tempo. Particolari carote estratte dai ghiacci alpini, per esempio sul Monte Rosa e sull’Ortles, hanno permesso di ricostruire l’evoluzione del clima fino a oltre 5000 anni fa nonostante le inferiori profondità di perforazione (70 – 80 metri)”.

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