Rifugi

Buon compleanno Capanna Margherita!

L’idea di costruire un rifugio oltre i 4500 metri venne approvata dall’Assemblea dei delegati dal CAI il 14 luglio 1889. L’utilità di una struttura a una simile altezza era quella di “consentire ad alpinisti e scienziati maggior agio ai loro intenti”. Il luogo, la Punta Gnifetti (4554 m) sul Monte Rosa, venne scelto nel 1890, quindi si diede inizio ai lavori per la realizzazione di una piccola struttura. Per tre anni carovane di muli e uomini lavorarono duramente per portare in quota i materiali necessari alla costruzione poi, il 4 settembre 1893 la struttura venne finalmente inaugurata e dedicata alla Regina Margherita, allora sovrana del Regno d’Italia, che ebbe occasione di soggiornarvi qualche settimana prima.

Quella storica struttura oggi non esiste più, con l’andare degli anni il legno si è consumato e le dure condizioni climatiche hanno messo a dura prova la resistenza dei materiali così, nel 1977, si diede inizio ai lavori per la realizzazione della nuova Capanna, che venne poi inaugurata il 30 agosto1980.

Una decade in Capanna

La Capanna Margherita è un luogo del cuore per chiunque l’abbia raggiunta, almeno una volta nella vita, mettendo un piede davanti all’altro. È un nido d’aquila, “la casa più alta del comune di Alagna” per Gianfranco Torelli, che in Capanna ha trascorso quindici stagioni, prima come aiutante poi come custode. “Per quindici anni ho fatto il lavoro che ho sempre sognato” ci racconta. “La Capanna era la gita estiva della mia famiglia. Poi nel 1993, l’anno del centenario, mi sono trovato lavorare su insieme a Michele Cucchi”. Improvvisamente le sensazioni legate alla Capanna iniziano cambiare, gli spazi diventano familiari e quel luogo si trasforma: prima era l’obiettivo della gita, poi il posto di lavoro, infine una casa. “All’inizio ti ritrovi in un ambiente che quasi ti sovrasta, dal secondo anno è casa tua. In quegli anni ricordo come la famiglia Enzio (storici gestori della Capanna, nda) ci osservava. Notavano come ognuno di noi si prendeva cura della Capanna: se aggiustavamo una serratura, come ti comportavi con gli ospiti, l’accoglienza era base imprescindibile. Era lì che entravi a far parte del loro mondo. Torelli ricorda quasi con commozione quei primi anni a 4500 metri. “Quando ho preso la struttura in gestione c’era ancora il rito di passaggio tra il vecchio e il nuovo custode. Salivano a giungo, quando si iniziava la stagione. Ti insegnavano i trucchetti e dispensavano consigli utili a migliorare la vita lassù” ricorda.

Negli anni la Capanna è poi cambiata, si è trasformata. “L’abbiamo vista crescere, era parte integrante della nostra vita. I mesi più belli erano giugno e settembre, quando la montagna era nostra. Trasportavamo anche le nostre passioni quotidiane lassù, dando ovviamente sempre precedenza ai clienti. Ricordo che a volte la sera riuscivo a prendere un’oretta per fare una corsa tra Zumstein, Parrot e ritorno alla Margherita. Con i medici che lavoravano in quota, nella parte dedicata a laboratorio di ricerca scientifica, si creava a ogni stagione un bel rapporto di amicizia, come non ricordare le notti passate a giocare a calcio nella sala pranzo: ogni tanto capitava anche qualche cliente che non riusciva a dormire, così mettevano in scena Italia-Svizzera”. Ma non era tutto divertimento. Sveglia alle 3 del mattino e avanti fino alle 23 circa. Stare lassù poi, la natura dell’ambiente ti chiede tanto, ma ti da anche molte belle cose”. Tre i mesi di apertura poi, alla fine di ogni stagione, la si impacchettava per l’inverno. “Dovevi farla su come una caramella” racconta Torelli. “Bisognava metterla a riposo, in modo che l’estate successiva potesse ripartire a pieno regime senza intoppi”.

Non solo servizio ai tavoli

Gestire o lavorare alla Capanna Margherita non significava solamente mandare avanti un’attività ricettiva, ma anche un presidio d’alta montagna e un riparo d’emergenza. “Se arrivava una richiesta di soccorso e l’elicottero non poteva volare eri tu la chance per le persone in pericolo. Io non saprei quantificare il numero di soccorsi effettuati, posso però dire di aver fatto più volte la Signal, mai come via ma sempre in discesa dalla Capanna. Ho imparato dai vecchi custodi a partire di notte, o con il tempo bruttissimo. Mollavi tutto e andavi, piantavi le bandierine per ritrovare la strada nella bufera. Alla mattina rientravi e prendevi l’aspirapolvere o ti mettevi a lavare i piatti.

Un’esperienza da fare

“Ho lavorato in Capanna fino al 1994” spiega la guida alpina di Alagna Michele Cucchi. “Facevo tutto quel che c’era da fare. Ricordo che in quegli anni c’era una pletora di gente, nessuno saliva in giornata: si dormiva alla Gnifetti, il giorno dopo si andava alla Margherita e poi si scendeva”. Per Michele la Capanna è un luogo d’affezione, suo zio Alberto Enzio ha contribuito alla costruzione della nuova struttura.

“Stare su era bello. Una di quelle esperienze che consiglierei a chiunque voglia fare una vera esperienza di montagna. La Capanna è un nido d’aquila da cui puoi osservare fenomeni naturali unici. Poi, hai occasione di conoscere tantissima gente. Negli anni ho visto passare moltissime guide, gli alpinisti di punta del periodo, a quei tempi ancora affrontavano la est. Era eccitante stare in Capanna”.

Non erano tanti i momenti per godere della natura, così sfruttavi ogni occasione. “Nelle giornate di maltempo tutto si quietava dentro. Potevi godere di alcuni momenti che lassù sono magia. Magari, se la bufera passava in fretta, potevi approfittarne per un aperitivo sulla Zumstein”.

Su si facevano i turni, come ancora oggi: un gruppo in quota, l’altro a casa a riposare. “Poi ci si dava il cambio, ma non si saliva mai in elicottero, non era tra le opzioni. Dato che eravamo artisti spesso evitavamo anche la normale, magari facevamo la Signal per poi prendere servizio”.

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Un commento

  1. buon compleanno cara Capanna Margherita….ricordo bene quella volta..la fatica per raggiungerti da Alagna, lo Stolemberg con la neve di primo mattino, la Gnifetti..e le lacrime che mi scaldavano il volto mentre mio marito mi dotava di tutto per raggiungerti, imbrago, ramponi, corde, pica…..il colle del Lys e le mandorle per affrontare il pendio finale! Poi la sangria per festeggiare……….sono passati 18 anni, e tu sei sempre bellissima….ed emozionante, anche quando ti cerco dal mio ufficio…GRAZIE! SEMPRE GRATA

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