Arrampicata

Leo Houlding in azione sul tepui di Roraima tra scorpioni e tarantole

Il climber britannico Leo Houlding è alle prese con una spedizione remota, in uno scenario da “Jurassic park – Il mondo perduto”. Obiettivo è aprire una nuova via di circa 600 metri sul monte Roraima (2.810 m), in Guyana.

Un sogno d’infanzia che si sta realizzando in questi giorni nell’ex colonia britannica, oggi scrigno di biodiversità di immenso valore.

Una montagna particolare, affascinante, con una vetta piatta di 31 chilometri quadrati, circondata tutt’attorno da scogliere a strapiombo sull’oceano. Per le popolazioni locali un tepui, nella lingua degli indigeni Pemon una “casa degli dei”.

Il team partito ai primi di novembre per questa avventura wild, che dovrebbe durare circa un mese, è composto, oltre al capospedizione Houlding, da Anna Taylor, Wilson Cutbirt, Waldo Etherington, Matt Pycroft e Dan Howard. Insieme a loro anche due climber locali.

L’avvicinamento nella giungla

Definire come elemento centrale della spedizione l’apertura di una via sul Roraima sarebbe limitante. Il viaggio è infatti iniziato in maniera davvero hollywoodiana, con l’attraversamento della giungla della Guyana, trasportando il materiale a spalla, con il supporto di guide locali.

Per raggiungere la base della parete hanno impiegato due settimane. La scorsa domenica hanno allestito un bivacco con i portaledge alla base della parete e sono entrati in quella che Houlding ha definito “modalità big wall”.

L’isolamento della montagna dalla civiltà comporta il fatto di dover essere molto attenti nell’utilizzo delle risorse, in termini di acqua e cibo. “Essere ben organizzati e ben preparati è un punto critico qui – scrive Leo – . Le risorse sono limitate a ciò che abbiamo con noi e non c’è alcuna possibilità di farsi inviare altro materiale in una spedizione così”.

La via che hanno intenzione di aprire condivide un primo tratto con la linea seguita nel 1973 da una spedizione britannica, per poi deviare nella parte alta.

Big Wall Mode On

“Ieri ci siamo mossi tutti al campo che abbiamo installato in parete che è precario ma miracolosamente rimane asciutto. Basta giungla e fango!, si legge nel post di lunedì 25 novembre.

Il team procede allestendo bivacchi in parete, “terrazze di portaledge, protette dagli acquazzoni dalle radici giganti e dalle sporgenze”.

L’inizio della via si è rivelato ostile, con materiale sciolto che ha rallentato l’avanzamento in parete. Houlding ha liberato i primi tre tiri a vista, seguendo appunto la via del 1973. Il terzo tiro li ha condotti a quella che è definita tarantula terrace. “Un nome non ironico e oggi Troy ha trovato una tarantola nel suo stivale mentre osservava Anna impegnata in parete”.

Anna era per l’appunto impegnata nel guidare l’apertura del quarto tiro. Più complicato dei precedenti. Salito da Mo Antoine nel 1973, ha visto impegnata la Taylor per ben due giorni, durante i quali ha cercato di studiare come liberarlo e ha dovuto affrontare qualche caduta. “Questa parete è dura e sarebbe davvero difficile da salire a vista”, commenta Leo.

Le cadute non hanno affatto spaventato Anna, impegnata nella sua prima spedizione su big wall. Le hanno anzi consentito di allontanare le paure e concentrarsi sull’obiettivo. Liberato il quarto tiro, Leo ha deciso di proseguire la nuova via con una deviazione a sinistra rispetto a quella del 1973. Dopo un traverso insidioso si è ritrovato a dover posizionare un chiodo mantenendosi in maniera precaria in equilibrio su una piccola sporgenza sull’abisso. Superato tale momento critico ha raggiunto un punto cruciale della salita, l’Invisible Ledge.

L’Invisible Ledge

L’invisible ledge, letteralmente “la cornice invisibile”, può essere ritenuto la fonte di ispirazione della spedizione. Wilson aveva mostrato a Houlding una foto scattata da tale punto, guardando verso il basso lungo la parete. “È stata questa foto che ha convertito l’idea in realtà e ha dato un obiettivo al viaggio – racconta Leo – assumendo che ci sia una linea potenziale da salire al di sopra e al di sotto di quel punto. Da terra non si vede, perciò è definito invisibile. Ma se ci arrivi, è meglio di quanto potessi aspettarti. Uno spiazzo di 1 m x 10 m, perfetto come appoggio per il nostro prossimo bivacco”.

Nel mentre Etherington si è dedicato alla preparazione tecnica dei due amerindi in squadra, che sembrano aver acquisito le giuste competenze tecniche, salendo i primi tre tiri senza difficoltà, con corde fisse, fino al tarantula terrace.

Come ha concluso nel suo aggiornamento più recente il capospedizione, “l’avventura continua”. Stay tuned!

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